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20/09/2013 06:46:00

La sofistica midolla. Il caso di Megaservice

La sofistica midolla e' quella del cane che, di fronte ad un succoso osso, lo guarda e lo addenta, con cura e volutta', con l'unico scopo di arrivare al midollo, perche' "quel poco e' piu' delizioso del molto di ogni altra cosa" (Rabelais). E' la prima cosa che mi dice Federico Bruno, ingegnere e direttore tecnico di Megaservice spa, societa' partecipata al 100% della fu Provincia Regionale di Trapani. Una societa' che e' piu' pubblica che privata, in pratica. Ed e' singolare, contundente quasi, la stanchezza che segna lo sguardo di Federico. E le sue parole. Una stanchezza inizata sui tetti della Provincia, mesi fa, e da li' mai scesa. Di Megaservice si e' parlato, tanto e male, di una societa' messa in liquidazione "al fine di evitare una gestione antieconomica, con serie ripercussioni negative sul bilancio della Provincia" (cit.). Perche' ormai il cliche' e' quello del lavoratore fannullone e della societa' inadempiente che, dopo aver causato buchi milionari, chiede all'Ente di salvare capre e cavoli. Ma anche nella favola ci sono due punti di vista: quello di Cenerentola e quello della sorellastra. E' una lunga favola, quella di Megaservice, e non finisce bene. Ma sveliamo subito un arcano che fa la differenza: Megaservice e' una societa' "in house providing", ovvero dipende amministrativamente in tutto e per tutto dall'Ente partecipante, che deve formulare i piani industriali ed assolvere ad un regime di controllo analogo: per cui, l'amministratore delegato della partecipata non ha alcun potere ne' dovere in merito, se non quello del buon senso.
La favola Megaservice trova il suo fulgido apice nel 2008, quando Antonio D'Ali' allora Presidente della Provincia, la definisce una societa' pilota con problemi occupazionali risolti, per cui si prevede rilancio e ampliamento fino a poter assorbire parte dei precari ex art. 23 e LSU. Megaservice gode di ottima salute. Tanto che, la Provincia chiede un piccolo sforzo di conversione dei contratti, in previsione di nuove commesse con indirizzo tipologico lavori, portando al 60% i contratti edili rispetto al 40% dei contratti servizi. E questa operazioncina ha pero' l'effetto di fare schizzare i costi contrattuali annui da 1900mln di euro a 2600mln annui. Ma poiche' e' l'Ente che fa i controlli analoghi, e Megaservice sta benissimo, si prevedono commesse in aumento. Megaservice prende una strada imprenditoriale, invece di bloccare i ricavi su cui effettuare una razionalizzazione dei costi, attraverso la stipula di una sicura convenzione. Ma la favola resta tale e cosa accade non e' ben chiaro, perche' di fatto l'Ente, nella competenza dell'Ufficio controllo partecipate del 3 settore e dei rami istituzionali dell’Ente per competenze, non ha mai presentato delle pianificazione preventive per l'anno successivo, senza mai fare una commisurazione tra commesse e costi di produzione, cosa che lasciava in uno stato di incertezza la Megaservice. Sta di fatto che, dal 2009 in poi e regolarmente, accade che le commesse sono sempre pari o poco superiori al costo contratti, causando perdite ingenti sui costi di produzione, costi personale e spese generali. I costi aumentano a dismisura quando, per direttiva dell'Ente, si sceglie di diminuire le commesse manutentive in favore di quelle più specialistiche relative all’esecuzione di opere su progetti esecutivi. Commesse progettuali che, nel Patto di Stabilita', ricadono per tipologia in conto capitale, incidendo sullo sforamento. Morale: i lavori e i servizi sono garantiti da Megaservice, che si indebita, dovendo approntare il pagamento dei costi di cui l'Ente non puo' garantire l'avanzamento, avendo sforato il suddetto Patto. Non ultimo, la mancanza di pianificazione porta ad un accrescimento di lavori di "somma urgenza" (il cui mancato adempimento e' sanzionato in penale), che incidono di oltre il 24% sul fatturato, implicando per la contemporaneità degli interventi ulteriori assunzioni a tempo determinato alle 68 unita' operanti, in quanto il loro contratto edile non prevede ancora il dono dell'ubiquita' sui cantieri. Si crea un buco di circa 4mln di euro. Ma sono tempi di Spending Review e le societa' in siffatte condizioni hanno da esser liquidate, la Legge lo impone. Dice l'Ente. Ma anche no, dice la Consulta: come si fa a non garantire piu' i servizi o a stabilire un discrimine tra una societa' ed un'altra? Si fa si fa.... Soprattutto se il problema, cosi' come la volonta' liquidatoria, e' antico: ufficialmente dal 2011, quando in Consiglio provinciale si esprime la proposta di esternalizzare i servizi offerti da Megaservice. E far, pian pianino subentrare i privati. Spending Review o meno, l'epilogo di questa faccenda e' noto: dopo tavoli tecnici regionali e provinciali, l' occupazione dei tetti della Provincia da parte dei lavoratori, Megaservice e' in liquidazione da febbraio 2013 e 67 famiglie in ambasce. Perche' poi, sapevatelo, una societa' partecipata interamente ad un Ente pubblico, non garantisce la cassa integrazione in deroga. E i Commissari liquidatori, tengono bene a precisare che le responsabilita' sono di Megaservice, dei suoi amministratori e forse anche degli operai, per buona misura: costoro che, sfacciatamente oserei dire, chiedono all'’Ente partecipante cui hanno garantito continuita' e qualita' dei servizi per anni, di salvarli. Oibo'. In effetti, avrebbero potuto chiedere all'Ente un piano di produzione anni prima; avrebbero potuto chiedere perche' questi azzardi imprenditoriali su una societa' sostanzialmente pubblica e vincolata mani e piedi all'Ente; perche', se queste commesse erano sempre e sistematicamente al di sotto di un limite di sopravvivenza, non cambiare la formula da contrattuale a convenzione? Perche' remare contro se stessi, in definitiva: individuata la falla invece di ripararla? Sembra quasi ci si sia disinteressati al suo futuro. Gia', perche' non glielo avete chiesto, Federico? Perche' e' impensabile, contro ogni logica, che una madre vada contro la sua creatura. Che si lasci alla deriva una societa' che, per ammissione della Provincia funzionava benissimo, che garantiva servizi fondamentali e di utilità pubblica, che avrebbe potuto creare possibilita' occupazionali per centinaia di famiglie, risolvendo parte delle attualissime problematiche degli ex articolisti, per esempio. Perche' e' impensabile un rimpallo delle responsabilita', quando esse sono chiare, definite dalla natura giuridica della Megaservice: una holding providing. Non ci si vuol credere, nemmeno oggi. Dalla liquidazione pero', Federico e i suoi compagni non si sono mai fermati: tavoli tecnici in Regione a iosa, alla presenza delle rappresentanze sindacali ed in assenza, muta e perpetrata, del Presidente Crocetta, che elargisce dotti "pizzini" ma non risponde nei meriti. Fino ad oggi. Il Comune di Castelvetrano, in barba a responsabilita' sociali e politiche di ciascuno, riunisce per fine mese un tavolo di concertazione permanente tra tutti i Comuni per trovare una soluzione per questi figli del territorio: perche' gran parte dei lavoratori Megaservice provengono dall'Imam di Castelvetrano. Crocetta oggi, incalzato da domande precise nel corso della trasmissione "Coffee Break", che ha deciso di seguire mediaticamente questa vicenda, si e' impegnato a partecipare al tavolo di Castelvetrano per trovare una soluzione percorribile, magari attraverso il nuovo canale Airgest, ora in quota alla Regione. Questo tavolo castelvetranese ha molti nomi: Chiamalo campanilismo, chiamala propaganda o anche illusione. Che i lavoratori la chiamano speranza. Non speranza di un provvedimento assistenzialista, di un ammortizzatore sociale che e' carita', ma speranza di rimettere a servizio le professionalita', senza pretese e con qualsiasi mansione: a servizio di questa terra. Questa loro terra che li ha usati, guardati e pasciuti; di loro, di cui si e' vantata e glorificata, di cui ha assaporato capacita' e competenze. Fino in fondo, fino all'essere.
La sofistica midolla, che rimane li', sospesa in unico enorme "perche', negli occhi di Federico e dei 67 lavoratori Megaservice, che la dignita' se la sono portata sul tetto e non e' in vendita.

Valentina Colli