La Direzione Investigativa Antimafia di Trapani, nel quadro delle attività istituzionali tese all’aggressione dei patrimoni illecitamente accumulati dalle organizzazioni criminali, ha confiscato, ai sensi della legislazione antimafia, beni per un valore complessivo di oltre 15 milioni di euro.
Il provvedimento ablativo è stato emesso dal Tribunale di Trapani – Sezione Misure di Prevenzione –, a conclusione del procedimento di prevenzione a carattere patrimoniale, avviato su proposta del Direttore della D.I.A., Arturo DE FELICE, nei confronti degli eredi congiunti di MICELI Ignazio, nato a Marsala (TP) il 30.08.1945, pluripregiudicato, imprenditore operante nel settore dei trasporti alimentari, deceduto il 28/01/2010.
L’applicazione di misura di prevenzione patrimoniale nei confronti di MICELI Ignazio, indiziato d’appartenenza all’associazione di tipo mafioso “cosa nostra”, operante nel territorio di Marsala (TP), ed indiziato del delitto di intestazione fittizia di beni, è stata richiesta dal Direttore della D.I.A. in virtù del “Codice Antimafia”, che consente di sequestrare, ai fini della confisca, i patrimoni degli eredi degli indiziati mafiosi, entro il quinquennio successivo al decesso degli stessi.
Nei confronti del MICELI Ignazio, imprenditore assai noto nel trapanese, già sorvegliato speciale di P.S., hanno concorso plurime circostanze che hanno consentito la sua collocazione in seno alla “famiglia” mafiosa di Marsala (TP).
Il predetto, nel 2003, veniva tratto in arresto, in esecuzione di provvedimento della D.D.A. di Palermo, perché considerato coinvolto a pieno titolo nelle attività delittuose poste in essere dalla cosca mafiosa marsalese, in particolare, quelle di natura estorsiva e della gestione, in via continuativa e stabile, della latitanza di alcuni suoi pericolosi esponenti. Le investigazioni, che portarono al citato provvedimento restrittivo, scaturivano dalle dichiarazioni rese dal collaboratore di Giustizia CONCETTO Mariano, già uomo d’onore della famiglia mafiosa di Marsala (TP) e dalle convergenti risultanze di intercettazioni ambientali e telefoniche che diedero vita a diverse fasi di un’ampia ed articolata operazione di Polizia, denominata “Progetto Peronospera”. Per tali reati, MICELI Ignazio, in primo grado, venne condannato a sei anni e otto mesi di reclusione, ma fu assolto, nel marzo del 2008, dalla Corte D’Appello di Palermo. Nel frattempo, l’azienda di trasporti gestita dallo stesso, denominata “A.F.M. TRASPORTI”, fittiziamente intestata a terzi soggetti, espandeva le proprie attività e la propria flotta commerciale, ponendosi come impresa leader della provincia trapanese nei trasporti di prodotti ortofrutticoli diretti ai mercati del sud Italia.
Lo sviluppo di un ampio progetto investigativo della D.I.A., frattanto, portava alla luce l’inquietante esistenza, all’interno dei più importanti mercati ortofrutticoli del sud del Paese, di una spartizione degli affari da parte delle principali organizzazioni malavitose e di una monopolizzazione del settore dei trasporti su gomma della camorra, del c.d. “clan dei casalesi”, lumeggiando, tra l’altro, i contenuti e le modalità di realizzazione di alleanze tra il predetto sodalizio criminale e varie espressioni territoriali della mafia siciliana.
Quelle indagini, infatti, avevano svelato le infiltrazioni ed i condizionamenti del clan “dei Casalesi – ala SCHIAVONE” nelle attività dei principali mercati ortofrutticoli del centro e del sud Italia, cui conseguiva anche il controllo dei trasporti su gomma. Inoltre, la disponibilità di una flotta di autoarticolati così imponente, costituita da numerosi automezzi, poteva essere funzionale anche ad altre attività illecite del clan “dei casalesi”, come il traffico di armi.
Il clan “dei Casalesi”, al fine di aggiudicarsi il controllo esclusivo nello strategico settore dei trasporti dei prodotti ortofrutticoli sulle tratte da e per la Sicilia, aveva stretto una vera e propria alleanza con emissari imprenditoriali di cosa nostra siciliana, individuati nei germani Antonio e Massimo SFRAGA, già tratti in arresto dalla D.I.A, e raggiunti, altresì, dal sequestro di beni del valore di oltre 11 milioni di euro, i quali avrebbero agito sotto l’egida e la direzione dell’anziano patriarca mafioso RIINA Gaetano, residente in Mazara del Vallo (TP), fratello del più noto RIINA Salvatore, detto “Toto’”, capo indiscusso di “cosa nostra”.
Beneficiario principale, sul versante siciliano della provincia di Trapani, dell’accordo affaristico-mafioso tra gli esponenti camorristi dei “casalesi” ed i mafiosi trapanesi sarebbe stato appunto MICELI Ignazio.
L’impegno della DIA contro le agromafie è emerso ancora, di recente, nel corso del sequestro di beni, operato all’interno del Mercato Ortofrutticolo di Palermo, del valore di oltre 250 milioni di euro, che ha confermato l’infiltrazione di cosa nostra nelle attività del Mercato, sia direttamente che a mezzo di “prestanome”, monopolizzando ogni attività all’interno di esso.
Il grande valore economico del comparto agroalimentare risulta, pertanto, fortemente condizionato dalle organizzazioni criminali di stampo mafioso e, quindi, privo delle regole proprie di un libero mercato, a discapito di una sana concorrenza fra gli operatori del settore.
L’odierna confisca ha interessato ditte individuali, società di capitali, beni immobili e mobili e diverse disponibilità finanziarie.
In particolare sono stati confiscati:
Il valore del patrimonio confiscato è stato quantificato in oltre 15 milioni di euro.