I fatti risalgono al 2007 quando il titolare di un tabacchino di piazza Marconi iniziò a ricevere una serie di telefonate via via più insistenti. “Dammi 30 mila euro” era la richiesta. Il titolare della rivendita di tabacchi denuncia tutto alla polizia che mette il telefono sotto controllo. Da quel momento si sente tutto, e la voce di Pipitone finisce sul nastro. Quando il titolare della rivendita di tabacchi non rispondeva, Pipitone sbuffava: “stavota unn’arrispunne”, con alcune voci in sottofondo di altre persone. Le chiamate venivano da telefoni pubblici del centro storico di Marsala, secondo i periti dall’altro capo del filo c’era Pipitone. Il consulente dell’accusa ha detto che quella voce è di Pipitone al 64%, che poco prima o subito dopo aver parlato col tabaccaio effettuava altre telefonate.
Per Pipitone, difeso dagli avvocati Stefano Pellegrino e Vito Cimiotta, è stata chiesta dalla Procura una condanna di 2 anni e 4 mesi di carcere. Il processo si sta svolgendo con il rito abbreviato. Il gup Annalisa Amato, prima di emettere la sentenza, ha chiesto maggiori certezze sulle prove a carico dei Pipitone. Si vuole essere certi che quella voce fosse dell’imputato, infatti è stata disposta dal gup una perizia fonica per verificare che la voce delle telefonate fosse realmente quella dell’imputato. Al processo parte civile si è costituita l’Associazione Antiracket di Marsala.