Al termine di complesse ed articolate indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica-Direzione Distrettuale Antimafia, la Direzione Investigativa Antimafia di Palermo è riuscita infatti a disarticolare un'associazione a delinquere facente capo alla cosca mafiosa dei quartieri palermitani Acquasanta-Arenella.
In manette con l'accusa di associazione mafiosa sono finite sei palermitani, tra cui una donna: Vito Galatolo, Giuseppe Corradengo, Rosalia Viola, Domenico Passarello, Vincenzo Procida e Rosario Viola.
L'ordinanza è stata emessa dal gip Piergiorgio Morosini, che ha accolto la richiesta del procuratore aggiunto Vittorio Teresi e del pm Pierangelo Padova.
Il provvedimento, che dispone anche il sequestro dell'intero complesso aziendale delle società "Nuova Navalcoibent srl", con sede in La Spezia, "Eurocoibenti srl" e "Savemar srl", entrambe con sede in Palermo, è il frutto di lunghe ed articolate indagini condotte dal personale del Centro Operativo di Palermo e di Genova in materia di infiltrazioni mafiose nel settore della cantieristica navale.
Il clan mafioso di Resuttana, dunque, ha fatto soldi, tanti, con la cantieristica navale, aggiudicandosi mportanti commesse nei principali porti italiani con la scalata imprenditoriale di alcuni prestanome del clan. Gli uomini della Dia, diretta da Arturo De Felice, coordinati dal capo centro di Palermo, Giuseppe D'Agata, hanno ascoltato centinaia di conversazioni telefoniche e ambientali e ricostruito i flussi di denaro delle imprese che si erano conquistate una buona fetta di mercato nei principali porti della Liguria e dell'Adriatico. Interi settori delle lavorazioni navali erano gestiti quasi in regime di monopolio. E così da un lato il clan di Resuttana, uno dei più potenti della mafia palermitana, raggiungeva volumi d'affari a sei zeri, e dall'altro ripuliva il denaro sporco.
Quando, alla fine degli anni '90, sono cominciati i guai giudiziari, i Galatolo avrebbero deciso di trasferire le tre imprese sequestrate. Anche lontano dalla Sicilia, il clan sarebbe riuscito a trovare terreno fertile per gli affari illeciti grazie alla compiacenza di alcuni imprenditori locali. Il porto di La Spezia era diventato il centro degli affari della famiglia di Resuttana. Non è un caso, visto che proprio nella città ligure, anni fa, Stefano Fontana, altro pezzo da novanta della famiglia mafiosa, aveva scontato una misura di prevenzione.
È soprattutto a Palermo, però, che avrebbero trovato la totale disponibilità di alcuni soggetti. E così, uno di loro, Corradengo, da semplice impiegato dei Cantiere navali, sarebbe diventato, sulla carta, titolare di un'impresa con un centinaio di dipendenti. A confermare il quadro ricostruito dagli investigatori sono arrivate anche le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Angelo Fontana, Francesco Onorato e Baldassare Ruvolo. Ma anche quelle testimone di giustizia Gioacchino Basile, il sindacalista che per primo denunciò le infiltrazioni mafiose nel cantiere navale di Palermo.