Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
01/01/2025 06:00:00

I "centurioni" della Shark che fanno sognare Trapani

 Che goleada! Il Trapani mostra a Reggio Emilia una manita calcistica ed interrompe una imbattibilità che durava da 6 giornate. Il punteggio finale di 109 a 73 non ammette repliche.

Sarebbe del tutto pleonastico qualsiasi accenno tecnico considerato che non c’è stata partita, con inerzia tenuta saldamente in mano per tutto l’arco dell’incontro. E dire che si attendeva un match equilibrato sia per motivi di classifica e per il fatto che la UNAHotel era apparsa, in precedenza, in grande spolvero. Invece il responso del campo è stato di tutt’altro avviso.

Gli Shark sono scesi sul parquet con denti affilatissimi, impegnati a non concedere un avvio esaltante ai reggiani che poteva far aumentare il tasso di fiducia e condurre il piano partita su binari più appropriati per gli ospiti. Invece a salire meritatamente sul podio sono stati gli uomini del coach Repesa sull’onda di una ola che il gremitissimo PalaIlio ha riservato ai vincitori. Raramente è stato concesso di assistere ad un feeling talmente intenso da far esplodere in un unicum un catino cestistico che consumava l’ennesimo sold-out. Il clima di partecipazione gioiosa ed ammirevole che si respirava, non credo sia paragonabile ad altre realtà cestistiche, vuoi per un’interminabile attesa che superava i 32 anni ed anche per l’entusiasmo di giocatori che apparivano vecchi commilitoni in perfetta simbiosi ed unicità d’intenti.

 

 

Tutt’altro: la maggior parte proviene da realtà diverse, con motivazioni differenti. Chi, come Langston Galloway, inteso ad affermare la propria leadership, meritata con centinaia di presenze in NBA e chi invece, come Rossato nel difficile tentativo di scalata ai vertici della Nazionale. O per altri come Mollura e Pullazi che, pur non giocando quasi mai, accettano con spirito di gruppo e senza mugugni la panchina. Ovvero come Horton e Notae , pur potendo vivere di rendita per la precedente promozione disciplinatamente , come soldati alle prime armi , accettano la manu militari di quell’autentico santone che funge da insostituibile e incontrovertibile collante e catalizzatore. Il riferimento è riconducibile ad un gruppo che miracolosamente ed in tempi fulminei è riuscito ad amalgamarsi e rendersi impermeabile a qualunque fattore esterno atto a spegnere ardori ed entusiasmo.

In questa occasione non si tratta di celebrare i Cesari, ma quei centurioni che, senza riflettori addosso, sono riusciti a accendere le luci di un palcoscenico che non necessita di spinte autoctone per innescarsi, ma che vive di un sacro fuoco che illumina e scuote fin dalle fondamenta una città ritenuta dormiente e sedata da una situazione economica che la vede in coda come ricchezza economica e sviluppo tecnologico. Sta trovando attraverso lo sport stimoli ed impulsi per reggere il confronto ed addirittura meditare il sorpasso di realtà con background sportivi e serbatoi di ricchezza impossibili da raggiungere. Mi riferisco a giocatori come Gentile e Rossato, costretti ad un ruolo ingrato di seconde linee, rigettato sdegnosamente con spirito competitivo. Sono stati i migliori nella colata di cemento con cui si è costruita la vittoria.

Ad Alibegovic, Notae, Galloway e Horton spettano i tributi che il grande popolo degli aficionados riserva alla fine di ogni gara con abbracci, selfie, sorrisi, pacche sulle spalle e tutti quei salamelecchi riservati a chi è aduso a grandi palcoscenici. Nella trionfale mischia del dopo partita c’è uno in particolare che rivendica il proscenio e le luci della ribalta, alla Chaplin. Calca la posizione apicale e siede in un cadreghino a forma di trono appositamente costruito. Suo malgrado, per topiche di varia natura, salta ai disonori della cronaca con dichiarazioni che sortiscono solo provvedimenti inibitori, sanzioni, multe e che non sortiscono altro risultato che ingiallire gli scintillii guadagnati meritatamente sul parquet da giocatori e staff tecnico.

Non si pretendono comportamenti etici e deontologici che competono a nobili professioni come medici e giornalisti, ma un contegno del tutto consono e corrispondente al ruolo rivestito, credo sia del tutto lecito attenderlo. La cittadinanza onoraria conferita recentemente ed il fatto che la enorme notorietà acquisita nei Media nazionali renda il presidente delle due maggiori società sportive un autentico testimonial di una intera città comporta non solo onori, ma anche oneri. Se il compito che lo attende viene ritenuto disagevole, gravoso ed impegnativo al punto tale da non poter essere onorato od improduttivo da un punto di vista imprenditoriale, nessuno potrà impedirgli di tirarsi indietro o sposare progetti più prestigiosi, lucrosi e visibili. Che si tiri indietro da solo, senza che siano altri a tirarlo per la giacca ed implorandolo di rimanere. Sia in passato che recentemente ha ventilato di farlo. Si tratta di un bluff pokeristico od un modo per rilanciare sul tavolo verde come il colore del sorcio che combatte, un’ immagine che le vicende calcistiche hanno sbiadito e di non poco.

Per i Trapanesi rappresenterà la fine di un sogno accarezzato per 3 decenni e che miracolosamente si è trasformato in realtà. Si è consci che la risalita sarà dura ed ardua: ma almeno il popolo si riapproprierà dei propri destini e della storia che ha nobili origini cartaginesi. Senza che a ricordarcela sia un colonizzatore romano in possesso di una cittadinanza onoraria. Per inciso, negata a uomini ben più meritevoli.

 

Il sorcio verde