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23/04/2014 06:35:00

Processo Rostagno, spazio a parti civili e alle difese. Tra due settimane la sentenza

 Aula affollata a Trapani anche oggi per la nuova udienza del processo sull'omicidio Mauro Rostagno. Siamo alle battute finali, e dopo la requisitoria dei Pm, oggi toccherà agli avvocati, prima le parti civili e poi i legali dei due imputati, Vincenzo Virga, ex capomafia di Trapani ritenuto il mandante dell'omicidio, e Michele Mazzara, ritenuto invece l'esecutore materiale. Lo spazio per i legali è strettissimo. Udienza dopo udienza è emerso non solo il contesto mafioso della provincia di Trapani negli anni in cui Mauro Rostagno operava con i suoi notiziari dagli schermi di Rtc, ma sono stati denunciati e provati depistaggi e insabbiamenti del caso tipici di ogni delitto di mafia. Più incerta la sorte della perizia balistica, che secondo alcuni periti inchioderebbe Mazzara, e secondo i periti della difesa no. 

Nel corso dell'ultima udienza la Procura distrettuale antimafia di Palermo ha chiesto la condanna all'ergastolo di Vito Mazzara e Vincenzo Virga. Secondo i pm della Dda, Francesco Del Bene e Gaetano Paci si è trattato di "un delitto politico mafioso".
“Rostagno - hanno detto i magistrati - aveva svelato il nuovo volto della mafia, tracciando una radiografia con in primo piano le nuove alleanze con la massoneria. Il giornalista, con un'assillante attività di denuncia (dagli schermi dell'emittente televisiva Rtc) attaccava la borghesia mafiosa, quella che ancora oggi protegge la latitanza di Matteo Messina Denaro, come ieri proteggeva quella di Riina".
I pm non nutrono dubbi: "Il braccio armato del delitto è di Cosa Nostra e precisa è la responsabilità penale dei due imputati". Mazzara, secondo l'accusa esecutore materiale, Virga, all'epoca capomandamento di Trapani, mandante. Nella terza giornata di requisitoria, dopo aver confutato tutte le piste alternative a quella mafiosa, il pm Del Bene, ha sottolineato però che Rostagno "può avere messo in pericolo anche altri interessi".
"Mafia e non solo mafia. - ha detto - Quel coacervo di interessi che si sviluppava nel centro Scontrino (dove operava la loggia massonica coperta Iside 2, ndr) e nella massoneria deviata".
Per i pm, tutte le altre piste alternative non hanno trovato riscontro: "Non è stata acquisita alcuna prova di contatti tra Francesco Cardella (il guru deceduto due anni addietro in Nicaragua e che ha fondato con Rostagno e Chicca Roveri la comunità Saman) ed i Servizi segreti... e non c'è nessuna prova di un mandato di morte dato a Giuseppe Cammisa (un ospite della comunità, soprannominato Jupter) da Cardella". Cammisa, Chicca Roveri (compagna di Rostagno), Monica Serra e Cardella, nel '96 furono coinvolti nell'indagine sulla cosiddetta pista interna. Solo Cardella sfuggì al carcere perché si rifugiò all'estero. L'inchiesta si concluse con l'archiviazione.
I magistrati hanno spazzato via anche la pista che portava a Lotta Continua, il movimento politico di cui il sociologo fu uno dei leader: "Quando Rostagno (sei mesi prima di essere ucciso) - ha detto il pm - ricevette la comunicazione giudiziaria per l'omicidio del commissario Calabresi, chiese al suo legale, l'avvocato Pisapia, di incontrare subito i giudici di Milano per chiarire la sua posizione; non ci fu in lui nessuna voglia di dissociarsi o di accusare gli altri... ed i suoi compagni non avevano nulla da temere dalla sua audizione".