il professionista-cerniera tra legale e illegale, il boss di una cosca mafiosa, l’intero stato maggiore del movimento politico del governatore dell’isola, Raffaele Lombardo. Il progetto, però, incide su un terreno ad alto rischio idrogeologico e qualche funzionario locale storce il muso. Ma da Palazzo dei Normanni arriva un suggerimento: “Ci pensi l’amico di Catania a risolvere ‘sta storia!”.
All’ennesimo scempio edilizio ordito per accaparrarsi l’oro americano di Sigonella è dedicato uno dei capitoli dell’ultima inchiesta su mafia e appalti in Sicilia orientale (Operazione Iblis), che nel novembre 2010 ha visto la procura distrettuale antimafia di Catania emettere 48 mandati di custodia cautelare contro politici, amministratori, imprenditori e boss mafiosi. A predisporre il progetto, la SAFAB - Società Appalti e Forniture per Acquedotti e Bonifiche, Spa con sede a Roma e un invidiabile portafoglio lavori in Sicilia, dal parcheggio multipiano del Palazzo di Giustizia di Palermo all’ampliamento della strada Gela-Aragona, dai lavori di costruzione della diga Desueri di Gela e delle reti irrigue dell’invaso di Lentini alla realizzazione di un termovalorizzatore e due discariche rifiuti a Bellolampo (Palermo). In vista dei lavori per il complesso USA, la SAFAB aveva costituito due società, la Volcano Housing e la Volcano Inn, nelle quali aveva una partecipazione Paolo Ciarrocca, ex membro del consiglio d’amministrazione e direttore tecnico dell’azienda madre. “Fatte le società con i proprietari dei terreni - ha raccontato Ciarrocca – il progetto però si era arenato presso l’ufficio del Genio civile di Catania perché vi era un conflitto di competenza con l’Assessorato regionale territorio ed ambiente anche in relazione al mutamento di destinazione d’uso dei terreni”. L’ufficio del Genio civile non aveva rilasciato le necessarie autorizzazioni in quanto il terreno in cui doveva sorgere il residence risultava particolarmente predisposto a dissesto idrogeologico, identificato a “pericolosità P2”, cioè a “probabilità elevata di riattivazione dei fenomeni franosi quiescenti e inattivi”.
Al fine di agevolare la SAFAB nel portare a termine l’affaire di Sigonella fu chiesto l’intervento del geologo di Aci Castello, Giovanni Barbagallo, militante dell’Mpa (il Movimento per l’Autonomia di Raffaele Lombardo) e, secondo gli inquirenti, personaggio legato agli “esponenti di primo piano della criminalità organizzata catanese e, specialmente, con Vincenzo Aiello, reggente provinciale di Cosa Nostra”. Tramite Barbagallo, gli amministratori della SAFAB entravano in contatto con i dirigenti dell’ufficio del Genio civile di Catania e con alcuni uomini politici, “quali l’on. Angelo Lombardo o il presidente della Regione Raffaele Lombardo”. “Il dottor Barbagallo si è occupato di seguire la pratica presso il Genio civile, anzi ricordo che mi disse che l’ingegnere capo, in quanto iscritto all’MPA, era particolarmente sensibile alle indicazioni dei suoi politici di riferimento”, ha spiegato Paolo Ciarrocca. “Barbagallo mi disse che sarebbe stato opportuno prendere contatti con un politico e poiché all’opera era comunque interessata l’amministrazione regionale siciliana, mi suggerì di prendere contatti con Angelo Lombardo dal momento che, mi disse, che parlare con lui era come parlare con suo fratello Raffaele, che invece era molto impegnato essendo stato eletto da pochissimo tempo ed era sostanzialmente irraggiungibile”. L’on. Angelo Lombardo aveva appena assunto l’incarico di segretario di Presidenza della Camera dei deputati e di membro della Commissione parlamentare alla difesa.
Fu lo stesso Barbagallo a procurare al direttore tecnico della società di costruzioni un primo appuntamento con il parlamentare, subito dopo le elezioni del 2008. “Andammo presso la segreteria di Catania, ma non riuscimmo a parlare con Lombardo per l’eccessiva confusione”, ha raccontato Ciarrocca. “Ricordo che Barbagallo entrò da solo nella stanza dell’onorevole e che subito dopo uscì e mi disse che sarebbe stato meglio incontrarlo con più calma a Roma. In effetti qualche giorno dopo presi appuntamento con la sua segreteria romana, ed ebbi l’incontro. Spiegai al Lombardo i termini della questione ma non ottenni altro se non generiche assicurazioni di disponibilità e la promessa di parlarne con il fratello e di farmi incontrare il capo del Genio civile di Catania, ingegnere Ragusa. Incontrai il Lombardo in altra occasione, sempre presso la sua segreteria romana. Mi suggerì di presentarmi ad un convegno del partito che si sarebbe tenuto presso l’hotel Marriot a Roma qualche tempo dopo. Nel febbraio 2009, andai al convegno, parlai con l’ingegner Ragusa alla presenza di Angelo Lombardo, ma il Ragusa mi disse che non sarebbe stato possibile in alcun modo autorizzare il cambio di destinazione urbanistica dell’area perché si trattava di zona a rischio esondazione. Credo che il rischio paventato dall’ingegnere capo del Genio civile fosse del tutto inesistente e peraltro nel luogo esiste un altro villaggio degli americani”.
Prima ancora d’incontrarsi con Lombardo, Paolo Ciarrocca aveva tentato di risolvere il problema relativo ai terreni di Belpasso con l’allora assessore regionale al territorio e ambiente, Rosanna Interlandi, segretaria provinciale dell’MPA a Caltanissetta. “La Interlandi mi fece incontrare il suo capo di Gabinetto che mi confermò che la competenza era effettivamente del Genio civile di Catania”, ha aggiunto Ciarrocca. Intanto si facevano più “frequenti” i contatti tra l’assessore regionale, tale Salvatore Cavaleri (persona di sua stretta fiducia), il geologo Barbagallo e i dirigenti della SAFAB. Il 16 maggio 2008 Giovanni Barbagallo comunicava telefonicamente all’ingegnere Fabio Vargiu, direttore dei cantieri della società romana, di essere riuscito a fissare un appuntamento a Catania con Angelo Lombardo. “Ho anche parlato con un mio amico, il geologo Placido, funzionario del Genio civile, proprio colui che sta istruendo la pratica per la realizzazione del villaggio a Belpasso”, aggiungeva Barbagallo. Il professionista si premurava di tenere costantemente aggiornato su tutti gli sviluppi dell’affare pure il “reggente” locale di Cosa nostra, Vincenzo Aiello. In particolare, nel week-end del 24 e 25 maggio, Barbagallo ospitava nella sua casa di campagna l’Aiello per informarlo sui contatti presi con gli amministratori della SAFAB. “Posso parlare sia con Angelo (Lombardo) che con l’ex assessore Interlandi, quella di Niscemi”, affermava Barbagallo. “La Interlandi mi ha mandato una grossa impresa di Roma, si chiama SAFAB, è venuto l’amministratore per parlargli, perché debbono fare un villaggio per gli americani... Loro sono venuti da me perchè hanno difficoltà con il Genio civile e con l’Assessorato territorio e ambiente e l’Interlandi come assessore non gliel’ha potuti risolvere. Gli ha detto però all’amministratore, l’unico che ti può risolvere questa storia ... una persona che è vicina a Raffaele, è Giovanni Barbagallo… E lui mi dice: di lei ci hanno parlato molto bene, cerchiamo una paternità politica.... Una paternità politica ve la do io, non vi preoccupate, gli ho detto. Tanto è vero che io ho parlato con Angelo, gli ho detto: “Angelo vedi che sono venuti quelli, ti interessa la discussione?” Dice: “Sì!...”.
Il 29 maggio 2008 Barbagallo si recava personalmente dal deputato MPA, ottenendo un appuntamento per i dirigenti SAFAB per il successivo 2 giugno nella segreteria politica di Viale Africa a Catania. All’incontro, come accertato dai magistrati, avrebbero poi partecipato il geologo, l’on. Lombardo, Paolo Ciarrocca e “forse, altre persone”. I rapporti tra il factotum e i dirigenti della società romana sarebbero poi proseguiti nei giorni successivi. Il 23 giugno Barbagallo si incontrava con l’ingegnere Vargiu nel distributore AGIP che sorge nei pressi della base di Sigonella per poi recarsi a visitare i terreni destinati ad ospitare il residence per i militari. Undici giorni dopo, in una conversazione telefonica con il geologo, Paolo Ciarrocca ribadiva ancora una volta che “l’interesse primario della SAFAB era risolvere i problemi insorti con il Genio civile” e che “aveva fissato un appuntamento a Roma con Angelo Lombardo”. Nel corso della telefonata, Barbagallo consigliava di ricordare al parlamentare di far prima una telefonata all’ingegnere capo del Genio civile, in modo che poi, andando lui stesso a parlare con i funzionari dell’ufficio, “si sarebbe trovato la strada un poco spianata”.
In realtà, l’iter per l’approvazione del progetto si arenava anche a seguito delle gravi vicende giudiziarie che avrebbero colpito da lì a poco la società edile e i suoi due amministratori-titolari, i fratelli Luigi e Ferdinando Masciotta. A seguito di un’ispezione della Prefettura de L’Aquila, il 14 novembre 2009, nel cantiere sito sull’altopiano delle Rocche, veniva ritirato alla SAFAB il certificato antimafia. A Palermo, invece, la società era finita sotto inchiesta per una presunta tangente versata a un funzionario dei vigili del fuoco per un collaudo al parcheggio del Tribunale. Nell’agosto 2009 l’ingegnere Fabio Vargiu, Paolo Ciarrocca e i due fratelli Masciotta venivano raggiunti da un’ordinanza di custodia cautelare per il reato di corruzione nei confronti di due funzionari del Genio civile di Caltanissetta, destinatari di una tangente da 110 mila euro per sovrastimare la cifra che il Consorzio di bonifica di Gela avrebbe dovuto versare alla SAFAB a seguito di un contenzioso extragiudiziale per i lavori alla diga di Disueri. Il GIP, nel motivare le esigenze cautelari, sottolineava che i Masciotta “cercano pure di accreditarsi con importanti esponenti del Movimento per l’Autonomia” (MPA) e in particolare con il presidente della Regione Sicilia, Lombardo Raffaele”.
Ad allarmare particolarmente gli inquirenti erano però i “rapporti di natura sinallagmatica mantenuti dalla SAFAB con l’organizzazione mafiosa, “tramite Angelo Santapaola prima e Enzo Aiello poi”, i quali curavano “da un lato la messa a posto dell’impresa non solo nel catanese ma forse anche a Palermo e, dall’altro, operando affinché la stessa potesse aggiudicarsi importanti affari, per poi concedere in subappalto vari lavori ad imprenditori organici o comunque vicini all’associazione medesima”. In un interrogatorio del maggio 1998, anche l’ex ministro dei lavori pubblici di Cosa nostra, Angelo Siino, aveva ammesso di aver curato personalmente la “messa a posto” della SAFAB “su incarico del noto mafioso Cataldo Farinella, imprenditore di Gangi”. Gli inquirenti hanno pure accertato che l’impresa romana aveva mantenuto contatti con le associazioni criminali “competenti” per territorio, tramite il costruttore gelese Sandro Missuto. A partire del 2000, le ditte del Missuto erano state impegnate in quasi tutti i lavori effettuati in Sicilia dall’azienda romana. Sandro Missuto si era pure aggiudicato il subappalto per la realizzazione del termovalorizzatore di Bellolampo e i lavori di scavo nella vicina discarica dove la SAFAB smaltiva illegalmente residui di amianto. In proposito, il collaboratore di giustizia Gaspare Pulizzi, nell’interrogatorio reso il 15 febbraio 2008, riferiva che per i lavori di Bellolampo, l’imprenditore di Gela si era “messo a posto” con la famiglia mafiosa dei Lo Piccolo “tramite Angelo Santapaola”.
Nel luglio 2009 Sandro Missuto veniva arrestato su provvedimento del GIP di Caltanissetta per aver “fatto parte dell’associazione mafiosa operante in Gela e diretta da Daniele Emmanuello, deceduto il 3 dicembre 2007 a seguito di un conflitto a fuoco con la Polizia”. Particolarmente rilevante per le indagini fu il ritrovamento nell’esofago di Emmanuello, durante l’autopsia, di un pezzino che lo stesso aveva ingoiato mentre tentava di sfuggire alle forze dell’ordine, in cui si faceva riferimento a “Sandro”, identificato proprio in Sandro Missuto, ed a dei lavori per una condotta della rete idrica collegata alla diga di Desueri (altra opera targata SAFAB). Nel corso delle indagini è tuttavia emerso che la società romana, prima di “affidarsi” a Sandro Missuto, curava la “messa a posto” dei lavori in Sicilia direttamente tramite il suo amministratore, l’ingegnere Luigi Masciotta che - come racconta Missuto al padre in una conversazione ambientale del 2004 - “andava da solo a parlare con i boss di Catania, ai quali portava ingenti somme di denaro”. In una nota della DIA di Caltanissetta, richiamata nell’ordinanza nei confronti di Missuto, compare però un particolare ancora più inquietante. A seguito dell’omicidio del giudice Paolo Borsellino e del personale della sua scorta, veniva accertato che “la SAFAB aveva affittato, circa dieci giorni prima della strage, un appartamento proprio nella stesso stabile in cui abitava la madre del magistrato in via D’Amelio, avanti al quale fu fatta scoppiare una potente auto-bomba nel 1992”. E non solo. Qualche giorno prima dell’eccidio, scrivono gli inquirenti, “in quell’appartamento furono attivate due linee telefoniche che, forse, furono utili agli attentatori”.
Antonio Mazzeo