febbraio scorso, processate con rito "abbreviato" davanti al gup di Palermo Lorenzo Jannelli. Dieci anni di carcere sono stati chiesti per il vecchio boss di Gibellina (Tp) Vincenzo Funari, 77 anni, e per il marsalese Vito Vincenzo Rallo, di 50.
Otto anni, invece, è stata la richiesta per Antonino Rallo, fratello di Vito Vincenzo e anch'egli esponente di primo piano della famiglia mafiosa di Marsala. La condanna a sei anni, infine, è stata invocata per Melchiorre Perrone, di 46 anni, al quale si sarebbe rivolto Funari per riorganizzare la "cosca" di Gibellina. Il gup Jannelli dovrebbe emettere il prossimo 19 novembre. Gli altri quattro arrestati nella stessa operazione sono già stati rinviati a giudizio.
Sono Giovan Battista Agate, 68 anni, di Mazara del Vallo, fratello dell'ex componente della cupola di Cosa Nostra Mariano Agate, Giuseppe Barraco, 73 anni, di Marsala, Giuseppe Gennaro, di 43, di Calatafimi, e Vincenzo Salvatore Onorio, di 56, di Gibellina. Gli arrestati sono accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione aggravata e tentata estorsione.
Sono diverse le sfaccettature che emergono dall’operazione antimafia «Nerone».
Cosa nostra è in difficoltà ma non demorde. Gli uomini d’onore sono quelli di sempre, come appunto Vincenzo Funari. Le intercettazioni poi consegnano un dato preciso, la «presenza» nel territorio del boss latitante Matteo Messina Denaro. Presenza svelata da un altro degli otto arrestati, Vincenzo Onorio, produttore caseario di Gibellina, che come riferisce il pentito palermitano Emanuele Andronico a lui si è rivolto chiedendo un «favore», ammazzare due persone, dicendo di agire per ordine del capo mafia latitante. Dovevano essere uccisi Pasquale Zummo, “Pasqualone” soprannominato, e Nicolò Fontana, tutti e due spesso lavorano insieme, proprio per questo legame di amicizia chissà perchè dovevano essere eliminati, delitti che per fortuna non vennero compiuti: Onorio ripete il nome di Messina Denaro quando invece vengono ordinate e messe a segno due intimidazioni, attentati incendiari, uno è quello di una villa a Gibellina, e secondo la ricostruzione fornita pare essere l’attentato subito nel 2004 da un consigliere comunale di Gibellina, Pietro Barbiera, oggi presidente del Consiglio comunale.