Circa tremila torri da 100 e più metri su tutto il territorio della regione. L’equivalente di tremila grattacieli piantati in aree spesso di pregio dal punto di vista ambientale. In parallelo investimenti per 8,468 miliardi e un giro d’affari, solo di incentivi statali, di quasi 26 miliardi in vent’anni. E’ questo il fronte difeso a spada tratta dall’assessore all’Energia Nicolò Marino che pur di portare a termine il lavoro avviato ad agosto con la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale della Regione siciliana del decreto con il calendario delle conferenze di servizio decisorie che autorizzano nuovi impianti eolici in Sicilia ha rotto con il Pd e persino con il governatore Rosario Crocetta.
Un tema, quello dell’eolico, che è stato argomento di rottura tra l’assessore regionale e il governatore siciliano Rosario Crocetta ed è stato oggetto di uno scontro politico forte tra il magistrato che è sempre più politico e che secondo alcuni aspira anche a una candidatura per le prossime elezioni europee e il partito di Crocetta, il Pd. Braccio operativo dell’assessore il direttore generale Maurizio Pirillo che porta avanti la macchina amministrativa. Nonostante le dichiarazioni del governatore e la delibera di giunta con cui è stato deliberato lo stop (cui il Tar di Palermo ha recentemente dato torto sostenendone la non legittimità), accogliendo le indicazioni da parte del Pd e in particolare di Antonello Cracolici, l’assessore ha dichiarato che non intende fermare l’iter autorizzativo ponendosi così in aperto contrasto con il presidente della Regione e il maggiore partito dell’Assemblea regionale tanto da provocare una reazione stizzita da parte di Crocetta: «Lo stop all’eolico è nel programma del mio governo, se l’assessore non è d’accordo tragga le conseguenze del caso» è stata più o meno la dichiarazione di Crocetta. Se non un invito alle dimissioni poco ci manca. Anche perché quelle dichiarazioni dell’assessore all’Energia hanno avuto intanto l’effetto di provocare altre turbolenze politiche con ricadute evidenti anche in Aula, proprio mentre si stava discutendo della legge finanziaria o di stabilità che dir si voglia. Insomma uno sgambetto al governo da parte dell’assessore che non è passato inosservato.
In ogni caso Marino resta al suo posto e dopo aver annunciato (ma non ancora presentato) il cosiddetto piano di individuazione delle zone idonee (in cui vengono individuate le zone idonee e non idonee all’installazione dei pali eolici) che era stato richiesto dai parlamentari (Cracolici in testa) e dallo stesso Crocetta ha già detto che non intende fermare le conferenze di servizi: il decreto, tra l’altro, porta la firma del direttore generale ed è lui che può (e dovrebbe sulla base delle indicazioni di giunta) revocare l’atto. Ma tant’è non risulta agli atti alcuna revoca e dunque in perfetta coerenza con quanto dichiarato a metà dicembre dall’assessore: «Le conferenze di servizio sull’energia alternativa ripartiranno presto. L’eolico non può essere stoppato. E chi lo dice, racconta bugie». Dovrebbe spiegarlo meglio al direttore generale del dipartimento che fa capo al suo assessorato Pirillo il quale nell’introduzione al rapporto sulla produzione energetica in Sicilia ha scritto: «Con l’entrata in servizio di numerosi impianti di produzione di energia da fonte non programmabile, connessi prevalentemente alla rete di sub trasmissione, il rischio di portare a saturazione alcune porzioni di rete ad Alta tensione, con conseguente possibili congestioni, è elevato».
Non è questione di poco conto visto che se tutti e 96 i progetti presentati dovessero essere autorizzati si arriverebbe all’installazione, secondo un’elaborazione fatta su dati dell’Enea, di circa 3000 pali eolici (la stima è per difetto) sul territorio regionale: in pratica una torre eolica ogni 850 abitanti. Nuovi parchi eolici con una potenza pari, in totale, a 4.806 Mw che peraltro si aggiungerebbero ai 92 esistenti che hanno una potenza complessiva pari a poco più di 1.749 Mw. Nuovi impianti che garantirebbero, sempre secondo elaborazioni fatte su dati dell’Enea che presumono un’attività pari al 25% delle ore complessive di un anno, una produzione elettrica pari a 10.527.154,8 Mw/h per un totale di incentivi (soldi pubblici versati alle aziende proprietarie) pari a oltre 1,337 miliardi l’anno: considerando 127 euro per ogni Mw/h prodotto. In vent’anni (il periodo di attività di un impianto) le aziende incasserebbero così quasi 26 miliardi di soli incentivi. Tutto ciò a fronte di un investimento complessivo (secondo l’Enea il costo medio è di 1.740.000 euro per Mw) di 8,468 miliardi anche se secondo altre fonti i costi ufficiosi per ogni Mw di potenza si aggirerebbero intono al milione di euro e dunque l’investimento potrebbe fermarsi a poco più di 4 miliardi. In ogni caso un giro di denaro mostruoso: in pratica le imprese incasserebbero tre volte (o sei volte di più) di quanto investito grazie ai contributi pubblici. I cittadini invece pagherebbero due volte l’energia elettrica: una prima volta sotto forma di imposte destinate agli incentivi e una seconda per i consumi fatti. Ma questo è un altro discorso. Altro tema è quello dello scarso ritorno economico per il territorio che l’installazione di questi “tremila grattacieli” porterebbe alla Sicilia: «In mancanza di capitali e investitori siciliani, di industrie locali di produzione di macchine ed impianti, e in presenza di uno scorretto e sperequato (3% – 4%), grado di partecipazione a utili e guadagni d’impresa – spiega Francesco Cappello,
responsabile del Centro di consulenza energetica Enea della Sicilia -, da parte dei detentori primi della risorsa energetica, siano essi i proprietari dei terreni o i comuni e la Regione, il ritorno economico territoriale risulta davvero irrisorio, se non nullo nel caso in cui la Regione fosse davvero condannata a pagare i risarcimenti milionari richiesti dagli investitori, in genere non siciliani, per i ritardi autorizzativi o per le mancate autorizzazioni». Si consideri poi che per la installazione di una macchina eolica da 1.000 kW, dal costo di 1,0 – 1,3 milioni di euro, intervento che, grazie agli incentivi comporta un incasso lordo mediamente non inferiore ai 2780.000 euro per anno per 20 anni mentre viene riconosciuto un canone d’affitto del terreno di circa 3.500 – 4.000 euro per anno e un altrettanto irrisorio benefit alle casse comunali.
Mentre appaiono indubbi i problemi di compatibilità con i vincoli ambientali, paesaggistici, archeologici, agricoli e di altro genere presenti su tutto il territorio regionale. Il Piano di individuazione delle zone idonee, che l’assessore ha annunciato per fatto, è in verità in via di definizione: da una prima analisi fatta è emerso che così stando le cose pochi se non pochissimi impianti potrebbero essere realizzati visto che il territorio regionale è quasi totalmente sottoposto a vincoli di varia natura. I tecnici stanno così facendo i salti mortali per poter salvare il salvabile e accontentare così l’assessore che pur di portare a termine il piano ha messo a rischio il governo regionale in un momento molto delicato della politica regionale come quello dell’approvazione del bilancio e della legge di stabilità. In ogni caso per l’approvazione del piano ci vorrà tempo, al netto di tutte le pressioni politiche che arriveranno una volta che si avrà la stesura finale. Resta in piedi la domanda: perché, prima di convocare le conferenze di servizio, nessuno si è premurato di predisporre il piano che pure è obbligatorio? Ora che il calendario è fissato che si fa?
C’è poi la compatibilità del piano con il cosiddetto decreto Burder sharing, nell’ambito della strategia del 20-20-20: «Il decreto – scrive Pirillo – prevede una ripartizione tra le regioni degli obiettivi di produzione di energia da fonte rinnovabile rispetto al consumo finale lordo di energia. La Regione siciliana ha come obiettivo finale il 15,9% al 2020 di consumi Fer (termico+elettrico) sul consumo finale lordo. Tale obiettivo prevede degli step intermedi vincolanti: 10,8% al 2016 e 13,1% al 2018. Dalle ultime elaborazioni effettuate sui consumi, limitatamente alla domanda regionale di energia elettrica, le fonti rinnovabili coprono il 21%». L’asettica spiegazione del direttore generale non dice che non vi è alcuna fretta di realizzare nuovi impianti e che l’accelerazione avviata con la pubblicazione del decreto il 30 agosto ha fin qui avuto solo un risultato: smentire il programma con cui il presidente della regione si è presentato ai siciliani portando a casa l’elezione e smentire le dichiarazioni di tanti autorevoli rappresentanti del maggiore partito di maggioranza, il Pd. «La pianificazione energetica regionale (PEARS 2009) nel 2012 ha iniziato il percorso di monitoraggio dei risultati e aggiornamento degli obiettivi – spiega Cappello – . Questi ultimi, in particolare quelli di incremento dell’energia elettrica da rinnovabili, sono stati raggiunti e superati tanto nelle potenze autorizzate che nell’energia producibile a regime. Nel 2012 l’energia elettrica prodotta da FER ha raggiunto il 26% circa del fabbisogno finale (dati Terna). Anche per l’obiettivo intermedio, al 2012, del Burden sharing, la quantità di energia rinnovabile di tipo elettrico (FER-E) ha portato, da sola, al raggiungimento di un valore prossimo al 6% (circa 0,46 MTep) sul Consumo finale lordo (CFL) previsto al 2012 (7,46 MTep). Tale quantità sommata alla quota di fonti di energia rinnovabile di tipo termico (FER-C), permette di raggiungere l’obiettivo intermedio al 2012 (7% del CFL quello della Sicilia cioè 7% dei 7,46 MTep e quindi 0,522 MTep), della road map del 17-20-20 (per la Sicilia 15,9 non 17). E’ chiaro, ciò detto, che adesso occorrerà spingere di più sulle FER-Calore perché negli ultimi 4 o 5 anni il valore delle FER-E ha raggiunto già i tre quarti dell’obiettivo al 2020 (0,584 MTep) cosa che, sicuramente, non è avvenuto per le FER-C. E’ vero tuttavia che, tenuto conto della lentezza nell’autorizzazione e realizzazione degli impianti e del minore interesse causato dal calo degli incentivi, non ci si potrà cullare molto anche con le FER-E». Tradotto: è necessario darsi una calmata sul fronte dell’eolico e semmai accelerare sul fotovoltaico. Ed è sulla base di queste analisi che più di un addetto ai lavori solleva più di un dubbio: «Perché l’assessore Marino e il direttore generale si sono incaponiti sull’eolico? Cui prodest? Non guadagnano i cittadini, il territorio viene massacrato, non guadagnano gli enti locali, non guadagnano i proprietari dei terreni, i requisiti richiesti dal decreto burder sharing sono stati raggiunti, non lo vuole la maggioranza politica che governa la regione. Dunque in molti si chiedono: chi ci guadagna e perché tanta insistenza».