In particolare, l'attenzione delle udienze fiorentine è stata principalmente sulla bomba che il 27 maggio 1993 uccise 5 persone, ne ferì altre 14 e sconvolse l'opinione pubblica mondiale con i danni inferti alla galleria degli Uffizi. "Dimostrare il ruolo di Tagliavia - ha detto il procuratore Giuseppe Quattrocchi - proverebbe che le nostre indagini hanno ragione di andare avanti". Tagliavia è recluso nel carcere di Viterbo, proprio dal 1993, con vari ergastoli a suo carico. La possibilità della condanna ad un ulteriore ergastolo (semmai aggravata dai tre anni di isolamento richiesti dall'accusa) non desta particolari apprensione per la Procura e i familiari delle vittime. Quello che interessa è piuttosto che nella sentenza la corte si esprima anche riguardo ai "mandanti esterni" delle stragi. Dopo tutto, gli esami dei vari Giovanni Brusca, Gaspare Spatuzza e degli altri testimoni chiamati dai magistrati fiorentini, hanno visto più volte evocare il possibile ruolo di figure politiche come Marcello Dell'Utri e Silvio Berlusconi. Per la difesa di Tagliavia, rappresentata dall'avvocato Luca Cianferoni, l'intero impianto delle indagini non sta in piedi. A cominciare dalla "ambiguità che connota le testimonianze di Spatuzza". Per Cianferoni, poi, non è credibile un rapporto diretto tra le bombe e la richiesta di revoca di carcere duro, che ne sarebbe uno dei moventi principali. "Brusca non ha mai sentito parlare di Tagliavia in relazione ai fatti di Firenze, Roma e Milano", ha ribadito l'avvocato, anche in aula, "e se questo è vero, le cose non stanno come dice l'accusa". Ma è dalle motivazioni della sentenza fiorentina che si potrà ricominciare a far luce sui mandanti esterni? Secondo il giornalista Marco Travaglio, no: "l'aula decisiva è quella di Palermo".