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22/07/2013 05:33:00

L'Operazione "Re Mida" e le truffe impunite alla 488

La Legge 488 del ’92 offre contributi a condizioni agevolate per aziende e imprese che operano in aree svantaggiate del Paese. In particolare, “possono godere dei benefici apportati dalla Legge 488 del’ 92 le imprese rientranti nei settori dei servizi, delle costruzioni, quello estrattivo e manifatturiero, del turismo, degli esercizi commerciali e della produzione e distribuzione di energia elettrica”. E’ la nuova cassa per il Mezzogiorno. Serve per finanziare aziende, fabbriche, stabilimenti, alberghi e tanto altro. E spesso viene truffata.
Una delle più grandi presunte truffe alla 488 scoperte dalle nostre parti è quella che ha preso il nome di operazione “Re Mida”. Nel 2007 le indagini della Guardia di Finanza portò agli arresti domiciliari V. A., di Castelvetrano, due imprenditori di Palermo, Calcedonio e Alessio Di Giovanni, padre e figlio, i mazaresi Pietro Tranchida, ragioniere, e Simone Lentini, commercialista. Oltre a loro altre 13 persone finirono nel registro degli indagati. Secondo gli inquirenti sarebbe stata messa in atto una maxi truffa da 30 milioni di euro ai danni dello Stato volta all’ottenimento di contributi pubblici per la costruzione sulla carta, o soltanto in parte, di strutture ricettive a Triscina. L’operazione prende il nome “Re Mida” perché secondo gli inquirenti la figura centrale, chi faceva diventare oro tutto ciò che toccava, sarebbe stato V. A., che era colui che curava le pratiche relative alle richieste di finanziamento e a volte acquistava anche le società interessate (e con essa il decreto di finanziamento). Il processo in corso a Marsala nasce da quella operazione del 2007, e da quella stessa operazione, un anno dopo, il Ministero delle Infrastrutture revocò i contributi. Sempre nel 2008 beni immobili per un valore complessivo di circa 3 milioni di euro sono stati sequestrati dai finanzieri del nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza di Trapani. Tra i beni sequestrati una villa di Valderice risalente al 19° Secolo. Adesso sono trascorsi parecchi anni dai fatti contestati, nel frattempo sono state varate leggi per accorciare i tempi di prescrizione di vari reati e il processo potrebbe dirigersi verso un binario morto. Cosa che non vuole il pm Nicola Scalabrini che ha comunque chiesto le condanne soltanto per il reato di tenta truffa consumatori nel 2005, con la richiesta di erogazione della terza tranche del finanziamento. Per questo capo d’imputazione Scalabrini ha chiesto al giudice 5 anni di carcere e mille euro di multa per V. A.. La condanna a due anni e mezzo di carcere è stata chiesta per l’architetto Pietro Polizzi, a due anni per Simone Lentini. Per Francesco Puglisi, Nicolò Di Bella, Alceo Galan, Carlo Parmigiani, Salvatore Tarantino e Carmela Zanuccoli, anche loro imputati, il pm ha chiesto il non luogo a procedere per intervenuta prescrizione dei reati contestati. Alla sbarra sono finite anche altre società come la Numidia, Eurorame e Dental House, per le quali sono state chieste condanne ad ammende da 500 mila a 630 mila euro. Secondo gli inquirenti la truffa sarebbe stata ben congeniata, con artifizi contabili per ottenere contributi pubblici senza l’apporto di capitale proprio. Questo genere di truffe però, spesso rimangono praticamente impunite. Per la prescrizione breve dei reati, perché la giustizia è lenta e i fatti sono molto complessi da decifrare. E poi ci si mette anche la politica, e le leggi promulgate con l’intento di creare sviluppo economico, ma che in vari casi fungono da vere e proprie sanatorie. Come la legge Sviluppo Italia del precedente Governo Monti. Quattro righe nascoste tra le pieghe del decreto Sviluppo. Il governo ha silenziosamente deciso una sorta di colpo di spugna del quale non ha parlato nessuno: niente più controlli sui contributi erogati alle imprese attraverso la Legge 488. Amici imprenditori: avete incassato i vostri contributi? Potete dormire sonni tranquilli. “Le imprese beneficiarie delle agevolazioni - è detto infatti all’art. 29, comma 1, del decreto legge che il Parlamento ha convertito nell’agosto del 2012 - non sono più tenute al rispetto degli obblighi derivanti dal calcolo degli indicatori utilizzati per la formazione delle graduatorie”.

Fuori dal burocratese, la storia è questa: per avere il contributo milionario bisogna presentare un progetto valido e, infatti, si fa una graduatoria, dove chi rispetta alcuni “indicatori” viene privilegiato. Uno degli indicatori principali è quello della creazione di posti di lavoro: l’imprenditore riceve più soldi per la tua impresa in base alle persone che intendi assumere. Se poi ad un controllo lo Stato
scopre che in realtà non è stato assunto le persone che hai detto, o le hai licenziate quasi subito, allora per punizione devi restituire il contributo preso e scatta anche l’azione penale. Un altro indicatore è l’utilizzo di fondi propri. Lo Stato dà tanti soldi in proporzione a quanti ne mette l’azienda, per incoraggiarti ad investire. Se poi scopre che, in realtà,i soldi li ha messi solo su carta, si potrebbero passare dei guai. Ma con questo decreto è acqua passata. Perché, come è scritto, gli imprenditori che hanno avuto i benefici non sono più tenuti al rispetto degli indicatori.
C’è anche la morale. Il governo ci teneva a spiegare il perché ad un certo punto ha deciso di non controllare più cosa facevano gli imprenditori scaltri dei suoi soldi. E la morale è sempre quella: la crisi.
“La disposizione - è infatti scritto nella relazione tecnica presentata dal governo a supporto della legge - si rende necessaria poiché gli obblighi sono stati assunti dalle imprese in un contesto economico del tutto diverso da quello dell’attuale situazione di crisi”. Insomma, ciò che si è promesso fino a poco tempo fa soprattutto in termini occupazionali è oggi difficilmente realizzabile, sembra dire il governo, quindi di chiude un occhio ( o entrambi) se non sono state assunte le persone che erano state promesse di assumere. Magari sono stati dati contributi per assumere quindici persone e, invece, lavorano soltanto figlia e cognati. C’è la crisi e tutti abbiamo famiglia, in Italia.