Quarta puntata del viaggio all'interno della mafia in provincia di Trapani e del sistema di potere del super latitante Matteo Messina Denaro con i fatti emersi nel corso del processo scaturito dall'operazione Golem II. Qui le puntate precedenti (1 - 2 - 3).
E’ come il battesimo, come la prima comunione. Un evento speciale. Incontrare per la prima volta il boss. Da lì dipende tutto. Il picciotto arriva al cospetto del boss, accompagnato da una sorta di tutor e poi viene presentato. Tutto ciò dopo una gavetta fatta di intimidazioni a imprenditori che non vogliono pagare, spacciatori che fanno le teste calde, attentati qua e là. Anche in cosa nostra bisogna fare la gavetta, e gli affiliati vengono scelti dopo un'attenta selezione. Non ci sono colloqui o curriculum da inviare. Si fa tutto a mezza bocca, si deve essere predisposti.
E’ andata così per Tonino Catania, affiliato al mandamento di Castelvetrano. Entrato nelle grazie prima di Filippo Guttadauro, poi di Salvatore Messina Denaro il fratello del super latitante ricercato da 20 anni. E’ successo così anche per Lorenzo Catalanotto. Per entrambi il Tribunale di Marsala ha deciso che hanno fatto parte della rete di fiancheggiatori di Matteo “u siccu”, che favevano parte della consorteria mafiosa in quel di Castelvetrano e dintorni. Per loro è arrivata la condanna a 13 anni di carcere.
LA GAVETTA. Di Tonino Catania i pm scrivono che “in numerosissime occasioni ha offerto i suoi determinanti contributi all’associazione, sia attraverso la diretta perpetrazione dei reati-scopo della consorteria, sia soprattutto attraverso una serie di altre condotte fondamentali per il perseguimento delle finalità associative”. Tonino Catania in tutto ciò che faceva aveva un tutor, ed era l’anziano Girolamo Casciotta, anche lui come Catania di Partanna, chiamato “u Zu Mommu”. Ha cominciato dal basso Catania, facendo il factotum a Zu Mommu ( che è deceduto proprio durante le indagini). Il vecchio e il giovane. Siamo negli anni 2005-2006 e il mandamento di Castelvetrano era guidato da Filippo Guttadauro, cognato di Matteo Messina Denaro. Catania sarà sempre riconoscente al suo tutor. Viene intercettato, nel febbraio 2006 proprio mentre parla con Giovanni Risalvato elogiando il vecchio “zu mommu” e criticando i giovani di oggi, scapestrati senza maniera.
CATANIA: però ti dico una cosa Giovà! Il vecchio … dico il vecchio per capirci noialtri! Il vecchio vedi che ne conosce “cristiani” ah! E sembra bello … di quello è veramente cristiano … di cosa … minchia le porte sempre aperte ce le ha! E te lo dico io!
RISALVATO: E’ un “cristiano” che si comporta in una certa maniera!
CATANIA: Si e sappiamo che non sono sti picciotteli di oggi!
RISALVATO: Solo che sono finiti questi “cristiani”
Poi Casciotta muore, nell’ottobre 2007, e gli affiliati si dispiacciono. Rimane un vuoto da colmare a Partanna. “Ora il vecchio è morto dobbiamo vedere quello che esce fuori … Avevamo il vecchierello e vedi che proteggeva anche te.. e ora ci deve proteggere qualche altro”.
LA PRESENTAZIONE AL BOSS. Fu proprio Casciotta ad aver presentato Tonino Catania all’allora capo mandamento di Castelvetrano Filippo Guttadauro. Un’occasione indimenticabile. Catania faceva già parte del gruppo d’azione. Già da parecchi mesi prestava servizio, era nell’organizzazione insomma. Accompagnava l’anziano boss di Partanna, era il suo braccio destro. Poi arriva la presentazione ufficiale al capo. E Catania ne resta folgorato.
L’occasione, scrivono i Pm, “rappresenta uno spaccato della vita associativa, delle ambizioni e/o aspirazioni che ciascun sodale coltiva all’interno del sodalizio e del riconoscimento del prestigio (quasi sacrale) di coloro che rivestono posizioni di vertice in Cosa nostra”. Dopo la presentazione ufficiale Casciotta e Catania commentano quanto successo. Catania è euforico.
CATANIA: Minchia … zio Mommo … gli ho dato una stretta di mano …
minchia stretta di mani zio Mommo …minchia quello non appena ha visto la stretta … minchia me l’ha stretta fenomenale … che è zio Mommo
CASCIOTTA Quando uno … deve essere uomo … non deve essere un testa di micnhia
CATANIA: Zio Mommo … perché …
CASCIOTTA: Per testa di minchia … e testa di minchia ci stiamo a casa nostra …
Catania assilla l’anziano “tutor”. Casciotta prima della presentazione si era intrattenuto qualche minuto con Guttadauro e Catania era curioso di sapere cosa si fossero detti.
CATANIA: Eh … appunto! Eh… che cosa gli ha detto?
CASCIOTTA: … lui soddisfazioni no né ha mai dato a nessuno
Gli ho detto … senti qua … io sò questa cos … gli ho detto: senti qua prima che parli tu … parlo io! Gli ho detto: io non voglio sapere niente! …
… io non voglio sapere niente … ti raccomando a questo picciotto! E basta! “Sta bene!” con due parole uno lo deve capire …
CATANIA: E basta! Lo vede che è bello quando io gli dico … quando uno deve parlare deve farlo direttamente … quanto vale quello che unu a da dire … perché lui sa per davvero … le parole che cdice … porca miseria (breve pausa) … e gli ha detto niente dei nostri affari … niente preciso perciò … minchia è vero e verità … ma questo non parla mai?
Catania è affascinato. Ha conosciuto il boss, è come una fan che incontra il suo idolo.
“Minchia io ci farei un romanzo ogni giorno con questo (ride) … a dire … Allora niente zio Mommo manco una parola a dire: minchia … ma come l’ha saputo … niEnte completamente?”
CASCIOTTA: Ma che fa scherzi? Che si dicono queste cose? Come lo sa … e come l’ha saputo? Io gli ho detto: c’è questo … questo e questo! Gli ho detto: non voglio sapere niente! Voglio sapere che deve lavorare questo picciotto!
E Catania lavorerà. Lavorerà parecchio per l’organizzazione. Anche dopo l’arresto di Guttadauro e la scarcerazione di Salvatore Messina Denaro. Intimidazioni, attentati incendiari. Aiuterà a trovare i soldi da mandare a Matteo Messina Denaro. Aiuterà a trovare una casa, un rifugio in cui dovrà trasferirsi nottetempo il superlatitante. Piano piano la sua posizione all’interno dell’organizzazione si fa più rilevante. Quello della ricerca di un covo per il boss è un incarico molto delicato, destinato soltanto ai fidatissimi.
A SCUOLA DI MAFIA. C’è chi veniva reclutato per la fedeltà, e chi per le indubbie “capacità”, dentro Cosa nostra. Ma doveva ancora imparare qualcosa. A disciplinarsi un po'. Come Lorenzo Catalanotto. Anche lui condannato a 13 anni di carcere. Il suo arruolamento nell’organizzazione viene spiegato da Giovanni Risalvato a Tonino Catania. I due vengono intercettati proprio mentre Risalvato, fidatissimo del super latitante Matteo Messina Denaro, raccontava la voglia di fare di Catalanotto e la sua particolare qualità. Quella degli attentati incendiari. Scrivono i pm nella memoria d’accusa: Le ragioni risiedevano proprio nella particolare inclinazione di costui (Catalanotto, ndr) a realizzare attentati incendiari attraverso l’uso di liquidi infiammabili (RISALVATO: “tutti i giorni… minchia tutti i giorni veniva mi raccontava una cosa, e gli dicevo: “minchia ma cosi noi altri ci vuole una pompa di benzina”) fatto per cui veniva prontamente addestrato dalla famiglia mafiosa di Castelvetrano (“ma questo valido è ! minchia ! però io me lo sono addestrato … hai capito ?” non mi ha detto mai no! certe volte viene, minchia sempre…” andiamo zu GIOVA’”… l’ho portato con me… dice… che dobbiamo fare ? gli ho detto… … minchia da allora ci ha preso gusto! ora uno e due mi dice: “ andiamo, andiamo!”). Intraprendenza, voglia di fare, attitudine al problem solving, predisposizione al lavoro di gruppo, opportunità di carriera, offresi formazione e affiancamento. Ecco a voi il settore risorse umane di Cosa nostra.