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13/05/2014 06:40:00

Processo Rostagno, comincia il conto alla rovescia per la sentenza

13,30 - Da circa un'ora i giudici sono in camera di consiglio. Dopo una breve serie di repliche, e con l'ultima parola ai difensori, si è di fatto chiuso il processo in primo grado per l'omicidio di Mauro Rostagno. Adesso è attesa per la sentenza, che, secondo i rumor, potrebbe arrivare domani. In aula c'era Maddalena Rostagno, figlia di Mauro, con Chicca Roveri. Tra il pubblico anche i volontari della "Scorta civica" di Trapani. Gli imputati Virga e Mazzara non hanno voluto rilasciare dichiarazioni.  

08,00 - Manca davvero poco alla sentenza del processo per l'omicidio di Mauro Rostagno. Oggi, al Tribunale di Trapani, ci saranno le ultime repliche. L'ultima parola spetterà alle difese. Poi, i giudici si ritireranno in camera di consiglio per decidere se davvero è stato Michele Mazzara a sparare a Rostagno, su mandato di Vincenzo Virga per conto della mafia trapanese. Una decisione non facile. La perizia balistica al centro del processo è stata contestatissima, e se è chiaro e inequivocabile che il lavoro di Rostagno su Rtc era una spina nel fianco di Cosa nostra trapanese, non c'è invece certezza sull'esame del Dna che inchioderebbe Mazzara come esecutore materiale dell'omicidio. Su questo ha puntato la difesa, parlando anche di "depistaggi". E' anche per questo che c'è stato un durissimo scontro tra accusa e difesa nel corso dell'ultima udienza. «Noi abbiamo portato fatti. Le suggestioni le lasciamo agli altri. Scegliete voi». Queste le parole del  pubblico ministero Gaetano Paci.  Per il magistrato i difensori di Vincenzo Virga e Vito Mazzara hanno volutamente travisato i fatti introducendo suggestioni.
Il pubblico ministero Gaetano Paci, nel corso della sua replica, ha accusato i difensori di avere agito in maniera scorretta travisando i fatti e sferrando anche attacchi personali nei confronti degli stessi magistrati.
«Siamo profondamente delusi per la qualità degli interventi dei difensori. Non per le interpretazioni diverse dalle nostre, condotta legittima, ma per il percorso che talvolta è stato adottato. Si sono accusati i pubblici ministeri di avere volutamente estromesso fonti di prova alle valutazioni dei giudici. Un fatto gravissimo e assolutamente falso. La difesa lancia punte velenosissime nei confronti dell'ufficio dei pubblici ministeri. Lo scrupolo del collega Antonio Ingroia viene oggi contrabbandato, travisato e strumentalizzato allo scopo di dare l'idea di un operato poco limpido e di un'accusa che va screditata non per i risultati ma per come ha operato».
Prima del pubblico ministero aveva preso la parola, nel corso della mattinata, per l'ultima parte della sua arringa, l'avvocato Vito Galluffo, difensore di Vito Mazzara. Per il legale l'omicidio di Mauro Rostagno non è un delitto di mafia. Vi sono altre piste più forti come quella interna o l'altra, più recente, relativa a un presunto traffico internazionale di armi. Ipotesi ritenute inattendibili dai pubblici ministeri Gaetano Paci e Francesco Del Bene.

Il legale sostiene una tesi che allontana la pista mafiosa prospettata dai Pm Del Bene e Paci e chiama in causa l'ex guru della Saman Francesco Cardella. Per il legale, Cardella forse sapeva in anticipo dell'omicidio. E con lui sapevano anche altri all'interno della comunità Saman. «Cardella, per il dono della preveggenza - ha detto Galluffo nel corso della sua arringa - sembra che sapesse in anticipo dell'uccisione di Rostagno». Dopo l'omicidio, si precipitò da Milano in Sicilia riuscendo ad imbarcarsi sul primo aereo in partenza per Palermo. Per Galluffo, non sarebbe stato possibile raggiungere in tempo l'aeroporto. «Cardella - ha detto il legale - è stato più veloce della luce. È come se sapesse di dovere essere pronto per partire. Anzi, era già pronto per imbarcarsi». Cardella, deceduto oltre un anno fa, venne indagato, insieme con altri, negli anni Novanta nell'ambito della «pista interna». Per gli inquirenti dell'epoca, l'omicidio era maturato all'interno della comunità Saman. «Una convergenza d'interessi», l'aveva definita l'allora procuratore Gianfranco Garofalo. Galluffo ha ricordato che poco prima dell'omicidio avrebbe avuto uno scontro con Luciano Marrocco, amante della sua compagna, Elisabetta Roveri. Sia Cardella che gli altri indagati vennero scagionati da ogni accusa.  Il legale ha quindi indicato anche altre piste battute in questi ventisei anni dagli investigatori come quella legata all'omicidio del commissario Calabresi e l'altra, più recente, relativa ad un presunto traffico internazionale d'armi. Piste ritenute dalla difesa più forti di quella mafiosa. Argomento che Galluffo affronterà nell'ultima parte della sua arringa domani. Per il difensore, non c'è alcuna prova del coinvolgimento di Mazzara. La perizia genetica disposta dalla Corte d'Assise su un sottocanna di fucile, da cui sono emerse forti somiglianze con il dna dell'imputato, sarebbe inaffidabile. I difensori, che si sono affidati ad un superconsulente, il generale Luciano Garofano, ex comandante dei Ris di Parma, contestano il metodo adottato dai periti che le conclusioni.
«Noi - ha sostenuto Galluffo - non indichiamo colpevoli, ma altre eventuali responsabilità. Nulla riconduce questo delitto a Mazzara. Dall'accusa solo passionali ipotesi probabilistiche senza movente o prove. Potreste condannare Vito Mazzara perché forse c'entra la mafia? A carico di Francesco Cardella e altri c'erano elementi più consistenti, ma poi il procedimento finì archiviato».
Il legale ha chiesto l'assoluzione del suo assistito. Oggi la Corte si ritirerà in camera di consiglio. La sentenza è attesa in settimana. I pubblici ministeri Gaetano Paci e Francesco Del Bene hanno chiesto la condanna di entrambi gli imputati alla pena dell'ergastolo.