I numeri sono astronomici. L’Assemblea regionale siciliana (e quindi i cittadini) lo scorso anno ha speso circa 58 milioni di euro per pensioni, indennità, stipendi, rimborsi e altro ancora per gli inquilini di Sala d’Ercole. In Sicilia in sostanza si spende quasi il doppio di quanto spende la Lombardia per i suoi deputati. Il motivo? I nostri deputati sono più autonomi, più indipendenti e, secondo alcuni, questa indipendenza può essere meglio salvaguardata se non hanno bisogno di incrementare il loro reddito in altri modi. D’altronde una legge del 1965 equipara il compenso del deputato regionale a quello di un senatore. Se poi ci accorgiamo che un terzo dei deputati è indagato, sotto processo o condannato, sono dettagli. Se hanno preso le mazzette, sono altri dettagli.
Il tutto mentre la trasparenza sui compensi è opzionale per il consesso regionale. E mentre i doppi, tripli, incarichi sono abitudinari.
In media la retribuzione di un deputato regionale va dai 9.000 ai 14.000 euro. Puliti, netti. Che però non bastano a mantenere l’”indipendenza”. A questi infatti si aggiungono circa 4.000 euro di contributi per il supporto all’attività parlamentare. Cioè? Soldi che vengono dati ai partiti e che poi vengono smistati ai deputati.
La cifra che un deputato in media prende ogni mese si aggira sui 19-20 mila euro al mese. Infatti ci sono ancora rimborsi per trasferte, diarie e altri benefit. Attenzione, in media. C’è chi prende di più e chi meno.
Fare i conti in tasca ai deputati regionali non è semplice. Oltre all’ostacolo della poca trasparenza sui costi della politica a Palazzo dei Normanni, ci sono parecchie spese, forse sostenute ma comunque rimborsate, che fanno oscillare di mese in mese il reddito degli onorevoli. Poi ci sono i deputati, più della metà, che non ricoprono un solo incarico all’interno dell’Ars, perché ogni commissione dà un gettone a parte. E lì abbiamo altri benefici, sempre per l’indipendenza.
Da non dimenticare inoltre chi riceve compensi da più organi. Sono una dozzina gli ex deputati regionali che sono stati eletti al parlamento nazionale e che ricevevano ogni mese il vitalizio dall’Ars. Un senatore, ad esempio, se in passato è stato deputato regionale in Sicilia riceve la pensione dall’Ars oltre allo stipendio da parlamentare. Viceversa è impossibile. A volte si arriva anche a tre assegni mensili.
Come il sindaco di Mazara del Vallo Nicola Cristaldi. Riceveva l’indennità da parlamentare nazionale, il vitalizio che spetta agli ex deputati regionali e lo stipendio di sindaco. Come lui ce n’erano altri ancora. L’ex sindaco di Catania Stancanelli, per fare un esempio. Poi pare che all’Ars, dopo numerosissimi tentativi di tagliare qualcosa alla casta andati a vuoto, abbiano deciso di togliere il cumulo. “Chi riceve l’indennità del parlamento nazionale non può ricevere il vitalizio dalla regione”. Ma il conto delle pensioni sul groppone di mamma regione rimane salatissimo. Quest’anno l’Ars pagherà circa 22 milioni di euro in vitalizi, e in media ogni ex deputato regionale riceve circa 70 mila euro annui di pensione. E tutto ciò va a far parte del gigantesco bilancio della regione che si aggira sul miliardo e 700 mila euro. Adesso pare che vogliano sfoltire un po’ i numeri. Il periodo è quello che è: bisogna tirare la cinghia. D’altronde la direttiva arriva direttamente da Roma. L’obiettivo è risparmiare 10 milioni di euro. La bozza della manovra dell'assessore regionale all'economia Armao dava il via libera alle riduzioni su pensioni d’oro e stipendi a deputati, dirigenti e burocrati. Ci stanno provando a Palazzo dei Normanni, ancora una volta. Ma sembra che anche questa volta il tutto sia destinato ad arenarsi. Ieri infatti i capigruppo della maggioranza all'Ars si sono recati da Lombardo per dare il niet "provvisorio" alla manovra di Armao: "non ci sono i tempi per approvarla, se ne riparlerà a settembre, se si vogliono fare i tagli ai costi si facciano in via amministrativa quelli più urgenti". Perché tagliare è cosa poco gradita. Avevano anche provato a tagliare il numero dei deputatati un paio di mesi fa, da 90 a 70. Poi, ovviamente, un nulla di fatto. Rimangono in novanta, onorevoli, pagatissimi e, ovviamente, “indipendenti”.
Francesco Appari