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28/12/2013 06:35:00

Dal "Serraino Vulpitta" a Lampedusa. Presidio a Trapani per i migranti

Una manifestazione in ricordo dei migranti vittime del mare e dei centri di identificazione ed espulsione contro le leggi sull'immigrazione, oggi a Trapani, organizzata dal gruppo Coordinamento per la Pace e dal Gruppo Anarchico “Andrea Salsedo”. La manifestazione comincerà alle 17 in  Corso Vittorio Emanuele/Via Torrearsa – davanti Palazzo Cavarretta. Si tratta di un presidio antirazzista, "per ricordare - scrivono gli organizzatori - Rabah, Nashreddine, Jamel, Ramsi, Lofti, Nasim morti nel rogo del 1999 al Centro Serraino Vulpitta di Trapani e di tutti i migranti vittime delle frontiere e del razzismo di stato. Per la chiusura del CIE di contrada Milo, e di tutti i CIE. Per l’abolizione delle leggi razziste. Per l’eliminazione del legame obbligatorio tra contratto di lavoro e permesso di soggiorno. Per l'apertura delle frontiere, la libertà di movimento di tutte e tutti, in Italia e nel mondo. Per la solidarietà e la giustizia sociale, contro il razzismo e la repressione. Per una Sicilia smilitarizzata, terra di pace e di accoglienza, senza il Muos e le basi di guerra".


Il ricordo resta sempre vivo. Lo sgomento per la strage di immigrati nel Centro di permanenza temporanea “Serraino Vulpitta” di Trapani si rinnova ogni anno nel dolore e nella rabbia per le morti e le sofferenze che, ancora oggi, colpiscono gli immigrati nel nostro paese e in tutta Europa.
Solo pochi mesi fa, anche se nessuno ne parla più, centinaia di donne, bambini e uomini sono morti affogati al largo di Lampedusa, nell'ennesima strage dell'immigrazione. Nelle nostre campagne, a Campobello di Mazara, un ragazzo senegalese è bruciato vivo per l'esplosione di una bombola nella baracca allestita nel campo di lavoro dove gli immigrati lavorano la terra in condizioni infami, sottopagati da padroni italianissimi a cui poco o nulla importa dei diritti di questi nuovi schiavi.
Pochi giorni fa, un ragazzo eritreo di 21 anni si è impiccato nel Centro richiedenti asilo di Mineo, vicino a Catania, annichilito dall'attesa per un pezzo di carta che gli desse la libertà di andare per la sua strada.

Non abbiamo alcun timore nell'additare l'Unione europea, lo Stato italiano, i suoi governi, le loro leggi, quali responsabili morali e materiali di questi lutti.
Non ci stancheremo mai di ripetere che se le leggi sull'immigrazione non fossero così restrittive e assassine, le persone non sarebbero ritenute “clandestine”, non affronterebbero viaggi così pericolosi, e non morirebbero così.
Se le leggi non fossero così irrazionali, i richiedenti asilo non sarebbero costretti ad aspettare mesi, in centri di “accoglienza” come quello di Salinagrande, per conoscere il loro destino.
Se le leggi sull'immigrazione non fossero così classiste e razziste, gli immigrati potrebbero rivendicare i loro diritti sul lavoro, non sarebbero in balìa degli sfruttatori e dei trafficanti di uomini, e non sarebbero terrorizzati dalla detenzione amministrativa nei Centri di identificazione ed espulsione (CIE).
In tutta Italia molte di queste prigioni per soli immigrati sono state chiuse, o perché troppo costose, o perché sistematicamente devastate dalle rivolte dei reclusi. A Trapani, il CIE di Milo è stato teatro - dalla sua apertura - di continue proteste, atti di autolesionismo, fughe di massa, perché le persone imprigionate sono stanche di vivere dietro le sbarre senza aver commesso alcun reato.

Mentre i politici, con il solito allarmismo, hanno definito “emergenza-sbarchi” l'arrivo – in tutto il 2013 – di appena 35.000 persone (gran parte delle quali profughi di guerra), l'unica risposta di cui sono stati capaci è la solita: militarizzazione delle frontiere mascherata da intervento umanitario (operazione “Mare Nostrum”) e, qui in Sicilia, riduzione dell'Isola a portaerei Usa e Nato per il controllo del Mediterraneo e del Medioriente (radar Muos a Niscemi, basi aeree di Birgi e Sigonella).

In questi tempi di crisi, con le piazze agitate da personaggi discutibili e da parole d'ordine autoritarie e reazionarie, a qualcuno potrebbe sembrare che i diritti dei migranti siano l'ultimo dei problemi.
E invece, come abbiamo sempre sostenuto, la progressiva compressione della libertà e dei diritti a scapito degli immigrati ha soltanto anticipato l'erosione della libertà e dei diritti che oggi piangiamo tutti, a beneficio dei soliti noti: padroni, politici, privilegiati di ogni sorta.

Ecco perché la lotta per la libertà dei migranti è, in definitiva, la lotta di noi tutti.