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18/04/2013 04:36:00

Mafia a Campobello, parlano i commissari. Giammarinaro, la testimonianza di Pizza.Graviano assolto a Marsala

 Nella precedente udienza ha deposto il luogotenente dei Carabinieri, Vito Cito, che ha chiarito i rapporti conflittuali tra Nunzio Spezia e Leonardo Bonafede - i due storici capimafia di Campobello di Mazara. Il processo vede imputati, oltre allo stesso Bonafede, anche l’ex Sindaco del comune belicino Ciro Caravà, arrestato con altre sei persone nell’operazione antimafia “Campus Belli” del dicembre 2011. Cito ha risposto sugli accertamenti investigativi fatti fino al 2009, concentrandosi su un debito contratto dalla società Eurofarida. Dalle intercettazioni effettuate sull’auto dall’imputato Cataldo La Rosa che lavorava in quell’azienda, gli investigatori scoprirono che l’imprenditore Giuseppe Grigoli, ex re dei supermercati Despar in Sicilia occidentale, offrì il suo aiuto per estinguere il debito, acquistando così le quote societarie. Grigoli, già condannato a 12 anni di carcere ha rafforzato cosa nostra grazie ai suoi negozi ed è considerato l'alter ego economico di Matteo Messina Denaro. Alla fine quella trattativa non andò in porto e fu un’altra persona, Filippo Greco, a prestare i soldi necessari all’Eurofarida per pagare i propri debiti.  Per oggi Giuseppe Grigoli e due componenti della commissione prefettizia di Campobello, il viceprefetto Ingoglia e il commissario Sfameni.

GIAMMARINARO. Il candidato doveva essere lui, ma rifiutò. E' curioso il retroscena raccontato dal segretario della Dc, Giuseppe Pizza, che ha testimioniato nel processo sul sequestro di beni all' ex deputato Pino Giammarinaro. "Sua sanità" intendeva candidare l'on. Giuseppe Pizza. Ma il diretto interessato declinò l'invito ed allora lui gli propose quantomeno di caldeggiare la candidatura di Vittorio Sgarbi.
 In aula è stato chiamato a deporre anche l'architetto Lelio Di Zio, ex consulente dell'amministrazione comunale di Salemi per il progetto Case ad un euro.
Il professionista ha riferito di contrasti all'interno della Giunta in merito al percorso da seguire. Inizialmente il suo progetto era stato accantonato a seguito di alcune critiche del fotografo Oliviero Toscani, all' epoca assessore. Successivamente Sgarbi e Giammarinaro si recarono in Abruzzo per visionare un paese in cui l'architetto aveva sviluppato un progetto analogo e ne rimasero positivamente colpiti tanto da decidere di seguire il percorso indicato da Di Zio. Nel corso dell'udienza Giammarinaro ha chiesto di parlare facendo delle puntualizzazioni in merito al suo percorso imprenditoriale.Prossima udienza il 14 maggio quando sarà sentito il fotografo Oliviero Toscani.  

GRAVIANO. Non avrebbe mentito il boss mafioso palermitano Giuseppe Graviano quando, nel 2004, per accedere al gratuito patrocinio, dichiarò un reddito al di sotto della soglia prevista dalla legge per ottenere tale beneficio. E' quanto ha sentenziato, il giudice Roberto Riggio, che ha assolto, seppure con la formula che richiama la vecchia insufficienza di prove, il noto boss mafioso implicato nelle stragi del 1993. A difendere Graviano, per il quale il pubblico ministero aveva invocato la condanna a un anno di carcere, è stato l'avvocato marsalese Francesco Vinci, che è riuscito a dimostrare che l'imputato, all'epoca dei fatti, non disponeva di sufficienti risorse economiche.
Nel corso del processo, ascoltato in videoconferenza, il capomafia del quartiere Brancaccio del capoluogo siciliano ha dichiarato che il padre «ha venduto i beni di famiglia nel 1997». Il 9 novembre 2006 il Tribunale di Marsala condannò Graviano, assieme al boss latitante Matteo Messina Denaro, a 4 anni e mezzo di carcere per detenzione di armi ed esplosivi. Pena inflitta «in continuazione» con quella irrogata dalla Corte d'Assise d'appello di Firenze il 13 febbraio del 2001.
Gli esplosivi in questione, infatti, sarebbero stati quelli che il capomafia di Castelvetrano e il boss palermitano, all'inizio del 1992, avrebbero fatto partire da Mazara del Vallo per utilizzarli negli attentati commessi a Roma e Firenze nel 1993. Nel capoluogo toscano morirono cinque persone, tra cui due bambine.

SFRAGA. Ci sono anche i fratelli marsalesi Antonio e Massimo Sfraga, di 47 e 40 anni, tra gli imputati del processo d'appello, avviato a Napoli, scaturito dall'operazione condotta dalla Dia di Roma e dalla Squadra mobile di Caserta che il 10 maggio 2010 consentì, con 68 provvedimenti restrittivi, lo smantellamento di un asse criminale camorra-mafia che, secondo l'accusa, imponeva il monopolio dei trasporti su gomma ai commercianti che operano nel settore dei prodotti ortofrutticoli, con la conseguente lievitazione dei prezzi.
Per gli inquirenti, gli Sfraga, grossisti dell'ortofrutta nel versante sud marsalese (zona Strasatti-Petrosino), sarebbero stati, nel settore, il trait d'union tra la camorra e Cosa Nostra. Il 27 gennaio 2012, i due commercianti marsalesi furono condannati a tre anni di carcere ciascuno dal gup napoletano Antonio Cairo. I due fratelli sarebbero stati imprenditori di riferimento, in Sicilia occidentale, dei capimafia Riina e Provenzano, garantendo il monopolio del trasporto verso Fondi (Lt) e altri mercati meridionali a ditte del clan casertano. Sviluppi dell'indagine condussero, il 15 novembre 2011, a nuovi ordini di arresto sia per gli Sfraga che per un loro dipendente, il 45enne Carmelo Gagliano. Adesso, con loro, alla sbarra, davanti la V sezione della Corte d'appello di Napoli, ci sono anche Costantino Pagano, Luigi Terracciano, Domenico Menna, Salvatore Frontoso, Carlo Del Vecchio, gestori della «Paganese Trasporti snc», referenti del clan camorrista dei Casalesi per il trasporto su gomma del settore ortofrutticolo, i catanesi Giuseppe e Vincenzo Ercolano, Nunzio Di Bella, Nunzio Scibilia, Orazio Fichera, elementi di riferimento del clan mafioso «Ercolano-Santapaola», nonché Giuseppe Antonio Domicoli e Biagio Cocchiaro, referenti del «clan Madonia», famiglia Rinzivillo, di Gela. L'organizzazione avrebbe «condizionato il libero mercato con atti di violenza, minaccia e intimidazione tipici delle organizzazioni di stampo mafioso».
Tra mafia e clan camorristico dei Casalesi sarebbe stato siglato, insomma, un patto per la spartizione degli affari sui mercati nazionali. Per il 21 maggio è prevista la requisitoria del procuratore generale, che dovrebbe chiedere la conferma delle condanne inflitte in primo grado. A difendere i fratelli Sfraga - ai quali, lo scorso luglio, lo Stato ha confiscato beni per un valore di sette milioni di euro - è l'avvocato Diego Tranchida.