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28/10/2010 06:27:16

C'era un uomo dei servizi segreti mentre si preparava la strage di Via D'Amelio

che, secondo il pentito di mafia Gaspare Spatuzza, somiglia a Lorenzo Narraccstragedamelio.jpgi, funzionario dei servizi segreti attualmente in servizio all'Aisi. Spatuzza lo ha indicato per due volte: prima in foto, poi, oggi, in un confronto all'americana presso la Dia di Caltanissetta. La procura raccomanda prudenza, sottolineando che il pentito non ha potuto dirsi certo "al cento per cento" che Narracci e l'estraneo che vide nel garage nel '92 siano la stessa persona. Ma Salvatore Borsellino, fratello del magistrato ucciso, dichiara che "forse oggi siamo a un passo dalla verità".

 

Il riconoscimento di Spatuzza. In un confronto all'americana, a Spatuzza sono state mostrate più persone simili di aspetto, dietro a un vetro. Tra queste il funzionario dei servizi. E il pentito non avrebbe avuto esitazioni nel riconoscere in Narracci lo stesso individuo mostratogli in foto nei mesi scorsi e da lui allora indicato come somigliante "alla persona estranea a Cosa nostra" che era nel garage dove fu imbottita di tritolo l'auto usata per la strage di via D'Amelio. Ma, ha affermato Spatuzza, secondo quanto si è appreso successivamente, di non essere certo al 100 per cento che si tratti della stessa persona presente ai preparativi dell'eccidio, pur ribadendo la somiglianza tra i due.

Lo 007 già indagato per via D'Amelio. Narracci, ex funzionario del Sisde tuttora in servizio all'Agenzia per la sicurezza interna (Aisi), è già indagato dalla procura di Caltanissetta nell'ambito dell'inchiesta sulla strage del '92 in via D' Amelio a Palermo in cui vennero fatti saltare in aria con un'autombomba il procuratore aggiunto Paolo Borsellino e cinque poliziotti di scorta. Il funzionario, dopo la notizia del suo coinvolgimento nell'inchiesta, è stato allontanato dal suo precedente incarico e destinato ad altri compiti all'interno dell'Aisi.

Alla Dia Narracci è stato riconosciuto anche da Massimo Ciancimino, figlio di Vito, ex sindaco di Palermo colluso con la mafia, che da mesi racconta ai magistrati i retroscena sulla cosiddetta 'trattativa' tra lo Stato e Cosa nostra. Per Massimo Ciancimino, Narracci è "l'uomo che in un'occasione incontrò il padre nella sua abitazione". Oltre alla "ricognizione", tra Ciancimino e l'agente c'è stato anche un confronto: Narracci ha negato di avere mai visto Ciancimino e suo padre.

Ma di Lorenzo Narracci si sarebbe parlato anche in una delle ultime sedute del Copasir. Il 13 ottobre, nel corso dell'audizione del direttore dell'Aisi, Giorgio Piccirillo, alcuni componenti del Comitato per la sicurezza della Repubblica avrebbero chiesto la rimozione del funzionario e in particolare dall'Aisi. Una rimozione già sollecitata precedentemente, quando a inizio luglio il comitato affrontò il caso di fronte al direttore del Dis, Gianni De Gennaro

"Da anni sostengo che mio fratello è stato ucciso perché si è messo di traverso alla trattativa tra la mafia e lo Stato. Forse siamo a un passo dalla verità". Così Salvatore Borsellino, fratello del magistrato ucciso nella strage di via D'Amelio. "Speriamo che nessuno intralci quei magistrati eccezionali che stanno stanno togliendo il velo per arrivare alla verità: Antonino Ingroia, Nino Di Matteo e Sergio Lari". Borsellino, in qualità di responsabile del movimento delle Agende Rosse, annuncia di aver organizzato per il 20 novembre una manifestazione in quattro città (Palermo, Roma, Firenze e Milano) "per sostenere proprio questi magistrati". "Ho grande paura che possa succedere qualcosa - avverte il fratello di Paolo Borsellino -. Il pericolo può arrivare da quelle stesse persone che hanno messo le bombe in via D'Amelio, e non mi riferisco ai mafiosi. Tutto è legato a quell'infame trattativa tra Stato e mafia".

MORI. Il generale dei carabinieri Mario Mori è indagato dalla Procura di Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa. L'inchiesta è quella sulla presunta trattativa tra Stato e mafia. Lo confermano ambienti investigativi.

Mori è indagato insieme a Massimo Ciancimino, figlio dell'ex sindaco mafioso di Palermo Vito, tra i protagonisti della presunta trattativa. Anche il figlio del politico corleonese è indagato per concorso in associazione mafiosa.

Sotto inchiesta anche i boss Totò Riina, Antonino Cinà e Bernardo Provenzano che rispondono del reato di attentato a corpo politico dello Stato. Stessa accusa per l'ex braccio destro di Mori, l'ex capitano dei carabinieri Giuseppe De Donno.

Le nuove accuse al generale Mori, già sotto processo per favoreggiamento aggravato alla mafia, porteranno ad una modifica del capo d'imputazione nel dibattimento in corso. Si aggrava, dunque, la posizione dell'alto ufficiale.

Nella stessa inchiesta, dicevamo, è coinvolto anche Massimo Ciancimino, al quale è stato notificato un avviso di garanzia. La notizia dell'indagine sul figlio del politico corleonese, che sta svelando ai pm i retroscena della trattativa tra Stato e mafia, era nota dall'inizio dell'anno, quando, su richiesta della Procura di Palermo il gip aveva disposto la riapertura dell'inchiesta.

"Ho piena fiducia nei magistrati - aveva allora commentato l'indagato - È giusto che facciano luce sul ruolo che ho avuto in certe vicende. Non faccio parte di quelli che gridano al complotto: i pm lavorino serenamente, io sono tranquillo e dimostrerò che, dai primi contatti con i carabinieri fino ad oggi, ho sempre contrastato la mafia".

L'indagine, archiviata negli anni scorsi perchè i pm sostennero che il figlio di don Vito agiva su indicazioni del padre e non era "pienamente consapevole che la sua attività si inserisse in quella più complessiva dell'associazione mafiosa", è stata riaperta a seguito delle nuove ammissioni del testimone.

Massimo Ciancimino ha raccontato, tra l'altro, di avere consegnato i pizzini scritti dal boss Bernardo Provenzano al padre e di avere custodito le lettere e altri documenti dell'ex sindaco in una cassaforte di casa; ammissioni che potrebbero far pensare a un suo ruolo attivo nelle vicende di cui il padre era protagonista.

"Mi aspettavo quest'indagine. Era inevitabile viste le dichiarazioni che ho reso ai pm. Proprio per questo nel tempo ho esitato a consegnare tutti i documenti in mio possesso. La mia non è una situazione facile, ma forse in questo paese paga di più l'omertà". Lo ha detto Massimo Ciancimino che ha avuto un avviso di garanzia dai pm di Palermo nell'ambito di un'indagine in cui è accusato di concorso in associazione mafiosa.

"Non sono comunque l'unico indagato del procedimento - ha aggiunto Ciancimino - Questo dimostra che, nonostante tutto, le mie dichiarazioni sono ritenute credibili visto che proprio in base a ciò che ho detto altri vengono inquisiti.

Affrancarmi dall'eredità pesante del mio cognome non è facile - ha aggiunto - ma io andrò avanti. Ai pm ora ho dato tutti i documenti che avevo. Se in luoghi di cui non ho la disponibilità c'è altro non ne sono responsabile".