La richiesta era stata avanzata dal Pm Andrea Tarondo. Ingrasciotta ha riferito, agli inquirenti, che nel 1994, in occasione della sua prima candidatura al Senato, D'Alì avrebbe ricevuto il sostegno elettorale della famiglia mafiosa di Castelvetrano. L'imprenditore ha parlato anche di un'altra vicenda che vedrebbe coinvolto il senatore, il fallimento della Finanziaria Mediterranea Popolare. Ha riferito che il boss Matteo Messina Denaro aveva investito i propri soldi e quando iniziò a percepire che le cose si stavano mettendo male si attivò per recuperarli. D'Alì sarebbe intervenuto in favore dei titolari, Salvatore e Lucio D'Ambra, padre e figlio, garantendo il pagamento delle somme. E non sarà sentito neanche il dirigente della Direzione Investigativa Antimafia Rocco Lopane. Anche questa richiesta era stata avanzata dalla pubblica accusa. Il processo si avvia verso la sentenza. Il 3 maggio è prevista la discussione. D'Alì, che ha chiesto di essere giudicato con il rito abbreviato, beneficerà in caso di condanna della riduzione di un terzo della pena.
DI MATTEO. Due lettere anonime, recapitate qualche giorno fa alla procura di Palermo, raccontano di un piano del boss latitante Matteo Messina Denaro per uccidere il Pm Nino Di Matteo, che rappresenta l'accusa nel processo agli ex ufficiali del Ros Mario Mori e Mauro Obinu e che con Antonio Ingroia ha condotto l'indagine sulla presunta trattativa Stato-mafia.
Nelle due missive, di cui da' notizia ''Il Fatto'', l'autore anonimo, secondo quanto riporta il quotidiano, scrive: ''Amici romani di Matteo (Messina Denaro ndr) hanno deciso di eliminare il pm Nino Di Matteo in questo momento di confusione istituzionale, per fermare questa deriva di ingovernabilita'. Cosa nostra ha dato il suo assenso, ma io non sono d'accordo''.
L'estensore dell'anonimo sarebbe, a suo dire, uno dei membri del commando di morte, in grado di fornire notizie riservate sugli spostamenti di Di Matteo e sui depositi di armi ed esplosivo nascosti il alcune borgate palermitane. A seguito degli anonimi, sempre secondo ''il Fatto'', il Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica ha rafforzato la scorta al magistrato, sul quale la procura generale della Cassazione ha recentemente avviato un procedimento giudiziario, definito ''un poco inopportuno, se non scandaloso'', dal procuratore aggiunto di Palermo Vittorio Teresi.