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17/06/2014 06:40:00

Caravà, le motivazioni: "Assolto perché non provato il collegamento con la mafia"

 Sono state pubblicate le motivazioni della sentenza di primo grado del processo "Campus Belli", che vedeva, a Marsala (presidente del collegio il giudice Natoli) imputati oltre a presunti mafiosi di Campobello di Mazara, anche l'ex Sindaco della cittadina del Belice, Ciro Caravà, arrestato nel 2012. 

Caravà è stato assolto. "Non è possibile considerare prova contro Ciro Caravà il dialogo, intercettato, tra due soggetti appartenenti o vicini a Cosa Nostra che parlano dell'ex sindaco di Campobello di Mazara. Soprattutto se questi non viene mai ascoltato in conversazioni con appartenenti all'organizzazione criminale". È questa, nella sostanza, la motivazione in base alla quale il Tribunale di Marsala ha assolto l'ex sindaco dall'accusa di concorso in associazione mafiosa («per non aver commesso il fatto»). A Caravà - in carcere per due anni, un mese e 21 giorni - i giudici hanno dedicato una cinquantina di pagine. «Nelle conclusioni - spiega l'avvocato difensore Giuseppe Parrinello (l'altro legale è stato Giuseppe Oddo) - il tribunale afferma che Caravà non c'entra nulla con la mafia. Non ci sono prove. Come accertato anche dalle indagini difensive. L'ex sindaco di Campobello, tra l'altro, non faceva parte delle commissioni che aggiudicavano le gare d'appalto e quindi non poteva favorire alcuno».
Nelle motivazioni, inoltre, si evidenzia che anche uno degli investigatori ascoltati nel corso del processo (il maresciallo Cito) ha dichiarato che «dalle intercettazioni non emerge nulla» su Caravà, che all'indomani dell'assoluzione, amareggiato per una vicenda che lo ha duramente provato, non ha voluto esprimere commenti. «Noi difensori - continua l'avv. Parrinello - sin da subito, ascoltando le intercettazioni ambientali e telefoniche, ci siamo resi conto dell'estraneità di Caravà ai fatti contestati. Non c'erano intercettazioni dirette, ma solo di soggetti terzi che parlavano di lui. Come ipotesi investigativa ci poteva stare, ma le frasi intercettate non hanno trovato riscontro». Per l'ex sindaco l'accusa aveva chiesto 18 anni di carcere. E' probabile, dunque, che la Dda ricorra in appello.

Per Caravà il pubblico ministero della Direzione Distrettuale Antimafia dl Palermo aveva chiesto 18 anni. Secondo l'accusa  Caravà avrebbe pagato i biglietti da viaggio al familiari del boss, ora defunto, Nunzio Spezia. E questo sarebbe venuto fuori dalle intercettazioni tra i familiari. Cos[ scrive il  Tribunale: «Le intercettazioni costituiscono un materiale probatorio troppo scarno ed equivoco per consentire dl affermare un ruolo e un apporto al sodalizio da parte dell'imputato, nei termini (addirittura) di uno strutturale "sostentamento economico al capimafia detenuti e alle loro famiglie", condotta che evoca in modo inequlvoco una collocazione (non occasionale e saltuaria) "strategica e permanente" per il mantenimento dei fini criminali dl Cosa Nostra». Il Tribunale ha ribadito come Caravà sia rimasto sempre estraneo al dialoghi, «a carico del quale - nonostante le non brevi indagini preliminari e le numerose intercettazioni - nessuna sua parola è mai stata registrata nelle captazioni (telefoniche e ambientali) disposte dagli inquirenti». Altro capitolo è quello dedicato al-l'appoggio elettorale della  "famiglia" mafiosa di Campobello all'ex sindaco. Sempre il Tribunale scrive: «Non sono emersi elementi idonei ad assumere il  significato di un'alleanza criminale tra la "famiglia" e il Caravà». Così scrive Il Tribunale: «Manca la prova, oltre ogni ragionevole dubbio, dl una richiesta di sostegno elettorale formulata dal Caravà alla famiglia dl Campobello, così come manca la prova dl un concreto ed effettivo procacciamento dl voti, in suo favore, daparte dl esponenti dell'associazione mafiosa». Altro capitolo è la presunta ingerenza dell'ex sindaco negli appalti pubblici. Queste le motivazioni del Tribunale «Appare quanto meno arduo, se non del tutto infondato, sostenere che la prova penale dl una spartizione degli appalti possa essere desunta dalle mere "chlacchiere in libertà".Il Tribunale ha analizzato, altresì, come, nonostante la relazione della commissione d'accesso evidenziassero alcune irregolarità nelle gare pubbliche, «non si comprende l'automatismo transitivo attraverso cui tale irregolarità siano state imputate al sindaco, estraneo alle commissioni dl gara, ai cui componenti la commissione prefettlzia non risulta abbia mal stato contestato alcun addebito per turbativa d'asta». E' sempre il Tribunale che scrive: «I sospetti avanzati dall'accusa su un'asserita doppiezza di Caravà (apparentemente votato all'impegno per la legalità e l'antimafia ma In realtà partecipe all'associazione maflosa), risultano notevolmente affievoliti - se non evaporati".  Insieme a Caravà il  tribunale ha assolto anche Leonardo Bonafede, che era accusato dl intestazione fittizia di beni, Gaspare Lipari, che secondo l'accusa avrebbe svolto una funzione dl "collegamento" tra il  sindaco e il capomafia Bonafede e gli imprenditori Antonino Mocerl e Antonio Tancredi.