Ecco cosa scrive il sito Business People:
Proprio dalla Trinacria arriva un modello imprenditoriale, storia di grande tenacia e resistenza. Quella della Calcestruzzi Ericina Libera, impresa edile diTrapani. Oggi conta 14 dipendenti e un fatturato di oltre 1 milione di euro nel 2012. Niente male per un’azienda ufficialmente rinata solo nel giugno 2011, e operante in un mercato, quello edilizio, fortemente colpito dalla crisi. «Ma ora stiamo scontando effetti congiunturali, che riguardano un po’ tutti nel comparto. Per fortuna nulla a che vedere con quanto è successo nel 2001», spiega il presidenteGiacomo Messina. Si riferisce a quando, in seguito all’arresto del boss Vincenzo Virgae alla confisca dell’impresa, «la mafia iniziò a fare pressioni sugli abituali clienti, perdemmo oltre il 50% degli incarichi… L’obiettivo dei clan era farci fallire per poter ricomprare la Calcestruzzi a prezzi stracciati». Fu da lì, tuttavia, che arrivò la spinta perché sei ex dipendenti formassero l’attuale cooperativa. Fondamentali, nel tempo, sono stati gli appoggi del prefetto di Trapani Fulvio Sodano, dell’associazione Libera di Don Luigi Ciotti, delle amministrazioni locali e di Banca Unipol. Soggetti imprescindibili per far ripartire e innovare gli impianti, nel 2008-2009, per un investimento complessivo da tre milioni di euro. Inoltre, «per aver accesso agli 1,13 milioni di euro nell’ambito del Programma operativo regionale (POR) Sicilia (in attuazione delle strategie di intervento delineate dal Piano di Sviluppo del Mezzogiorno,ndr)», aggiunge Messina, «la Calcestruzzi avrebbe dovuto aumentare il capitale sociale. La strategia dell’amministrazione giudiziaria, devo dire lodevole, è stata allora quella di far inserire, nella compagine societaria, un’altra impresa confiscata, l’Immobiliare Strasburgo di Palermo».
L’azienda trapanese ha raggiunto anche un altro importante traguardo: «Accanto alla produzione di calcestruzzo, che rimane attività primaria, come seconda filiera produttiva abbiamo sviluppato il recupero degli “sfabbricidi”, gli scarti edilizi, altrimenti destinati alla discarica o, peggio ancora, abbandonati nell’ambiente», conclude Messina.
Spesso sui capitali confiscati – oltre 12 mila dagli anni ‘80 a oggi – gravano fattori ambientali, ipoteche e ingenti spese di ristrutturazione. Eppure alcune cooperative, come la Calcestruzzi Ericina, ce la stanno facendo. In attesa di beneficiare di maggiori agevolazioni e tutoraggio manageriale. Il 39% delle aziende confiscate tra il 1983 e il 2011 è attribuibile a Cosa Nostra; il 23% alla Camorra; il 13% alla ‘ndrangheta; l’8% alla criminalità organizzata pugliese; il 4% alla banda della Magliana e il 13% ad altre associazioni o senza assegnazione precisa.