Vede coinvolto indirettamente il "re del vento" Vito Nicastri il maxi sequestro che ieri la Direzione Investigativa Antimafia ha effettuato in Sicilia Orientale nei confronti di Santo Massimino. Sono scattati i sigilli per sei ditte operanti nell’edilizia e nelle energie rinnovabili dell’ex presidente dell’Acireale calcio, condannato in Iblis a dodici anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Massimino metteva a disposizione le sue imprese e pagava la messa a posto, ottenendo in cambio facilitazioni e appalti. Tra i lavori figurano i centri commerciali Sicilia Outlet e Katanè. E' ritenuto vicino alla famiglia catanese Santapaola-Ercolano. . Tra i suoi lavori figurano i centri commerciali Sicilia Outlet e Katanè, e il parco eolico dell’Ennese in cui era coinvolto anche Vito Nicastri, l' imprenditore ritenuto vicino al boss latitante trapanese Matteo Messina Denaro.
Proprio Nicastri, per ora soggetto ad Alcamo alla misura della sorveglianza speciale, ha testimoniato a Gennaio nel processo Ibliss a Catania. Ricordiamo che a Nicastri di recente sono stati confiscati beni per un miliardo e trecento milioni di euro. Ecco il racconto dell'udienza di Gennaio fatto da Ctizen.it:
Venuto da Alcamo, nonostante la sorveglianza speciale a cui è sottoposto, Nicastri è stato chiamato dai legali di Massimino per smentire le eventuali illegalità nella gestione dell’appalto del cosiddetto parco eolico dell’Ennese, tra i Comuni di Ramacca, Castel di Judica e Raddusa. Nello specifico, secondo l’accusa, l’interesse della mafia nel lavoro, attraverso gli imprenditori ritenuti vicini alla criminalità organizzata. «Ho conosciuto Massimino perché la sua ditta era quella scelta per trasportare i mezzi al cantiere – racconta l’imprenditore di Alcamo – Prima non lo avevo mai incontrato e comunque non ero nemmeno io a scegliere la società che si sarebbe occupata del trasporto. Una volta indicatami, con questa avevo rapporti indiretti per coordinare i lavori». Incontri avvenuti tre o quattro volte negli uffici di Nicastri ad Alcamo, «ma forse anche in cantiere, certo, può essere». In un’occasione, Massimino si sarebbe anche interessato per mostrare a Nicastri un terreno di 60 ettari a San Filippo di Agira. «Mi serviva per un progetto di fotovoltaico ma non era vicino a linee di trasporto di elettricità e quindi non se ne fece nulla».
L’imprenditore risponde in modo calmo alle domande, con un marcato accento siciliano. Gesticola poco, ascolta a testa bassa e nella stessa posizione risponde, senza rivolgersi a nessuno in particolare. Per lo più tiene le mani intrecciate davanti a sé. «E’ mai venuto nessuno da Catania, dichiarandosi membro di un’organizzazione mafiosa, per chiederle di pagare per i lavori o per l’energia prodotta dai parchi eolici?», chiede il pubblico ministero Antonino Fanara. «No, e quando sono successi episodi che potevano sembrare delle intimidazioni, abbiamo sempre denunciato». Un modo di fare quasi dimesso che si interrompe bruscamente quando le domande iniziano a riguardare nomi e conoscenze. «In che senso? In che circostanza? Che vuole dire?», chiede Nicastri di rimando ad avvocati e magistrati, misurando le parole. «Ha mai conosciuto Vincenzo Aiello?», domanda l’avvocato Alfio Pennisi. «Conosciuto dove, in che circostanza, per quale motivo?», risponde il testimone. «In generale». «No». «Ma Matteo Messina Denaro lei lo conosce o non lo conosce?», riprende Fanara. Qualche secondo di silenzio. «No», risponde secco Vito Nicastri.
Qui potete ascoltare parte della registrazione dell'intervento di Nicastri al processo.