Al centro della scena una piccola fiamma, simbolo della luce di Cristo luce del mondo circondata da frutta, doni della natura per il Salvatore fatto uomo.
A rappresentare i genitori di Gesù, Maria e Giuseppe, sono stati Adrien, una donna della Costa d’Avorio, paese sconquassato da anni da una violenza a tratti silenziosa ma violenta e Hailu dell’Etiopia.
Gli altri “personaggi” del presepe, i pastori adoranti la luce del Cristo, erano giovani etiopi che per l’occasione hanno indossato i loro costumi tradizionali. Gli immigrati partecipanti alla rappresentazione della natività sono cristiani ma greco-ortodossi e celebrano il Natale il 6 gennaio, giorno dell’Epifania del Signore.
Dichiara il direttore della Caritas, Mons. Sergio Librizzi: “Nei processi d’integrazione dei migranti - al di là dei fenomeni residui che creano legittimamente qualche difficoltà ma sono episodi comunque marginali nel nostro contesto - la partecipazione a manifestazioni pubbliche di significativo valore civile ha un duplice valore positivo: ci aiuta ad esprimere il valore dell’accoglienza ma anche il desiderio degli immigrati di sentirsi protagonisti del loro stesso processo d’integrazione. Come ha detto il presidente della repubblica Napolitano nel suo messaggio di fine anno è importante saper accogliere chi arriva in Italia per cercare protezione da profugo o lavoro da immigrato: una visione dell’integrazione e della cittadinanza che dovrebbe essere sempre più condivisa. Già lo scorso anno i nigeriani richiedenti asilo che vivevano a Trapani avevano comunicato la loro grande gioia di vivere da salvati animando con canti e danze il Natale cittadino a Trapani. Quest’anno la partecipazione alle iniziative per i bambini di strada del Madagascar ha avuto il sapore della solidarietà sud-sud, tra popoli cioè che vivono al limite della sopravvivenza come quello malgascio e alcuni dell’area sub-sahariana, creando momenti di intensa commozione”.