E cioè Riccardo Sanzone e Giuseppe Spanò, mentre per un terzo imputato, all'epoca dei fatti (30 aprile 2009) ancora minorenne, si procede a parte. A ricostruire, in aula, la triste vicenda è stato il maresciallo dei carabinieri Biagio Catalano, attualmente comandante della stazione dell'Arma a Salaparuta, ma due anni fa in servizio al Norm di Castelvetrano.
La storia, secondo quanto emerso dall'indagine, vede un giovane studente tunisino, Hassen, avvicinato da tre ragazzi (uno dei quali, pare, conosciuto di vista dalla vittima) che in tono apparentemente cordiale gli hanno chiesto di mostrare il telefono cellulare, un Nokia di ultima generazione. Ma appena uno dei tre castelvetranesi ha avuto il telefono tra le mani, ne ha subito estratto la scheda e si è impossessato dell'apparecchio. Il giovane tunisino ha, quindi, chiesto di riavere indietro il suo telefonino, ma veniva prima spintonato da uno dei tre bulli e poi aggredito dal «branco», che lo tempestava di calci e pugni, lasciandolo a terra quasi privo di sensi.
La vittima, inoltre, sarebbe stata minacciata con frasi anche a sfondo razzistico. Gli sarebbe stato ricordato, infatti, che lui è africano e che si trovava Castelvetrano, terra di mafia, quella di Messina Denaro, e quindi era meglio che si allontanasse senza fare tante storie.
Ma dopo essersi rialzato, il giovane tunisino andò immediatamente a bussare all'uscio dei carabinieri, raccontando quanto gli era accaduto e descrivendo i tratti somatici dei suoi aggressori. E sulla base di queste informazioni, i militari individuarono i presunti rapinatori. Sanzone e Spanò furono arrestati, mentre il minorenne venne denunciato a piede libero. Il maresciallo Biagio Catalano ha ricordato che all'individuazione di Spanò, il primo ad essere rintracciato e bloccato, si risalì anche «grazie ad una piccola voglia sul viso». A seguito delle perquisizioni effettuate, inoltre, fu anche ritrovato il telefono cellulare di Hassen. Era nell'abitazione di Sanzone.
Il sottufficiale dei carabinieri ha, infine, cercato di evidenziare che il giovane tunisino non esitò un istante a rivolgersi ai rappresentanti delle forze dell'ordine, e quindi allo Stato, per chiedere giustizia. Un esempio, quindi, per quanti, in Sicilia, in casi più o meno analoghi, talvolta bussano ad altre porte.
Antonio Pizzo - La Sicilia