Lo sviluppatore per eccellenza, quello che ti piazza parchi eolici dove vuole. Impianti fotovoltaici tra i fianchi delle colline siciliane. Nicastri era al centro di un triangolo tra mafia, politica e imprenditoria che con le energie rinnovabili ha fatto affari milionari. Lui, che nasce elettricista, è arrivato ad accumulare un patrimonio di un miliardo 300 milioni di euro. Società, conti correnti, immobili, auto, moto, tutto. Anche una barca. Non un piccolo natante, come potrebbe permettersi un elettricista medio, per le gite domenicali a Mozia. No. Un catamarano da 800 mila euro, 14 metri di lunghezza, 8 di larghezza, due potenti motori, e una superficie velica di 120 metri quadrati. Un gioiellino costruito proprio per lui, per il signore del vento, nel 2009 in un cantiere francese. In realtà l’imbarcazione era intestata alla sua seconda moglie, Ida Muraca. Anche lei ha fatto la scalata, da semplice impiegata ha sposato Nicastri e nel giro di pochi anni è diventata super manager delle sue società. Potente e grintosa, Muraca arriva a minacciare anche la moglie di un ispettore della Direzione investigativa antimafia, “consigliandole” di far lasciare stare suo marito.
Vele alte e spiegate, Nicastri con a bordo chissà quali pezzi da novanta dell’imprenditoria trapanese, solcava i mari alla faccia di quelli che ancora dovevano capire come avesse fatto a racimolare tutto quel ben di Dio. Non è mafioso Nicastri, anche se lo si accosta spesso a Matteo Messina Denaro, ma uno che con la mafia ci convive, come disse l’allora ministro Lunardi nel 2005 a Trapani: "Bisogna convivere con la mafia". Ci convive e ci fa affari con la mafia Nicastri. La sfruttava, per le sue imprese di calcestruzzo, il movimento terra. Una questione di rispetto, per due pezzi grossi che dividono lo stesso territorio.
Con l’eolico Nicastri ha sventrato mezza provincia, ha fatto affari con mezzo mondo, esportando i suoi soldi nei paradisi fiscali più lontani. Non li portava in catamarano ovviamente. Quel catamarano che oggi è della Regione Siciliana, e che si trova a Marsala. Lo custodisce una società di noleggio imbarcazioni. Ce l’ha fatta visitare Giuseppe Fornic il titolare di questa società. Non appartiene più a Nicastri, appartiene allo Stato, alla Sicilia in realtà. Confiscato al re del vento, quel catamarano di vento non ne ha avuto più a riempirgli le vele per qualche anno. Depositata in un cantiere del porto di Trapani, a muffire, come fanno spesso i beni sequestrati alla criminalità organizzata. Adesso è scesa di nuovo in mare, dopo la sentenza di confisca. E dopo tutta una trafila burocratica. Ci aveva provato la Regione ad impossessarsene quando ci fu il sequestro preventivo, nel 2010 quando a governare l’Isola era Raffaele Lombardo, ma c’erano troppe scartoffie da far girare e da studiare, e troppa poca voglia, allora rimase dov’era, nascosta nel porto di Trapani. Adesso Rosario Crocetta, presidente della Regione, se la può godere. Si fa per dire, è di tutti, mica sua. Ha tentato di dare un nome, Crocetta, a quel catamarano. Voleva chiamarlo Sicilia Libera, ma gli era sfuggito che Sicilia Libera era il nome del partito che volevano fondare i tipi di Corleone, Leoluca Bagarella in testa, per “scendere in campo” anche loro. Menomale che la gaffe è stata evitata. Adesso, dentro, è tutto pulito, e profuma di legalità. Ci sono letti confortevoli, computer di bordo di ultima generazione, mobili e accessori vari di gran gusto. Come lo aveva Nicastri. C’è una bandiera della Sicilia sul tavolo, e dentro il frigo è pronta una bottiglia di spumante.