Continua a fare discutere la notizia del trasferimento a Napoli del più importante investigatore antimafia della polizia trapanese, Giuseppe Linares, passato dalla direzione della Divisione Anticrimine della Questura di Trapani alla guida operativa della Direzione Investigativa Antimafia di Napoli.
Incarico prestigioso, certo, ma che priva il nostro territorio di una delle sue menti più brillanti. E' per questo che sono molti i commenti "agrodolci" sulla vicenda, che fanno notare come la promozione di Linares rappresenti anche un allontanamento da Trapani di un uomo che tanti risultati ha conseguito, con la sua squadra, negli ultimi anni. Sulla vicenda interviene il coordinamento provinciale di Libera, guidato da Salvatore Inguì:
La notizia ci inorgoglisce ma non avevamo bisogno di sapere in questo modo di avere a lavorare in provincia di Trapani, ad occuparsi di lotta alla criminalità organizzata e mafiosa, un bravissimo funzionario e dirigente di Polizia. Oggi riconosciamo che il Governo, il ministero dell'Interno e la Dia rendono merito alle capacità e alle qualità professionali e aggiungiamo noi personali, dott. Giuseppe Linares, uomo dalle doti non comuni, prossimo ad assumere l'incarico autorevole di capo del centro Dia della Campania, ma nel contempo ci chiediamo perchè una risorsa umana così importante non sia rimasta in Sicilia, utilizzata e sfruttata in Sicilia, nella lotta alla mafia, nella ricerca delle casseforti in mano a Cosa nostra, per la cattura del boss latitante Matteo Messina Denaro. Oggi non possiamo non ricordare le intercettazioni che fanno parte di atti giudiziari dove è stato posto il sigillo della pronuncia definitiva dove c'è scritto che mafiosi di grande calibro si sono puntualmente rivolti alla politica per ottenere la "cacciata" del dott. Linares da Trapani. Oggi è questo che sta avvenendo. Noi oggi come associazione Libera non possiamo essere contenti pensando alle sorti del territorio. Indubbiamente sappiamo che nel contrasto alle mafie ci sono e restano altri investigatori, ma ci impensierisce che ad una povertà di attrezzature vengano impoverite le risorse umane.
Sulla stessa falsariga il deputato del Pd Davide Mattiello, che è anche dirigente di Libera:
“Combattere la criminalità organizzata con metodo e continuità paga e, purtroppo, si paga. Questa la lezione a trent’ anni dall'omicidio del giudice Rocco Chinnici che seppe lavorare facendo squadra e specializzando saperi e competenze. Anche per questo desta preoccupazione la notizia della meritata promozione del dott. Linares alla guida della DIA di Napoli. Linares rappresenta ad oggi un caposaldo nella ricerca del super latitante Matteo Messina Denaro, boss del trapanese. Come lo Stato farà tesoro del lavoro di Linares? Perché la cattura di Messina Denaro resta una priorità”.
E c'è anche una interrogazione del gruppo del Movimento Cinque Stelle al Senato, di cui fa parte il trapanese Vincenzo Maurizio Santangelo:
Premesso che: la legislazione antimafia italiana di recente è stata interessata da innumerevoli interventi normativi, spesso richiesti dalla giurisdizione e dalla società civile, che hanno portato il legislatore ad utilizzare in modo più efficace la leva del contrasto alla proprietà illecita o illecitamente conseguita, grazie ad interventi nel campo dei diritti patrimoniali. Notevoli sono stati gli sforzi degli organi inquirenti e brillanti i risultati raggiunti dalle forze dell’ordine che, sfruttando le conoscenze acquisite sul fenomeno mafioso dai propri investigatori, hanno portato, in particolar modo nel Trapanese, ad importanti indagini patrimoniali sfociate nell’applicazione di misure di prevenzione antimafia. Ovviamente, non mancano le lacune che sollevano problemi interpretativi e che porranno ricorrenti dubbi agli organi giurisdizionali, ma l’obiettivo di un sistema normativo “antimafia” può ritenersi conseguito, perché i vuoti normativi ed interpretativi riguardano solo aspetti specifici, come ad esempio la tutela dei terzi di buona fede, e non aspetti generali. Tuttavia oggi, se da un lato siamo costantemente impegnati a migliorare la Legislazione Antimafia Italiana, dall’altro siamo preoccupati dal frequente infittirsi degli intrecci delle organizzazioni mafiose con pezzi di mondo politico che continuano a negare di sapere, di essere stati informati o intuito alcunché su alcuni di questi discussi personaggi. Sicuramente non bastano i magistrati, non bastano le forze dell’ordine per stroncare la criminalità organizzata ma occorre piuttosto, oggi più che mai, uno sforzo culturale del mondo politico per evitare che tutti quei soggetti che si sono sempre schierati e si sono impegnati nella lotta alla mafia si vedano costretti, a dover abbandonare quell’incarico che con grande merito hanno ricoperto. Non si comprende infatti come quei soggetti che per anni hanno profuso la propria professionalità nel combattere il fenomeno mafioso possano oggi correre il rischio di essere trasferiti in altri uffici per essere, paradossalmente, allontanati dal fronte. Più volte i sottoscritti interroganti, hanno sostenuto che il silenzio su questi temi da parte di chi occupa cariche istituzionali non fa altro che rafforzare il sistema mafioso;
si chiede di sapere quali atti il Ministro in indirizzo intende adottare al fine di: - tutelare le competenze acquisite dagli inquirenti sul fronte della lotta alla mafia; - evitare trasferimenti di funzionari e/o dirigenti che dopo aver manifestato indubbie capacità investigative, in particolar modo in Sicilia, rischiano di essere spostati in uffici lontani dal fronte mafioso, vanificando in tal modo il loro operato e svilendo le competenze e gli sforzi profusi nella lotta alla criminalità organizzata.