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18/09/2024 06:00:00

 La politica, le coop, la mafia. Ascesa e caduta di Nino Papania

 Nino Papania, ex senatore di Alcamo, è tornato al centro delle cronache giudiziarie in seguito al suo arresto per voto di scambio con la mafia.
Figura storica della politica locale, Papania è stato uno dei politici più in vista e discussi degli ultimi 25 anni, ma la sua stella sembra essere in declino a causa delle vicende giudiziarie che lo hanno coinvolto ancora una volta.


Nato il 16 agosto 1958, Papania ha dedicato gran parte della sua vita alla politica, intraprendendo il suo percorso già in gioventù. Tra un caseggiato e l’altro, ha avuto anche una breve e discreta carriera calcistica. Consulente tributario e aziendale, è stato tra i fondatori del movimento "Presenza Sociale", vicino agli ambienti cattolici. Papania è riuscito a farsi eleggere consigliere comunale e successivamente a salire ai vertici della politica regionale. Nel 1996 venne eletto deputato regionale, ricoprendo anche il ruolo di assessore regionale al Lavoro. Ed è in quegli anni che inizia a prendere confidenza con il mondo della formazione professionale che in Sicilia fa girare milioni di euro a centri di formazione più o meno seri. Sono gli anni delle cooperative, spesso veri e propri bacini di voti e di clientele. Papania è stato uno dei politici della provincia di Trapani che ha tratto più profitto elettorale da questo mondo. Chi cercava lavoro cercava Papania, e l’onorevole riusciva a soddisfare molta gente attraverso le cooperative.
Il passo è segnato. Papania nei primi anni duemila è il principale sponsor politico dei sindaci che verranno eletti ad Alcamo. Si avvicina al centrosinistra, ed entra prima nella Margherita e poi nel Pd. E' uno di quei nomi che con l'andare del tempo crea non pochi imbarazzi ai Dem.

 

 

 


Nella sua carriera parlamentare, Papania ha ricoperto due mandati come senatore, ed è stato anche vice presidente della commissione Lavori Pubblici. Tuttavia, la sua carriera politica ha subito una battuta d’arresto nel 2013, quando la commissione di garanzia del PD lo escluse dalla candidatura. Per il codice etico Dem Papania è un “non presentabile".
Papania stava iniziando a collezionare indagini e processi che mettevano in imbarazzo lui e il partito in cui militava. Il primo guaio giudiziario molti anni prima: a gennaio 2002 patteggia davanti al giudice per le indagini preliminari di Palermo una pena di due mesi e 20 giorni di reclusione – che poi è diventata una multa – per abuso d’ufficio mentre era assessore regionale.


Ma a far storcere il naso ai vertici Dem furono i fatti del 2009, quando un suo strettissimo collaboratore, Filippo Di Maria, venne arrestato nell’ambito di un’operazione antimafia.  Di Maria è stato accusato di aver fatto campagna elettorale per il senatore Papania e di aver procurato a un suo collaboratore una serie di persone per farle votare alle primarie con le quali nel 2005 il centrosinistra ha scelto la persona candidata alla presidenza della Regione siciliana.

Nel 2016 è stato assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione a delinquere semplice, ma condannato dal tribunale di Trapani a otto mesi con la condizionale per il reato di voto di scambio: nel 2019 in Appello venne assolto. Sempre nel 2019 è stato condannato a un anno per voto di scambio e poi assolto in Appello nel 2021.

Questi eventi segnarono un duro colpo per l'ex senatore, che fino a quel momento era considerato un favorito per le elezioni. Nonostante l’esclusione, le polemiche continuarono all'interno del Partito Democratico, specialmente in Sicilia.
Papania esce dal Pd nel 2013 e qualche anno dopo, nel 2022, fonda un suo movimento VIA, per non  perdere il bacino di voti su cui poteva contare. Non è più senatore, non gioca più da titolare. Preferisce stare dietro le quinte. Come alle elezioni regionali del 2022. Non si candida, ma nella lista Popolari e Autonomisti di Raffaele Lombardo, piazza alcuni suoi uomini. Vuole tornare ad avere un bacino di consenso in provincia di Trapani. Ma secondo le indagini ci avrebbe provato con l’aiuto della mafia. Un aiuto che non è stato poi così prezioso.

LA RABBIA DI PAPANIA
Secondo quanto emerso dalle indagini, infatti, Papania avrebbe versato duemila euro a un gruppo di intermediari per ottenere voti dalla mafia, ma il risultato è stato decisamente insoddisfacente: "Ci ha fatto buttare duemila euro per far mangiare una pizza a quattro spacciatori e ci hanno portato sì e no trenta voti", si sfoga l'ex senatore in una conversazione intercettata il 13 ottobre 2022. Questa frase, per i magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, rappresenta una chiara ammissione del coinvolgimento di Papania in attività di voto di scambio.
Il patto stipulato con la mafia, mediato da Pasquale Perricone, ex vicesindaco di Alcamo, avrebbe dovuto portare voti a favore di Angelo Rocca, candidato nella lista "Popolari e Autonomisti". Nonostante i tentativi di Papania e l'ingente somma spesa, Rocca non è stato eletto, ottenendo solo 3.361 preferenze nella provincia di Trapani.


Le intercettazioni dimostrano che Papania era esasperato dalla mancanza di risultati e si lamentava del "mondo collaterale" della politica, affermando che "non offre più le garanzie di una volta". Le sue parole, registrate in diverse occasioni, mostrano il disappunto verso coloro che avrebbero dovuto garantire voti, definendoli "testa di minchia" e lamentando la scarsa affidabilità degli intermediari.

 

LA VENDETTA DELL’EX SENATORE
Uno degli episodi più inquietanti emersi dall’inchiesta riguarda una vicenda di vendetta pianificata da Papania nel 2023. Dopo le elezioni comunali a Castellammare del Golfo, Papania avrebbe minacciato di vendicarsi di un politico locale, Vito Bongiorno ex vice presidente del consiglio comunale, che si era rifiutato di fare campagna elettorale per il suo candidato, dichiarando: "Cosa di andarci a casa a dargli una gran passata di legnate". “Ora faccio sminchiare a Vituzzo”.
In quell’occasione, Papania avrebbe chiesto l’intervento di un uomo di Alcamo già condannato per mafia, Fausto Pennolino. Per gli inquirenti è la prova della “spregiudicatezza” con la quale Papania ha esercitato la sua attività politica nel territorio.


L’inchiesta ha portato a una serie di accuse pesanti contro l’ex senatore, che si difende tramite i suoi legali, contestando il quadro accusatorio delineato dagli inquirenti. Tuttavia, le intercettazioni e i fatti raccolti delineano un coinvolgimento diretto di Papania in dinamiche di scambio di voti e influenze mafiose che gettano ancora una volta un’ombra pesante sulla sua attività politica.