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19/04/2014 06:15:00

"Cosa nostra resort". Chiesta in appello la conferma delle pene

 Alla battute finali anche in appello il processo scaturito dall'operazione Cosa nostra resort, sulle inflitrazioni della mafia nell'imprenditoria e nella politica a Trapani e Valderice.

Il procuratore generale ha chiesto  a conferma della condanna dell'imprenditore valdericino Tommaso Coppola a tre anni di reclusione, di Giuseppe La Sala, Vito Gerbino e Vito Cardella ad un anno e quattro mesi ciascuno e dell'ex sindaco di Valderice Camillo Iovino ad un anno. I primi quattro devono rispondere d'intestazione fittizia di quote societarie mentre il quarto di favoreggiamento. Il processo, che si celebra dinanzi la seconda sezione della Corte d'Appello di Palermo, scaturisce da un'indagine della polizia riguardante una serie di società riconducibili all'imprenditore Tommaso Coppola. L'avvocato Maria Giovanna Massimo D'Azeglio, legale del Comune di Valderice, costituitosi parte civile, s'è associato alle richieste della pubblica accusa. Nino Marino, difensore di Iovino si  è opposto all'accoglimento della richiesta di condanna chiedendo l'assoluzione del suo assistito. Il processo proseguirà il 9 giugno.

In primo grado erano arrivate assoluzioni  per Salvatore Pirrone, Francesco Maggio e Francesco Mineo; a vario titolo erano accusati di truffa riciclaggio. Secondo l'accusa avevano le mani su finanziamenti pubblici provinciali e della Regione per alcune realizzazioni residenziali. E nel dispositivo di sentenza di primo grado sono arrivate anche varie confische di quote societarie cosi come interi complessi aziendali della Coppola Costruzioni S.r.L. e della Villa Coppola S.r.L. Anche le quote dello stesso Coppola nella Siciliana Inerti e Bituminosi oltre che della Residence Xiare sono state confiscate. Furono rigettate le domande di risarcimento avanzate dal Patto Territoriale Trapani nord e l'Associazione Antiracket costituitesi parti civile nel processo. Accolto invece, il risarcimento per il danno sofferto dal comune di Valderice. 20 mila euro l'importo sancito dal tribunale di Trapani.