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16/05/2011 09:02:40

Il silenzio che uccide

Si cominciò a temere per la sorte del Presidente della Regione Siciliana, che, come Reina, pensava al coinvolgimento del PCI nell’ambizioso progetto di coniugare legalità, trasparenza e sviluppo.
L’insofferenza di Cosa Nostra si esplicitò chiaramente quando Stefano Bontate fece capire a Giulio Andreotti che Mattarella stava proprio esagerando.
Secondo quanto si legge nella Sentenza della Suprema Corte di Cassazione l’incontro avvenne “nella primavera - estate del 1979 presso la tenuta dei Costanzo "La Scia", ubicata nei pressi di Catania”.
“nell’incontro tra i medesimi interlocutori - organizzato proprio al fine di stabilire come intervenire per limitare l'azione dell'uomo politico ritenuta pregiudizievole degli interessi economici del sodalizio - oltre a sgomentarlo sul piano etico e umano, ha definitivamente convinto Andreotti dell’impossibilità di controllare e limitare la drasticità degli interventi operativi dell'organizzazione e di incanalarli verso soluzioni politiche e incruente”.
In sostanza aveva ben capito che Piersanti Mattarella era, ormai, un “cadavere ambulante”, ma tacque di un silenzio profondo, assoluto, definitivo. Non lo avvisò, né lo mise in guardia. Non andò dal Magistrato a denunciare le minacce, né in Parlamento ad animare un decisivo dibattito sui rapporti tra mafia e politica, non scrisse articoli sui giornali per destare attenzione nell’opinione pubblica ed il suo silenzio fu la progressiva solitudine di Piersanti Mattarella, anticamera dell’esecuzione mafiosa che arrivò il 6 gennaio 1980.
In Sicilia non era possibile essere cattolici e democristiani onesti, bisognava per forza essere anticomunisti, ma mai antimafiosi.