Gli investigatori l’avevano definita “efficientissima” quella rete di spacciatori che trattavano eroina e cocaina sull’asse Marsala - Palermo – Imperia. Il vicequestore Matteo Bonanno disse in quell’occasione che l’organizzazione stava monopolizzando il mercato locale, erano “iperattivi”. Come spiegò il Pm Giacomo Brandini la banda era organizzata come una sorta di “cooperativa, in cui non c’era un capo e talvolta si litigava”. Per sette persone il gip Annalisa Amato dispose il carcere, per una i “domiciliari”. Dietro le sbarre finirono Nizza, Angileri, Sammartano, Corso, Perricone, Marino e D’Arpa. Tranne Sammartano e Marino, tutti erano già pregiudicati. Per altri quattro presunti spacciatori fu disposto l’obbligo di dimora nel Comune di residenza (Marsala) e il divieto di uscire di casa dalle 21 alle 7.
Il giudice per l’udienza preliminare, Vito Marcello Saladino, ha così, nei giorni scorsi, inflitto le pene agli otto che hanno chiesto il patteggiamento e quindi la conseguente riduzione della pena. A 5 anni di carcere è stato condannato il 33enne Enzo Simone Perricone, uno degli esponenti di spicco della banda di spacciatori. A 2 anni è stata invece condannata la moglie, Giuseppa Marino, a cui però è stata sospesa la pena e disposta la scarcerazione, come prevede la legge. Stesso trattamento a Vincenzo Sammartano: 2 anni con pena sospesa e rimessa in libertà. Gli altri che hanno patteggiato la pena sono Vincenzo Salvatore Angileri (4 anni e mezzo di carcere), Maria Antonietta Nizza (4 anni e 20 giorni), Andrea Corso (3 anni e mezzo), Caterina Perricone (1 anno e 10 mesi) e Matteo Pipitone (1 anno).
Altri invece hanno deciso di essere giudicati con la formula del rito abbreviato. Si tratta di Alberto e Vincenzo Cristian Giacalone e Stefano Titone. E in questo caso sarà il 17 maggio il giorno in cui il Gup Saladino deciderà de accogliere la richiesta di rito abbreviato. Nella stessa udienza verrà anche emessa la decisione sul rinvio a giudizio per altri due imputati che invece hanno chiesto il rito ordinario. Si tratta di Lorenzo Catarinicchia e il palermitano Umberto D’Arpa.