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12/02/2014 09:51:00

Voto di scambio con la mafia. La Cassazione conferma la condanna per Costa

Una brutta notizia per l’ex assessore regionale alla Presidenza David Costa (Udc). Rigettando il ricorso dell’avvocato difensore Paolo Paladino, la Corte di Cassazione, infatti, ha confermato al politico marsalese la sentenza con cui il 9 gennaio 2013 la sesta sezione della Corte d’appello di Palermo, derubricando l’accusa da concorso esterno in associazione mafiosa a voto di scambio politico-mafioso (416 ter), lo ha condannato a tre anni e otto mesi di carcere. In precedenza, dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa Costa junior era stato assolto sia in primo che secondo grado, ma il 7 giugno 2012 la Cassazione annullò, con rinvio, l’assoluzione decretata il 17 giugno 2010 dalla terza sezione della Corte d’appello di Palermo, che aveva confermato la sentenza di primo grado, emessa il 19 dicembre del 2006, al termine del processo con rito abbreviato, dal gup Antonella Pappalardo. L’accusa, sia in primo che in secondo grado, come pure nel processo d’appello bis, aveva chiesto la condanna a 5 anni di carcere. L’inchiesta fu coordinata dai pm della Dda Roberto Piscitello e Massimo Russo. David Costa fu arrestato il 15 novembre del 2005. Secondo l’accusa, il politico sarebbe stato ‘’interessato a ricevere il sostegno della famiglia mafiosa di Marsala’’ e nel 2001, nelle elezioni per il rinnovo dell’Ars, avrebbe ricevuto voti a fronte ‘’di erogazione di somme di denaro’’. Un medico, Giuseppe Galfano, nel 2001 candidato della ‘’Casa delle libertà’’ a sindaco di Marsala, riferì che il primo maggio dello stesso anno vide il capomafia Natale Bonafede, allora latitante, sull’auto blu con David Costa. Poi, però, inviò una lettera alla magistratura nella quale affermava di essersi sbagliato. Tra gli episodi contestati, anche la disponibilità a ‘’versare una somma di denaro di 100 milioni di vecchie lire ad un boss e, ad assicurare, una volta eletto, l’ ingerenza amministrativa nel Comune di Marsala’’. Il versamento non venne, poi, effettuato perche’, sostengono gli inquirenti, ‘’i boss preferirono non essere pagati’’. Trait d’union tra il politico marsalese e Cosa Nostra, sempre secondo l’accusa, sarebbe stato Davide Angelo Mannira’, poi, però, assolto dall’accusa di associazione mafiosa.