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25/10/2012 04:22:40

Usura a Marsala: "Interessi del 120%". "Pizzo al pomodoro", prima udienza. Attesa per Pellerito

"Per il denaro contante che ricevevamo in prestito dovevamo firmare cambiali che prevedevano la restituzione della somma con un tasso di interesse del 120 per cento annuo" è stato il loro racconto. Solo uno dei sette testi ascoltati nell’ultima udienza (lunedì pomeriggio) ha cercato di aggiustare il tiro dicendo che le somme date in più a Bilardello non erano esosi tassi di interesse, ma «regalìe».Il processo scaturisce da un'indagine della sezione di polizia giudiziaria della Guardia di Finanza presso la Procura della Repubblica di Marsala.  Oltre a Bilardello, titolare di un negozio di autoricambi, finito in carcere il 19 Giugno del 2009, gli imputati sono  Pietro De Vita, di 49 anni, dipendente di Bilardello, allora posto ai domiciliari, Elisa Conticelli Ottoveggio, di 53, il mazarese Bartolomeo Pacetto, di 51, all’epoca direttore dell’agenzia di Petrosino della Banca Popolare di Lodi, Giuseppa Errante Parrino, di 50 anni, commerciante, Nicolò Salvo, di 48, entrambi di Castelvetrano, e Giuseppe Burzotta, di 62, di Mazara. A difenderli sono gli avvocati Paolo Paladino, Massimo Mattozzi, Vincenzo Bonanno e Giovanni Lentini.

I reati contestati sono quelli di usura ed esercizio abusivo dell’attività finanziaria.Vittime dei prestiti a «strozzo» sarebbero stati piccoli commercianti, agricoltori e altri normali cittadini ai quali le banche chiudevano le porte in faccia. Non avevano più nulla da presentare in garanzia.
Bilardello, De Vita, Pacetto e Conticelli sono, inoltre, accusati anche di associazione per delinquere.
I tassi d’interesse praticati sarebbero stati, in alcuni casi, di oltre il 450 per cento annuo. L’operazione, nel giugno di tre anni fa, sfociò anche nel sequestro della «Autoricambi di Bilardello Giacomo», di quote (per oltre 100 mila euro) di due società dello stesso commerciante e di beni immobili per un valore di oltre 300 mila euro. 
 Parte civile nel processo sono una dozzina di presunte vittime e la locale Associazione antiracket e antiusura, rappresentata dall’avvocato Giuseppe Gandolfo, che per la prossima udienza (3 dicembre) citerà due testi. In aula pure l’ultimo teste   del pm. Previsto, inoltre, anche l’esame degli imputati che chiederanno di essere ascoltati.

CIPRIANI. Condannato, in luglio, a 3 anni e 4 mesi per bancarotta, ma ancora a piede libero, il 56enne romano Erasmo Cipriani non sembra disposto a testimoniare nel processo («Fabbri Giancarlo + 2») che vede imputati tre suoi presunti complici. Già citato, infatti, un paio di volte, non si è ancora presentato in aula. Per questo, ieri, il Tribunale ne ha ordinato l’accompagnamento «coattivo». La vicenda è quella relativa al raggiro subìto dai fratelli Hopps (parte civile con l’assistenza dell’avvocato Arianna Rallo) che nel 2006 decisero di vendere due alberghi a Cipriani in cambio del saldo dei debiti con le banche. Un patto che il compratore non rispettò.

PELLERITO. E' attesa per oggi la sentenza di Appello nei confronti del consigliere provinciale Piero Pellerito, in primo anno condannato a sei anni per falso.  Il procuratore generale ha chiesto in Appello la conferma della sentenza del Tribunale. Pellerito (sospeso dal prefetto ma mai decaduto perché non è mai subentrato il primo dei non eletti), è accusato di essersi prodigato per fare falsificare il referto di un operaio rimasto ferito in un cantiere edile. L'episodio è emerso nell'ambito di un'inchiesta di mafia. Secondo gli inquirenti, Pellerito, l'infermiere - all'epoca in servizio all'ospedale di Alcamo - interpellato dall'imprenditore Liborio Pirrone dopo l'incidente, si sarebbe attivato per falsificare il referto. Il consigliere non ha mai negato di avere incontrato il titolare dell'impresa ma ha sempre sostenuto di essersi limitato a condurlo presso il pronto soccorso. «Fui contattato telefonicamente da Liborio Pirrone - ha spiegato nel processo di primo grado - Mi disse che doveva modificare un referto perché c'era un errore. Non mi sorpresi perché accade spesso che qualcuno torna in ospedale per delle modifiche. Quando mi accorsi che sul referto non c'era il suo nome gli dissi che non era possibile modificarlo senza la presenza dell'interessato. Tornò trafelato insieme con il dipendente. Li accompagnai dal dottore Arcangelo Calandra e me ne andai».  Nel processo è imputato anche Diego Melodia, ritenuto capomafia di Alcamo, chiamato a rispondere di associazione mafiosa, condannato in primo grado per fatti diversi, a vent'anni. Anche per lui l'accusa ha chiesto la conferma della pena.

FRODE A PANTELLERIA. TUTTI ASSOLTI. E' finita con un'assoluzione per tutti gli imputati il caso del presunto furto di vino da alcuni silos della cooperativa di produttori «Nuova Agricoltura» di Pantelleria. L’inchiesta della Procura della Repubblica ebbe, poi, anche sviluppi in altre direzioni. A diverse persone furono, quindi, contestati vari reati. Oltre al furto, anche la frode vinicola, il falso, la truffa ai danni dello Stato e le minacce a pubblico ufficiale. Fu coinvolto addirittura pure
l’ex ministro dell’Agricoltura Calogero Mannino, che sull’isola è proprietario di un’azienda vinicola. Il 23 febbraio 2009 fu assolto.
Ieri, infine, il Tribunale di Marsala ha assolto, su richiesta dello stesso pm Nicola Scalabrini, altre otto persone coinvolte nell’indagine. E cioè Antonio Casano e Antonino Ruvolo, dipendenti dell’ex Banco di Sicilia, Antonio D’Aietti, Salvatore e Luca D’Amico e Antonio Gauli, legale rappresentante, gestore «di fatto» e cantiniere della coop «Nuova Agricoltura» di Pantelleria, Salvatore e Giuseppa Murana, titolari dell’omonima ditta vinicola e della «Mastronaro».

PIZZO AL POMODORO. Si apre oggi a Trapani il processo a nove persone rinviate a giudizio nell'ambito dell'operazione "Pizzo al pomodoro"  circa serie di estorsioni ai danni di commercianti del capoluogo. Si tratta di Francesco Paolo ed Ignazio Cammareri, rispettivamente di 33 e 31 anni, Alberto Cangemi,

41 anni, Claudio Di Pietra, 25 anni, Orazio Pisciotta, 38 anni, Ivan Randazzo, 28 anni, Michele Scardina, 47 anni, Giuseppe Beninati, 51 anni, e Salvatore Di
Pietra, 34 anni. Tra le vittime figurano un ristoratore, il titolare di un’impresa artigiana, alcuni gestori di sale scommesse, un noleggiatore d’autovetture ed
un distributore di apparecchiature elettroniche da intrattenimento.  Chi opponeva resistenza e si rifiutava di pagare subiva gravi ritorsioni. Secondo gli inquirenti, il gruppo criminale aveva accresciuto il proprio spessore delinquenziale al punto che alcuni imprenditori si sarebbero rivolti alla banda per recuperare dei crediti legittimamente vantati nei confronti di altri operatori economici.