Lo stesso per la morte del dottor Borsellino". E' uno dei passaggi dell'interrogatorio reso lo scorso 16 aprile da Fabio Tranchina, 40 anni, arrestato due giorni fa per la strage di via D'Amelio. Nel primo interrogatorio, reso davanti al pm di Firenze, Tranchina ha deciso di parlare, ma dopo appena pochi giorni ha cambiato idea ritrattando quanto detto. "Prima dell'attentato -ha riferito ancora Tranchina dell'interrogatorio- piu' volte (Giuseppe Graviano, ndr) mi fece passare da via D'Amelio riaccompagnandolo e io non capivo cosa dovesse vedere. Poi mi chiese di trovargli un appartamento in via D'Amelio, ed infine, visto che non l'avevo trovato, ebbe a dirmi che allora si sarebbe messo comodo nel giardino. In via D'Amelio, dove e' avvenuta la strage, in effetti c'era un muro e un giardino. La mattina della strage lo consegnai ad altra persona e poi seppi che era avvenuto l'attentato".
Tranchina ha ancora spiegato ai magistrati fiorentini: "Dopo la strage di Capaci e prima o subito dopo la strage di via D'Amelio, Giuseppe Graviano mi chiese di comprargli un telecomando Uht che gli serviva mi disse per un cancello. Mi mando' da 'Pavan' a Palermo e costo' 1 mln e 400 mila lire o 1 mln e 600 mila lire. Mi disse di non dare il mio nome e infatti dissi al negozio che mi chiamavo Terrano o simile. Questo fatto dell'acquisto dei telecomandi lo sappiamo solo io e Giuseppe Graviano. Mi disse di non aprirli che dovevano essere modificati e mi disse anche che erano ottimi finche' non li trovavano e io chiesi come fosse possibile che qualcuno li trovasse se li consegnavo a lui e lui rispose che magari potevano non funzionare e quindi essere ritrovati se non scoppiavano. Da qui ho capito che servivano per degli attentati". Tranchina, nel corso dell'interrogatorio reso il 16 aprile, ha anche sottolineato di non avere prestato "rituale giuramento di adesione a Cosa nostra" e Giuseppe Graviano "mi diceva che non doveva farmi conoscere nessuno, ma in realta' di persone ne ho conosciute tante. Lui si fidava tanto di me perche' io e la mia famiglia eravamo fuori da queste cose". Ha anche ribadito che dopo l'arresto dei Graviano "ho curato la latitanza di Fifetto Cannella, poi seppi che stavano per catturarmi e in effetti venni arrestato".
"L'attuale capo mandamento di Brancaccio e' Giuseppe Arduino con una specie di triumvirato con mio cognato Cesare Lupo, Giuseppe Faraone e Antonino Sacco". Lo ha detto Fabio Tranchina interrogato lo scorso 16 aprile dai magistrati di Firenze, tre giorni prima di essere arrestato per la strage di via d'Amelio a distanza di quasi vent'anni. E parlando, quindi, del capo mandamento di Brancaccio, Tranchina sostiene, parlando dei fratelli Graviano, che "Arduino l'hanno deciso loro". "Le mie notizie sull'attualita' della struttura mafiosa di Brancaccio sono dovute al fatto che ho vissuto in tale situazione e poi capita che mangio a casa di mio cognato. Arduino ha l'Ag trasporti e mio cognato lavora li', all'amministrazione, come pure Marcello Tutino, il fratello di Vittorio, che lavora in magazzino. Mio cognato sa molte cose e prima sicuramente si occupava degli affari dei Graviano, adesso non lo so". Anche queste dichiarazioni sono state ritrattate due giorni dopo, in seguito all'incontro avvenuto con la moglie.
"Il giorno dell'arresto di Riina ricordo che Giuseppe Graviano mi disse che ci sarebbe stata una guerra, nel senso che come fare le leggi glielo dovevano fare capire loro, anche se avevano le loro assicurazioni. Ricordo che alle elezioni venivano indicazioni di voto per Forza Italia". Lo ha detto Fabio Tranchina, arrestato martedi' per la strage di via D'Amelio, nell'interrogatorio reso il 16 aprile davanti ai magistrati di Firenze. "Quando fui sentito a suo tempo prima dell'arresto dai carabinieri di Palermo e mi fu chiesto di Dell'Utri, ne parlai anche con Cannella e con mio cognato e questi mi fece capire di non parlarne, facendo un gesto eloquente con la mano davanti alla bocca". E ancora: "Giuseppe Graviano non mi ha mai fatto il nome di Dell'Utri, pero' con frasi del tipo: 'noialtri le persone le abbiamo o fanno quello che gli diciamo o noi gli rompiamo le corna', mi faceva comprendere".