Sarebbe un dovere rendere pubblico il contenuto di quelle intercettazioni, altrimenti resterà il sospetto che possano contenere qualcosa che fa ombra sulla più alta istituzione”. L’appello, lanciato dal palco di una manifestazione organizzata a Roma in piazza Farnese, arriva da Salvatore Borsellino.
A pochi giorni dalla sentenza della Corte costituzionale che nel conflitto tra il Quirinale e la Procura di Palermo, ha dato ragione al presidente e ha chiesto la distruzione delle intercettazioni delle telefonate tra lo stesso Giorgio Napolitano e l’ex ministro Nicola Mancino, il fratello del magistrato ucciso dalla mafia il 19 luglio nel 1992 ha dato vita con il movimento delle Agende Rosse a un’iniziativa per manifestare sostegno ai magistrati palermitani che “stanno portando alla luce una congiura del silenzio”.
La piazza, nonostante la pioggia, piano piano di riempie. Borsellino invita sul palco una serie di ospiti che hanno voluto intervenire e dare una propria testimonianza. “I cittadini hanno diritto ad avere tutta la verità: il primo cittadino non può sottrarsi a questo dovere, o è un umiliazione per tutti noi”, afferma Moni Ovadia. “Ciò che ha fatto il Quirinale rimarrà scolpito nei libri di storia indipendentemente dalla sentenza della Consulta”, sottolinea Marco Travaglio, giornalista ed editorialista de Il Fatto, giornale che insieme alla rivista Micromega ha sostenuto la manifestazione.
C’è anche Sabina Guzzanti: “Speriamo che questo processo non venga ostacolato, che si faccia e aiuti a capire la nostra storia”, dice l’attrice che tra l’altro sta preparando un film sulla trattativa Stato-mafia.
Tra i presenti nessun magistrato. “Non li ho invitati – ammette Borsellino – per evitare che accada quel che è successo a Roberto Scarpinato”, il pg di Caltanissetta che per le sue affermazioni alla commemorazione di Paolo Borsellino “si è visto aprire una pratica del Csm con il solo scopo di sbarrargli la strada a procuratore generale di Palermo”.