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23/03/2014 07:00:00

In memoria di Don Andrea Parrinello: il racconto di Vito Titone

Come già precisato la scorsa domenica, si avvia alle battute finali questo nostro lungo capitolo dedicato al ricordo settimanale di Don Andrea Parrinello, il grande personaggio sportivo che dal dopoguerra fino agli anni 70 ha rappresentato il principale punto di riferimento per tutti i giovani marsalesi che si sono avvicinati al mondo del calcio creando un vivaio di giovani calciatori che si sono affermati sia nei tornei giovanili che in molte squadre dilettanti e professioniste. Il nuovo racconto che pubblichiamo oggi fa parte di quella lunga serie di testimonianze che ci ha fornito il comitato nato appositamente e formato da Salvatore Lo Grasso, Emanuele Parisi, Totuccio Cardinale e Rino Bonomo. In attesa degli ultimi prossimi racconti domenicali, e delle altre iniziativa di diversa natura che verranno messe in campo sempre in memoria di Andrea Parrinello, eccovi, anche per questa domenica, il nuovo: quello di Vito Titone.

Episodio raccontato da Vito Titone  nato a Marsala il 27.07.1953. Ha giocato con l’Olimpia dal 1968 al 1969.
Come erano divertenti quelle interminabili partite di calcio disputate fino a tarda sera, per le strade del rione Porticella di Marsala, quando avevo circa 10-11 anni. Quanto  deprimente e complicato era, invece, il rientro a casa cercando di nascondere  le scarpe rotte e talvolta le ginocchia scorticate e sanguinanti. Meravigliosi ricordi rimasti indelebili nella mia memoria. Improvvisamente, un giorno del 1967, le cose sono cambiate diventando, diciamo, più professionali. Infatti Gaspare Pellegrino (detto funciddra) e Gaspare Palermo  mi hanno proposto di presentarmi al Sig. Andrea Parrinello per sostenere un provino, superato il quale, sarei stato accolto nella squadra di calcio  giovanile più importante  della città. Il provino è andato bene però, secondo Don Andrea, non ero abbastanza pronto per militare in prima squadra, cioè con l’Olimpia. Accettai comunque di giocare nella  squadra satellite “l’Avanti” dove ho disputato un ottimo campionato impegnandomi al massimo per far valere quelle che erano le mie capacità. L’anno successivo ero pronto per la grande occasione, finalmente potevo ricoprire il ruolo di mediano nella squadra dell’Olimpia. Il mio sogno era diventato realtà. Ho cercato di meritare la fiducia che Don Andrea mi aveva concesso mettendo in pratica i consigli e i suggerimenti che sapientemente mi dava. Guardandomi negli occhi, con modo deciso, mi ha detto che contava sul mio impegno e che, se non ne fossi stato all’altezza, avrebbe preteso indietro le scarpe che erano state di Giuseppe Colicchia (detto Montuori) già capitano dell’Olimpia e campione regionale  nel 1963.  Mi ha detto ciò per farmi comprendere che da me si aspettava moltissimo.   Sotto la costante guida di Don Andrea ho imparato alla perfezione come  colpire e controllare il pallone con ogni parte del corpo, quale comportamento adottare dentro e  fuori il terreno di gioco, quanto fosse importante l’affiatamento con i compagni e quanto determinante fosse  il controllo delle emozioni in particolari situazioni di entusiasmo  o sconforto. La sua maggiore soddisfazione la provava quando notava la squadra unita, compatta, affiatata, anche se non vincente. Faceva in modo che tutti i suoi ragazzi, titolari e non, si considerassero componenti di una stessa famiglia. Quell’uomo era un concentrato di altruismo, generosità e saggezza. Le sue condizioni di salute, causa di continui  sacrifici e pochissime attenzioni per la sua persona,  andavano progressivamente peggiorando. Diverse volte, alla fine degli allenamenti, mostrava segni  di  stanchezza,  faticava parecchio  a mettere a posto ogni cosa prima di tornare a casa. Sovente, insieme con qualche mio compagno,  gli davo volentieri una mano per  riporre le scarpe al loro posto, asciugamani, pantaloncini e magliette in lavatrice, pulire per terra e cose del genere.  Don Andrea aveva un eccezionale talento, quello di saper dialogare con i giovani, e lo ha interamente speso a favore  di  diverse generazioni di adolescenti della nostra città. Li individuava, li osservava sin da quando erano “piccoli e nessuno”. Pazientemente li coltivava, li addestrava e li formava insegnando loro il gioco del calcio. Come un buon padre di famiglia non trascurava di impartire lezioni di comportamento, di educazione, correttezza, insomma  rispetto  delle regole. Doti preziosissime per i giovani durante l’adolescenza e indispensabili  quando, diventati adulti, si sono trovati inevitabilmente davanti a  un bivio con la necessità di dover scegliere se andare  da una parte piuttosto che dall’altra. Poi, naturalmente, ogni ragazzo faceva la sua scelta e affrontava  la propria vita, magari  piena  di incertezze  ma, sicuramente  carica di un bene prezioso dentro al quale custodiva fiducia, speranza e insegnamenti che Don Andrea gli aveva regalato. La maggior parte  dei suoi  ex allievi, oggi sessantacinquenni, settantenni e anche ottantenni, lo ricorda per la sua forte personalità di educatore e per la capacità di attirare a sé i giovani, anche quelli più ribelli. Poi se ne occupava lui a calmarli e ridimensionarli.  E’ sorprendente come dopo tanti anni la piacevole conversazione con l’amico Totuccio Cardinale, parlando di Don Andrea, mi abbia suggerito queste lusinghiere considerazioni.  Era tanto tempo che non parlavo né pensavo più a quell’uomo a cui, durante la mia giovinezza,  ho dato tutta la mia stima e riconoscenza per tutto ciò che mi ha insegnato.  L’iniziativa di ricostruire la storia della squadra dell’Olimpia e di ricordare la figura di Don Andrea Parrinello, forse doveva essere presa  una decina di anni fa.  Ma come si dice?  Meglio tardi che mai!

 

 

Marsala, 13.12.2013.

                                                                                                                                      Vito Titone