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07/04/2013 08:10:02

La Calcestruzzi Ericina, quando vince la mafia...è un impresa

Ecco cosa scrive il sito Business People:

 Proprio dalla Trinacria arriva un modello imprenditoria­le, storia di grande tenacia e resistenza. Quella della Calce­struzzi Ericina Libera, impresa edile diTrapani. Oggi con­ta 14 dipendenti e un fatturato di oltre 1 milione di euro nel 2012. Niente male per un’azienda ufficialmente rina­ta solo nel giugno 2011, e operante in un mercato, quel­lo edilizio, fortemente colpito dalla crisi. «Ma ora stiamo scontando effetti congiunturali, che riguardano un po’ tut­ti nel comparto. Per fortuna nulla a che vedere con quanto è successo nel 2001», spiega il presidenteGiacomo Messi­na. Si riferisce a quando, in seguito all’arresto del boss Vin­cenzo Virgae alla confisca dell’impresa, «la mafia ini­ziò a fare pressioni sugli abituali clienti, perdemmo oltre il 50% degli incarichi… L’obiettivo dei clan era farci falli­re per poter ricomprare la Calcestruzzi a prezzi stracciati». Fu da lì, tuttavia, che arrivò la spinta perché sei ex dipen­denti formassero l’attuale cooperativa. Fondamentali, nel tempo, sono stati gli appoggi del prefetto di Trapani Ful­vio Sodano, dell’associazione Libera di Don Luigi Ciotti, delle amministrazioni locali e di Banca Unipol. Sogget­ti imprescindibili per far ripartire e innovare gli impian­ti, nel 2008-2009, per un investimento complessivo da tre milioni di euro. Inoltre, «per aver accesso agli 1,13 mi­lioni di euro nell’ambito del Programma operativo regio­nale (POR) Sicilia (in attuazione delle strategie di inter­vento delineate dal Piano di Sviluppo del Mezzogiorno,ndr)», aggiunge Messina, «la Calcestruzzi avrebbe dovuto aumentare il capitale sociale. La strategia dell’amministra­zione giudiziaria, devo dire lodevole, è stata allora quella di far inserire, nella compagine societaria, un’altra impresa confiscata, l’Immobiliare Strasburgo di Palermo». 
L’azienda trapanese ha raggiunto anche un altro impor­tante traguardo: «Accanto alla produzione di calcestruz­zo, che rimane attività primaria, come seconda filiera pro­duttiva abbiamo sviluppato il recupero degli “sfabbricidi”, gli scarti edilizi, altrimenti destinati alla discarica o, peggio ancora, abbandonati nell’ambiente», conclude Messina.

 Spesso sui capitali confiscati – oltre 12 mila dagli anni ‘80 a oggi – gravano fattori ambientali, ipoteche e ingenti spese di ristrutturazione. Eppure alcune cooperative, come la Calcestruzzi Ericina, ce la stanno facendo. In attesa di beneficiare di maggiori agevolazioni e tutoraggio manageriale.  Il 39% delle aziende confiscate tra il 1983 e il 2011 è attribuibile a Cosa Nostra; il 23% alla Camorra; il 13% alla ‘ndrangheta; l’8% alla criminalità organizzata pugliese; il 4% alla banda della Magliana e il 13% ad altre associazioni o senza assegnazione precisa.