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17/04/2012 11:17:56

Usura e ricettazione. Condannati quattro gioiellieri a Trapani

Si tratta di Vito e Francesco Alberti, e del figlio di questi, Michele.Le condanne sono rispettivamente: due anni, un anno e dieci mesi, un anno e sei mesi. Con loro è stato condannato anche un quarto gioielliere, Marcello Tumminia, due anni e quattro mesi. Infine c'è un quinto imputato che è stato condannato, Cristoforo Cammareri. Per lui un anno e dieci mesi di reclusione. Hanno tutti beneficiato della sospensione della pena.  Il loro processo nasceva da un'inchiesta della Procura di Trapani, con indagini condotte dal nucleo di polizia tributaria.  Le condanne, oltre che per usura, rigurdano anche i reati di associazione per delinquere, usura, ricettazione, truffa. Tutti hanno patteggiato. Altri due indagati definiranno invece separatamente le loro posizioni.

Vito, Francesco e Michele Alberti, gioiellieri molto noti a Trapani, avrebbero concesso prestiti di denaro con tassi superiori a quelli previsti dalla legge. Agli Alberti è stata anche contestata  l’accusa di avere svolto l’attività di finanziamento senza essere iscritti nell’elenco appositamente previsto. La mente della "banda" è Marcello Tummina. La pubblica accusa ha rimarcato la condotta "disinvolta" degli imputati, che, per esempio, hanno anche acquistato  oggetti di valore e monili di provenienza illecita. Loro avevano piena consapevolezza che l'oro, i preziosi e gli altri beni che trattavano per l'acquisto erano in realtà il provento di furti in diversi appartamenti.
Tra l'altro nel corso delle indagini sono stati sequestrati oltre cento chili di oro e pietre preziose.

Non solo, ma nell'inchiesta è emersa anche una truffa dei gioiellieri ai danni delle ditte loro fornitrici. Vito Alberti, in concorso con Marcello Tumminia e Cristoforo Cammareri, è stato accusato dalla Procura di aver raggirato grossisti e fornitori di manufatti di gioielleria e metalli preziosi. Come? Gli imputati pagavano con assegni post datati, poi facevano finta che la merce era stata rubata, in realtà la merce era ancora in loro possesso: la vendevano e ne incassavano i proventi. In questo modo hanno incassato circa 100.000 euro.