Si è concluso ieri il processo "Golem 2", che, davanti al Tribunale di Marsala, ha visto imputati i protagonisti del blitz delle forze dell'ordine che, tre anni fa, decapitarono la cosca dei Messina Denaro. Ecco condanne e assoluzioni: Messina Denaro 10 anni in continuazione; Arimondi Maurizio 12,6 anni; Catalanotto Lorenzo 13,6; Catania Tonino 13 anni; Manzo Marco 4 anni; Nicolosi Nicolò 2,3 anni; Panicola Vincenzo 10 anni; assolti invece Stallone Giovanni, Sammartano Filippo, Cangemi Calogero, Filardo Giovanni ed Ippolito Leonardo; parti civili: € 25.000 provincia; € 50.000 ai comuni costituiti (il Comune di Marsala non c'era), 5000 Addio Pizzo; 10.000 Associazioni Antiracket; 25.000 per Spallina e Perrone; 40.000 per Pasquale Calamia, consigliere comunale del Pd al quale fu bruciata la casa. Oggi Calamia è vice capo di gabinetto dell'assessore Lo Bello alla Regione, e ha da poco ricevuto una nuova intimidazione, perchè una mattina ha trovato le quattro ruote dell'automobile tagliate e a terra.
Il nome in codice dato all'operazione investigativa, e dunque al process, appartiene alla mitologia ebraica, Golem per l’appunto. Golem perché le persone arrestate avrebbero agito sotto gli ordini di Matteo Messina Denaro, come servi.. I pm della Dda di Palermo, Paolo Guido e Marzia Sabella, nei confronti di tredici imputati processati per mafia, estorsioni, danneggiamenti, favoreggiamento, avevano fatto richieste di pena pesanti: Matteo Messina Denaro (30 anni), Maurizio Arimondi (16 anni), Calogero Cangemi (14 anni), Lorenzo Catalanotto (20 anni), Tonino Catania (21 anni), Giovanni Filardo (21 anni), Leonardo Ippolito (18 anni), Marco Manzo (6 anni), Nicolò Nicolosi (6 anni e 3 mesi), Vincenzo Panicola (16 anni), Giovanni Risalvato (25 anni), Filippo Sammartano (5 anni e 3 mesi), Giovanni Stallone (4 anni e 2 mesi). I pubblici ministeri nella loro requisitoria avevano ricostruito l’ultimo dei pezzi di storia riguardanti la latitanza del capo mafia e di come lui riusciva a collegarsi con i suoi complici, al Tribunale hanno anche affidato una maxi memoria di 800 pagine.
Le complesse attività di indagine e processuali, hanno consentito di individuare ruoli, strategie, modalità operative di Cosa nostra trapanese, proiettata ad assumere condotte illecite, funzionali alla realizzazione degli interessi dell’associazione medesima, capitanata dal boss trapanese Matteo Messina Denaro, vertice della struttura colpita. I soggetti condannati hanno svolto un fondamentale ruolo nel sostegno alla latitanza di Messina Denaro, assicurandogli, tra le altre cose, il mantenimento di riservati canali di comunicazione con i componenti di vertice di Cosa nostra palermitana. L’azione di copertura è consistita anche nel garantire a Messina Denaro documenti d’identità falsi ma soprattutto nel realizzare una rete per garantire costanza ad una martellante azione estorsiva, richiesta di tangenti ad imprenditori locali. Tra le vicende scoperte alcuni incendi ordinati dal boss, come quelli che hanno colpito il consigliere comunale Pasquale Calamia, colpevole di avere auspicato in consiglio comunale a Castelvetrano la cattura di Messina Denaro, o l’imprenditore Nicolò Clemenza che si era fatto promotore della creazione di un consorzio di produttori oleari che avrebbe dato fastidio al super latitante. Intercettato dagli investigatori fu anche il sistema di “comunicazione postale” della mafia, ossia Messina Denaro con assoluta puntualità periodica provvedeva a garantire lo scambio di pizzini all’interno della cosca. Fu in questa fase che la polizia scoprì l’ex sindaco di Castelvetrano Tonino Vaccarino che si relazionava segretamente con Matteo Messina Denaro.