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30/11/2012 08:40:21

Il viaggio nel tempo di Vito Galfano

 Ospitati in un ex luogo di culto, la chiesa di san Pietro di Marsala, celebrano un altro culto, quello della bellezza. Ma, quel bello diverrebbe valore fine a se stesso se non fosse fuso con una lenta e sostanziosa successione di interrogativi. Cosa possono dire le tavole assemblate con materiale vario e con una loro lingua? Possono essere tracce, frammenti di memoria, simboli cifrati di divinità delle civiltà precolombiane, oppure rimandano all’azione interattiva degli elementi naturali; più distintamente, prospettano imprecisati luoghi di un immaginario altrettanto fecondo quanto l’energia che suscitano quelle mani. E’ chiaro, comunque, in questa esemplare figura di creativo che vive il disagio di un presente programmato con cinici meccanismi idonei più ad escludere che ad includere, il desiderio di ricercare il collegamento, un ponte non solo materiale, tra civiltà e renderle tutte contemporanee. Coerentemente con il viaggio nel tempo lungo, così diverso dall’ odierno tempo corto & modaiolo, questi lavori sanno di fatica, palesano il corpo a corpo contro l’inerzia della materia, pensiamo al metallo o al legno che per renderli “gentili” occorre vedersela anche col fuoco. Concorre agli esiti la selvaggia dinamica delle fiamme, e Galfano non si è certo risparmiato ad attingere conoscenze pratiche dall’antica fonderia di Efesto. Si capisce, allora, l’ampiezza di merito che Valéry riservò alle rischiose arti del fuoco e del ferro, imparentate alle ardue operazioni d’intaglio e alla morsura degli acidi nel lavoro d’incisione dove l’errore, causato dal colpo maldestro, rimane incombente. Incidenti di percorso che il pennello ignora se con tanta minore difficoltà può aggiustare e ripensare ciò che ha dipinto. Fa piacere, però, notare come un uso manuale così disciplinato non diventi ostaggio dei ferri del mestiere, cioè del virtuosismo tecnico. Ogni tavola risulta nuova, irripetibile e con una propria levità di linguaggio formale; intuizione e consapevolezza, ispirazione e riflessione, visibile e sottinteso, delicatezza e pesantezza si saldano nella specifica dimensione d’artista. Se di continuo cambiano simbologie e cosmogonie, il fantasioso percorso creativo si arricchisce di modalità tecnico-stilistiche tale da renderlo inclassificabile, fuori dalle ortodossie riconosciute. Infatti, tu che osservi oltre la retina e attivi l’occhio discreto dell’anima, rilevi tanto atmosfere e spunti affini a diverse tendenze artistiche, quanto il rifiuto di chiudersi dentro un indirizzo esclusivo. Quel suo calore manuale portato a una gioiosa avventura ludica e l’istintiva felicità inventiva, espressione di libertà irriducibile, lo mettono al riparo sia dal virus imitativo sia dall’ostentazione sofisticata. Preferisce passare inosservato, appartarsi per meglio appartenersi.

          Peppe Sciabica