"Se per evitare la par condicio e condurre la mia trasmissione in Rai dovrò dimettermi da sindaco lo farò il primo maggio". Lo ha detto Vittorio Sgarbi nel programma «Un giorno da pecora», in onda su Radiodue. La legge gli impedisce come sindaco di Salemi di presentare il programma d'attualità e cultura «Il mio canto libero» che dovrebbe andare in onda dal due maggio su Raiuno.
«Ma prima di dare le dimissioni - aggiunge - aspetterò il parere di Corrado Calabrò (presidente della Commissione Servizi e Prodotti dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, ndr) che già domani dovrebbe esprimersi. Ne ho parlato con Mauro Masi e se fosse necessario mi dimetterò da sindaco con effetto immediato».
La questione è legata anche al contratto con la Rai, pare non ancora firmato dal critico d'arte, che impone di non ricoprire cariche pubbliche che siano incompatibili con la guida dei programmi dell'azienda di viale Mazzini. Ma Sgarbi proprio non ci sta e tuona contro il sistema della par condicio che definisce "palesemente assurdo».
«In un Paese in cui i magistrati lasciano che le intercettazioni vengano regolarmente pubblicate sui giornali e che tante leggi fondamentali siano ignorate - sbotta infastidito - può succedere anche questo: che grazie alla par condicio, sol perché si vota a Milano, Torino o Napoli, il sindaco di Salemi non possa andare in onda. E non possa farlo perché gli è vietato apparire sugli schermi delle regioni nelle quali invece si svolgeranno le elezioni. Ma è una cosa senza senso. Vorrei sapere dove sta l'incompatibilità dal punto di vista logico e formale: se in Sicilia e nel comune in cui ricopro la carica di sindaco non si vota, se io non risulto iscritto ad alcun partito e oltretutto la trasmissione che mi preparo a condurre è di carattere culturale, vorrei capire in che modo potrei influenzare le comunali a Milano o in qualunque altra città. Se poi intendo dire ciò che penso della Moratti, che differenza fa se a parlare è il personaggio pubblico Vittorio Sgarbi o il primo cittadino di Salemi? Sarebbe esattamente la stessa cosa».
Ma secondo le regole vigenti in campagna elettorale il critico d'arte potrebbe andare in onda solo dopo il referendum, dal 15 giugno in poi. Sgarbi è però convinto che si arriverà a una soluzione: «Non mi si può impedire di lavorare - ha commentato - visto che da sindaco non percepisco alcuna indennità».
E spera ancora che «il buon senso prevalga. Se non sarà così - chiosa - potrei anche dare temporaneamente le dimissioni o si potrebbe posticipare la trasmissione a settembre. Ma francamente lo trovo assurdo».
letizia lo iacono