A seguito del terribile impatto, morirono sia i figli, Martina e Vito, di 12 e 10 anni, che la moglie del sottufficiale, la 37enne Lidia Mangiaracina. Sei mesi dopo, Baldassare Quinci, 43 anni, che nell'incidente rimase gravemente ferito e al quale gli inquirenti contestarono un concorso di colpa (dalla perizia emerse che non si era fermato allo stop), si suicidò impiccandosi ad una trave. Adesso, Gulotta, accusato di omicidio colposo plurimo, aggravato dallo stato di ebbrezza alcolica, ha chiesto di patteggiare la pena e il pubblico ministero ha prestato il suo consenso. Probabilmente, anche in ragione del «concorso di colpa» addebitato al guidatore della Fiat 600. Il giudice Vito Marcello Saladino deciderà nell'udienza del 14 giugno. Potrebbe condannare l'imputato alla pena proposta dal difensore, oppure dire che questa è troppo lieve e chiedere una nuova quantificazione. Non è escluso, inoltre, che disponga il rinvio a giudizio e quindi il processo con rito ordinario. E in quest'ultimo caso, il Gulotta non potrebbe beneficiare degli sconti di pena previsti dai «riti alternativi». Teatro del terribile incidente fu l'incrocio tra le vie Vittorio Emanuele e IV Novembre. La Bmw di Gulotta viaggiava a circa 120 chilometri orari.