In Sicilia cadono sotto la scure della legge Severino 28 sedi distaccate e tre tribunali (Mistretta, Nicosia e Modica).
Mentre la geografia amministrativa sopravvive ancora per qualche anno – ma il governo in carica ha già iniziato l’iter del disegno di legge costituzionale che le abolisce – la geografia giudiziaria è destinata a mutare profondamente. Sono infatti 31 i tribunali e 220 le sedi distaccate che saranno soppresse. La Consulta in tempi molto brevi ha “promosso” la riforma delle circoscrizioni giudiziarie proposta dall’ex Guardasigilli Paola Severino e fortemente sostenuta dal ministro della Giustizia in carica, Annamaria Cancellieri, che ha annunciato di volerla attuare entro il mese di settembre.
IL distretto di Messina perde cinque sedi distaccate – Lipari, Milazzo, taormina, S. Agata di Militello – e un tribunale, Mistretta. Il distretto di Catania perde 12 sedi distaccate – Grammochele, Acireale, Adriano, Belpasso, Bronte, Giarre, Mascalucia, Paternò, Vittoria Augusta, Avola e Lentini – e il tribunale di Modica con la sua Procura. Il distreto di Palermo 13 sedi distaccate – Canicattì, Licata, Castelvetrano, Mazara del Vallo, Partanna, Bagheria, Carini, Monreale, Partinico, Cefalù, Corleone e Alcamo. Il Distretto di Caltanissetta, infine, perde il tribunale e la Procura di Nicosia.
La Consulta ha bocciato le questioni di legittimità costituzionale sollevate da alcuni uffici giudiziari contro la loro soppressione. Non sono state giudicate fondate, in particolare, le questioni di legittimità sollevate dai tribunali di Sala Consilina, Montepulciano, Pinerolo, Alba e Sulmona, mentre ha giudicato inammissibile la questione sollevata dalla Regione Friuli Venezia Giulia.
Solo in un caso la Consulta ha dato ragione ai ricorrenti, riguarda la soppressione del tribunale di Urbino, che è stata bocciata.
Dopo la decisione adottata per l’abolizione delle province e le proteste di molte comunità interessate si riteneva che la Consulta mantenesse un orientamento univoco.
I rimettenti avevano puntato sulla dichiarazione di incostituzionalità dalla legge delega, inserita nell’iter di conversione di un decreto legge, che contrasterebbe con alcuni principi affermati dalla Consulta, come l’inesistenza dei requisiti di necessità e urgenza. Sarebbe perciò “una riforma approvata a dispetto del procedimento ordinario”. Infine “il legislatore delegato non avrebbe rispettato puntualmente i criteri di delega fissati”.
Non fondate o inammissibili, secondo la Corte, altre questioni proposte dai ricorrenti, come le violazioni di “parametri costituzionali”, “la prevalenza al risparmio e all’efficienza a dispetto del principio di solidarietà”, i tagli che “inciderebbero sui diritti dei lavoratori”, il “diverso trattamento riservato ai dipendenti dei tribunali soppressi”.
Un’unica eccezione, la soppressione del tribunale di Urbino.