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26/07/2012 04:34:54

Ecco il testo del ricorso depositato in Tribunale per la decadenza da deputato del Sindaco di Marsala, Adamo

Ricorso in materia elettorale ex art. 70 T.U.E.L. 267/2000

I sigg.

OMISSIS

RICORRENTI

CONTRO

Il Sindaco del Comune di Marsala, Onorevole Giulia Adamo, domiciliato per la carica presso la sede municipale, in Marsala nella Via Garibaldi

RESISTENTE

PREMESSO CHE

L’On.le Giulia Adamo (C.F. DMA GMR 49E58 E974X) nata a Marsala il 18.05.1949, insegnante e dirigente scolastico, in seguito alle elezioni anticipate dell’Assemblea Regionale Siciliana svoltesi nel 2008 risultava eletta nelle liste del Popolo della Libertà (P.d.L.) collegio di Trapani, con 13.358 voti di preferenza su 55.958 di lista.

Sospesasi successivamente dal suo Partito, anche a causa della mancata nomina ad assessore regionale, in data 14.10.2010 aderiva all’Unione di Centro (U.d.C.) diventandone attualmente Presidente del gruppo all’A.R.S. nonché coordinatore per la Provincia di Trapani.

Assume, nel corso dell’attuale XV Legislatura, le seguenti cariche:

1.      Dal 25.06.2008 Componente Commissione III Attività Produttive;

2.      Dal 02.07.2008 Componente Commissione di inchiesta e vigilanza sul fenomeno della mafia in Sicilia.

Molto intensa anche l’attività parlamentare (cfr. scheda sul sito dell’Assemblea Regionale Siciliana http://www.ars.sicilia.it/deputati).

Nella qualità di primo firmatario presenta 12 Disegni di Legge, 24 Interrogazioni Parlamentari, 2 Interpellanze Parlamentari, 7 Mozioni e 14 Ordini del giorno.

Nella qualità di cofirmatario, ancora, presenta 34 Disegni di Legge, 7 Interrogazioni Parlamentari, 25 Mozioni e 21 Ordini del giorno.

Nelle ultime elezioni amministrative svoltesi per il Comune di Marsala, invero, l’Onorevole Giulia Adamo si è candidata a Sindaco e, in data 21.05.2012, dopo aver vinto il ballottaggio, è stata eletta Sindaco di Marsala ottenendo, al primo turno, il 46,15% dei voti (18.065 preferenze) e, al secondo turno, il 65,86% dei voti (21.275 preferenze).

Con detta elezione l’odierna resistente si trova dunque a svolgere contemporaneamente le funzioni di Deputato all’Assemblea Regionale Siciliana e di Sindaco del Comune di Marsala.

Il predetto cumulo di cariche è contrario all’art. 97 Cost. laddove si osservi che il cumulo tra la carica elettiva regionale e quella locale incide negativamente sia sulla imparzialità, in quanto può determinare una interferenza tra le funzioni legislative e politiche dell’Assemblea regionale e le funzioni amministrative dell’ente locale compreso nel territorio regionale, sia sul buon andamento, per il pregiudizio che il contemporaneo esercizio di tali funzioni arreca al funzionamento degli organi dei quali l’eletto è parte.

La violazione del precetto costituzionale consente, a mente dell’art. 70 T.U.E.L., a qualsiasi cittadino elettore del Comune, o a chiunque altro vi abbia interesse, di proporre l’azione popolare volta a far dichiarare la decadenza dalla carica di Deputato regionale, secondo le procedure ex art. 82 D.P.R. 570/1960, come gli odierni ricorrenti intendono fare, e in effetti fanno, col presente atto.

RITENUTO CHE

    Sulla incompatibilità sopravvenuta per avere il Deputato regionale assunto, durante il suo mandato all’A.R.S., l’incarico di Sindaco.

Le elezioni appartengono alla categoria degli atti di preparazione a cariche pubbliche che, unitamente alle nomine, costituiscono le due principali forme di assunzioni a pubblici uffici, contribuendo in tal modo alla costituzione dell’assetto organizzativo dell’apparato pubblico.

La complessa realtà delle elezioni democratiche, invero, non si esaurisce nel metodo elettivo, nell’organizzazione e nel procedimento. Il concetto di elezioni comprende, anzi implica, la “sostanza umana del fenomeno” e che sta alla base del diritto.

L’elemento umano è presente in ogni momento e in ogni espressione del fenomeno elettorale. Infatti, i soggetti del rapporto elettorale sono gli elettori e gli eleggibili, cui l’insegnamento tradizionale fa corrispondere la ripartizione sistematica della materia in elettorato attivo ed elettorato passivo.

Ciò posto, sorvolando sul concetto di ineleggibilità, circa il quale vengono in rilievo quegli elementi ostativi che escludono l’eleggibilità ad una delle cariche ex art. 55 T.U.E.L. e cioè tutte quelle situazioni che ostano in modo assoluto alle suddette cariche, nel caso che qui ci occupa, invero, rileva senza alcun dubbio l’istituto dell’incompatibilità.

Il fondamento giuridico dell’istituto dell’incompatibilità si può certamente individuare nei principi che scaturiscono dall’art. 97 Cost. e, in particolare, in quello dell’imparzialità e del disinteresse nell’esercizio delle funzioni derivanti da cariche elettive, sempre per il buon andamento della pubblica amministrazione. Il legislatore, pertanto, con le norme poste in essere sull’incompatibilità, ha inteso evitare che una persona che ricopre una carica pubblica elettiva venga a trovarsi in conflitto di interessi con l’ente di riferimento, in quanto determinati interessi, di cui tale persona è portatrice, contrastano con gli interessi del medesimo ente.

Sulla base della limitabilità dell’elettorato passivo, ex art. 65 T.U.E.L. viene stabilita l’incompatibilità, al comma 1, fra le maggiori cariche comunali e provinciali con quella di consigliere regionale. Insomma, è vietato il cumulo fra cariche provinciali e comunali con quella di consigliere regionale.

Sull’impostazione del citato articolo può citarsi il brocardo latino in claris non fit interpretatio. Nel caso in cui vi è una fattispecie astratta già prevista dal legislatore, pertanto, il giudice non deve creare diritto ma applicare quanto previsto dalla legge.

Ciò posto, premesso che ex art. 82 D.P.R. 570/1960 la giurisdizione, in materia di azione popolare, spetta all’Autorità Giudiziaria Ordinaria e che la competenza è quella del Tribunale Civile della circoscrizione territoriale in cui è compreso il Comune, appare davvero opportuno osservare che la materia dell’ineleggibilità e dell’incompatibilità dei deputati dell’A.R.S. è stata esaustivamente affrontata dalla Corte Costituzionale con numerose Sentenze (cfr. ex multis n. 143/2010, n. 294/2011 e n. 67/2012).

Con Ordinanza del 23 gennaio 2009, il Tribunale Ordinario di Palermo sollevava questione di legittimità costituzionale della Legge della Regione Sicilia 20 marzo 1951, n. 29 (Elezione dei Deputati all’Assemblea Regionale Siciliana) così come modificata dalla Legge della Regione Sicilia n. 22 del 2007 nella parte in cui “non prevede l’incompatibilità del deputato regionale che sia anche assessore di un Comune di grandi dimensioni”.

Ciò in riferimento agli artt. 3, 51, 97 e 122 della Costituzione e all’art. 5 del Regio D.Lgs. 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana).

Veniva, pertanto, puntualmente eccepita questione di legittimità costituzionale della citata Legge regionale, dal momento che l’omessa previsione di detta causa di incompatibilità “determinerebbe una disparità di trattamento con la normativa nazionale che prevede tale incompatibilità, senza che vi siano le ragioni giustificative individuate dalla giurisprudenza costituzionale”.

L’omissione censurata, quindi, contrasterebbe con gli artt. 3, 51 e 97 Cost. nonché coi principi fondamentali stabiliti dalla Legge 2 luglio 2004, n. 165 (Disposizioni di attuazione dell’art. 122, comma 1, Cost.) e, in particolare, dall’art. 2, comma 1, lettera c) di detta legge.

Veniva affermata, inoltre, la violazione dell’art. 5 dello Statuto regionale, in quanto la mancata previsione dell’incompatibilità in conseguenza delle innovazioni introdotte dalla Legge regionale 5 dicembre 2007, n. 22 (Norme in materia di ineleggibilità e di incompatibilità dei deputati regionali) “potrebbe dar luogo ad un conflitto di interessi fra l’impegno del deputato a tutelare il bene inseparabile dell’Italia e della Regione e quello di rappresentare gli interessi del Comune”.

I Giudici della Corte Costituzionale (cfr. Sentenza n. 143/2010) hanno correttamente osservato che anteriormente alle modifiche introdotte dalla Legge regionale n. 22 del 2007, l’ufficio di deputato regionale era incompatibile con la carica di sindaco o di assessore di Comuni con popolazione superiore a 40 mila abitanti, in forza del combinato disposto dell’art. 8, comma 1, n. 4) e dell’art. 62, comma 3, della Legge della Regione Sicilia 20 marzo 1951, n. 29.

Solo la riforma del 2007 ha rimosso tale causa di incompatibilità.
Benché nella materia in questione la Regione Sicilia sia titolare di potestà legislativa primaria, ex art. 9 dello Statuto così come modificato con Legge Costituzionale n. 2 del 2002, “tuttavia essa deve svolgersi nel rispetto dei principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica e in armonia con la Costituzione”.
La Legge n. 165 del 2004, di attuazione dell’art. 122 Cost. ha, tra l’altro, individuato fra i principi fondamentali quello secondo cui la disciplina delle incompatibilità deve essere applicata alle cause di ineleggibilità sopravvenute “in caso di conflitto tra le funzioni svolte dal Presidente o dagli altri componenti della Giunta regionale o dai consiglieri regionali e altre situazioni o cariche, comprese quelle elettive, suscettibile, anche in relazione a peculiari condizioni delle regioni, di compromettere il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione ovvero il libero espletamento della carica elettiva”.

Invero la legislazione siciliana, avendo abrogato la preesistente causa di incompatibilità, determinerebbe un privilegio nei confronti dei deputati regionali, in difetto di quelle particolari situazioni ambientali cui la costante giurisprudenza costituzionale ha subordinato la possibilità di introdurre discipline differenziate rispetto a quella nazionale.

SI ribadisce, pertanto, che la suddetta Legge regionale 5 dicembre 2007, n. 22, (Norme in materia di ineleggibilità e di incompatibilità dei deputati regionali) ha eliminato la precedente previsione dell’incompatibilità della carica di deputato regionale con l’ufficio di sindaco o di assessore nei Comuni più popolosi della Regione, e ciò è in contrasto, come già osservato,  con gli artt. 3 e 51 Cost. in relazione al principio di eguaglianza, nella importante materia dell’accessibilità alle cariche elettive, dal momento che determinerebbe una disparità di trattamento rispetto alle altre Regioni, tenute ad una sostanziale uniformità secondo la costante giurisprudenza della Corte Costituzionale.

Contrasta, inoltre, con l’art. 122 Cost. e coi principi espressi dalla Legge 2 luglio 2004, n. 165 (Disposizioni di attuazione dell’art. 122, comma 1, Cost.) e, in particolare, dall’art. 2, comma 1, lettera c) di detta legge “sia che si ritenga che tale corpo normativo disciplini direttamente i criteri della legislazione elettorale anche delle Regioni a statuto speciale, sia che si ritengano tali norme espressione di principi generali dell’ordinamento cui anche tali Regioni devono attenersi”.

Al tempo stesso, la possibilità di svolgere contemporaneamente le funzioni di deputato regionale e di amministratore locale in un Comune avente una significativa popolazione contrasta con il principio costituzionale del buon andamento della pubblica amministrazione, in quanto non impedirebbe il verificarsi del conflitto di interessi ravvisabile nel contemporaneo esercizio di funzioni legislative e politiche nell’Assemblea regionale e di gestione in un ente locale, che sotto molti profili risente delle scelte operate dalla Regione.

Ebbene, a seguito delle modifiche introdotte dalla Legge regionale n. 22 del 2007, per quanto interessa gli amministratori locali, sono ineleggibili a deputato regionale:

a)      I presidenti e gli assessori delle province regionali;

b)      I sindaci e gli assessori dei comuni, compresi nel territorio della Regione, con popolazione superiore a 20 mila abitanti, secondo i dati ufficiali dell’ultimo censimento generale della popolazione.

Al tempo stesso, essendo stato abrogato l’art. 62 della Legge della Regione Sicilia 20 marzo 1951, n. 29 (Elezione dei Deputati all’Assemblea Regionale Siciliana) la successiva assunzione di questi incarichi amministrativi locali da parte di un deputato regionale non comporta più incompatibilità.

Nel merito, invero, la Corte ha ritenuto la questione di legittimità costituzionale fondata.

La Corte Costituzionale, attraverso una costante giurisprudenza non di rado relativa a leggi della stessa Regione siciliana, ha affermato che l’esercizio del potere legislativo da parte delle Regioni in ambiti, pur ad esse affidati in via primaria, che concernano l’ineleggibilità e l’incompatibilità alle cariche elettive, incontra necessariamente il limite del rispetto del principio di eguaglianza specificamente sancito in materia dall’art. 51 Cost.

In quest’ambito, di recente, la Sentenza n. 288 del 2007 ha affermato, in specifico riferimento alla potestà legislativa esclusiva della Regione siciliana in tema di ineleggibilità ed incompatibilità dei consiglieri degli enti locali, che “la disciplina regionale d’accesso alle cariche elettive deve essere strettamente conforme ai principi della legislazione statale, a causa dell’esigenza di uniformità in tutto il territorio nazionale discendente dall’identità di interessi che Comuni e Province rappresentano riguardo alle rispettive comunità locali, quale che sia la Regione di appartenenza”.

E benché la stessa Corte abbia ritenuto che la potestà legislativa della Regione siciliana in tema di elezioni dell’Assemblea regionale sia più ampia rispetto a quella relativa alle elezioni degli enti locali (cfr. Sentenze n. 162 e n. 20 del 1985; n. 108 del 1969) anch’essa, tuttavia, incontra sicuramente un limite nell’esigenza di garantire che sia rispettato il diritto di elettorato passivo in condizioni di sostanziale uguaglianza su tutto il territorio nazionale.

Infatti, proprio il principio di cui all’art. 51 Cost. svolge “il ruolo di garanzia generale di un diritto politico fondamentale, riconosciuto ad ogni cittadino con i caratteri dell’inviolabilità ex art. 2 della Costituzione” (cfr. Sentenze n. 25 del 2008, n. 288 del 2007 e n. 539 del 1990).

La giurisprudenza costituzionale ha, peraltro, più volte precisato che il riconoscimento di tali limiti non vuol dire disconoscere la potestà legislativa primaria di cui è titolare la Regione, ma significa tutelare il fondamentale diritto di elettorato passivo, trattandosi “di un diritto che, essendo intangibile nel suo contenuto di valore, può essere unicamente disciplinato da leggi generali, che possono limitarlo soltanto al fine di realizzare altri interessi costituzionali altrettanto fondamentali e generali, senza porre discriminazioni sostanziali tra cittadino e cittadino, qualunque sia la Regione o il luogo di appartenenza” (cfr. Sentenza n. 235 del 1988).

Pertanto, nell’esercizio di una competenza legislativa come quella prevista dallo Statuto siciliano, si possono anche diversificare le cause di ineleggibilità e incompatibilità, ma occorre che ciò avvenga sulla base di “condizioni peculiari locali” che, quindi, “debbono essere congruamente e ragionevolmente apprezzate dal legislatore siciliano” (cfr. Sentenza n. 276 del 1997).

Conclude la Corte Costituzionale osservando che “non vi è dubbio che la Legge regionale n. 22 del 2007, abrogando l’art. 62 della Legge regionale n. 29 del 1951 e, in particolare, la previsione dell’incompatibilità sopravvenuta per avere il deputato regionale assunto durante il suo mandato l’incarico di sindaco o di assessore comunale, ha posto in essere (senza che fosse palesata alcuna specifica ragione) una disciplina che si allontana da una linea di tendenza ben radicata nell’ordinamento giuridico”.

Del resto (v. supra) anche il vigente D.Lgs. n. 267 del 2000 (T.U.E.L.) nel disciplinare le cause ostative al cumulo delle cariche elettive, prevede non solo la incompatibilità con l’ufficio di consigliere regionale dei presidenti ed assessori provinciali e dei sindaci ed assessori di un Comune compreso nel territorio regionale, ma anche che “le cause di incompatibilità, sia che esistano al momento della elezione, sia che sopravvengano ad essa, importano la decadenza dalle predette cariche” (cfr. artt. 65, comma 1, e 68, comma 2).

È evidente, allora, che la Regione siciliana non può incontrare, nell’esercizio della propria potestà legislativa primaria, limiti eguali a quelli che, ai sensi dell’art. 122 Cost., si impongono alle Regioni a statuto ordinario, ciò di cui si ha conferma nell’art. 10 della Legge Costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al Titolo V della Parte II della Costituzione).

Nel contempo, tuttavia, sulla base della giurisprudenza costituzionale sopra richiamata, la suddetta Regione non potrà però sottrarsi, se non laddove ricorrano “condizioni peculiari locali”, all’applicazione dei principi enunciati dalla legge n. 165 del 2004 che siano espressivi dell’esigenza indefettibile di uniformità imposta dagli artt. 3 e 51 Cost.

Tra tali principi, assume rilievo il vincolo di configurare, a certe condizioni, le ineleggibilità sopravvenute come cause di incompatibilità.

L’art. 2, comma 1, lettera c) della Legge n. 165 del 2004 stabilisce, infatti, che debba applicarsi la disciplina delle incompatibilità alle cause di ineleggibilità sopravvenute alle elezioni, “qualora ricorrano” casi di conflitto fra le funzioni dei consiglieri regionali “e altre situazioni o cariche, comprese quelle elettive, suscettibili, anche in relazione a peculiari condizioni delle Regioni, di compromettere il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione ovvero il libero espletamento della carica elettiva”.

Pertanto, premesso che la Regione siciliana è tenuta a prevedere come causa di incompatibilità la sopravvenienza di un’ipotesi già costituente ragione di ineleggibilità, la Corte Costituzionale ha individuato l’esistenza di un divieto di cumulo di cariche ove ciò si ripercuota negativamente sull’efficienza e imparzialità delle funzioni ed ha affermato che tale principio trova fondamento costituzionale nell’art. 97 Cost. (cfr. Sentenza n. 143/2010).

Peraltro (cfr. Sentenza n. 201 del 2003), la Corte ha anche chiarito che dopo la riforma dell’art. 122 Cost. le Regioni possono operare scelte diverse nello svolgimento del principio in questione, nel senso di introdurre anche temperamenti alla radicale esclusione del cumulo tra le due cariche.

E tuttavia tale potere discrezionale trova un limite nella necessità di assicurare il rispetto del principio di divieto del cumulo delle funzioni, con la conseguente incostituzionalità di previsioni che ne rappresentino una sostanziale elusione.

Alla luce di quanto su esposto, la Corte Costituzionale, con Sentenza n. 143 del 14 aprile 2010, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della Legge della Regione siciliana 20 marzo 1951, n. 29 (Elezione dei Deputati all’Assemblea regionale siciliana), così come modificata dalla Legge regionale 5 dicembre 2007, n. 22 (Norme in materia di ineleggibilità e di incompatibilità dei deputati regionali), nella parte in cui non prevede l’incompatibilità tra l’ufficio di deputato regionale e la sopravvenuta carica di sindaco e assessore di un Comune, compreso nel territorio della Regione, con popolazione superiore a ventimila abitanti.

Per quanto sopra e per ogni altra migliore ragione di fatto e di diritto, dedotta e deducibile anche in corso di causa, in considerazione al comportamento processuale di controparte, si chiede che

Voglia l’On.le Tribunale

Rejecta ogni contraria istanza, eccezione e difesa

In via preliminare:

  Ammettere per la forma il presente ricorso;

    Fissare l’udienza di discussione della causa in via d’urgenza, disponendo la notifica, a cura di chi lo ha proposto ed entro dieci giorni dalla data di comunicazione, del ricorso e del pedissequo decreto alla controparte di cui viene contestata la elezione.

In via principale e nel merito:

   Accertare la causa di incompatibilità, per tutti i motivi esposti in narrativa, tra l’ufficio di Deputato regionale e la sopravvenuta carica di Sindaco in capo all’Onorevole Giulia Adamo;

  Per l’effetto, dichiarare la decadenza per incompatibilità dalla carica di Deputato Regionale nei confronti dell’Onorevole Giulia Adamo qualora la stessa, entro dieci giorni dalla notifica del presente ricorso, non eserciti il diritto di opzione ex art. 69 T.U.E.L. 267/2000.

Con vittoria di spese, diritti ed onorari di causa.

Si dichiara che il valore del presente procedimento è indeterminabile.

Si dichiara, altresì, che la presente controversia è esente dal pagamento del contributo unificato, trattandosi di contenzioso elettorale.

Marsala, 16.07.2012