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04/07/2014 06:30:00

Processo Eden. "Così Patrizia Messina Denaro tentò di estorcere l'eredità"

Hanno avuto il coraggio di dire "no" alle pressanti richieste arrivate dal clan Messina Denaro e denunciato i fatti. Adesso, davanti il Tribunale di Marsala, hanno confermato le accuse già messe nero su bianco nel 2012 quando furono ascoltati dalla Dia. A mostrare ammirevole coraggio sono stati i castelvetranesi Vincenzo e Rosetta Campagna, fratello e sorella, rispettivamente di 52 e 47 anni. Vicini di casa e amici d’infanzia dei figli del defunto boss Francesco Messina Denaro, i Campagna hanno raccontato in aula come hanno respinto i tentativi di estorsione che sarebbero stati messi in atto contro di loro da Anna Patrizia Messina Denaro, sorella del boss latitante Matteo Messina Denaro, e dal nipote Francesco Guttadauro, entrambi arrestati nell’operazione ‘’Eden’’ (13 dicembre 2013) e processati, assieme ad altri, per associazione mafiosa ed estorsione. Al centro della vicenda c’è la ricca eredità (circa un milione di euro tra case, terreni e denaro) di Maria Caterina Bonagiuso, morta il 23 febbraio 2011 all’età di 86 anni. Non aveva parenti stretti. Era figlia unica e non si era sposata. Rosetta Campagna, figlia di una cugina di secondo grado della Bonagiuso, nonché sua figlioccia di battesimo, è stata una erede inserita nel testamento. Ebbe un’abitazione, un terreno e circa 250 mila euro. "Già durante il trasporto al cimitero di mia zia – ha detto Rosetta Campagna rispondendo alle domande del pm Carlo Marzella e del presidente Gioacchino Natoli – Anna Patrizia Messina Denaro mi bussò in macchina, a bordo della quale c’era anche Girolama La Cascia, altra erede, e mi disse che ci doveva parlare. Successivamente, mi disse che un’altra erede, Palmina Cecilia Zancana, le aveva detto che c’era un precedente testamento dove tra gli eredi figurava anche lei e che questo testamento sarebbe stato strappato. Io risposi che era assurdo, non era vero". La teste ha, poi, raccontato che la sorella del boss le ribadì la sua richiesta altre due volte. ‘’Io – ha continuato la Campagna - risposi che non dovevo darle nulla e che se lei riteneva poteva farmi causa. Lei mi disse che un’altra erede, Girolama La Cascia, le aveva dato 70 mila euro. E questo perché la Bonagiuso, prima di morire, gli aveva detto di farlo. Io risposi che a me non aveva detto nulla e per questo non le avrei dato niente. Zancana e Giuseppe Giardina, altro erede, sono alla base di tutta questa situazione’’. Nel testamento redatto davanti a un notaio nel dicembre 2010, oltre a Rosetta Campagna, Girolama ‘’Gina’’ La Cascia, Zancana e Giardina, figuravano Giuseppe La Cascia, fratello di Gina, e Maria Mangialomini. In pratica, le persone che negli ultimi anni di vita hanno assistito l’anziana, della quale anche i Messina Denaro erano vicini di casa. E forse per questo si attendevano qualche ‘’lascito’’. In Tribunale, Rosetta Campagna - più volte richiamata dal presidente Natoli perché, nonostante non sia trascorso molto tempo dai fatti, di tanto in tanto mostrava qualche incertezza nei suoi ricordi – ha ribadito di non aver avuto mai paura e di non essersi mai sentita intimidita. Nonostante, in un’occasione, sempre secondo il suo racconto, Anna Patrizia Messina Denaro le abbia detto. ‘’Sono una Messina Denaro e a noi nessuno ha mai fatto un torto’’. Con le sorelle Messina Denaro, ha spiegato Rosetta Campagna, ‘’ci conosciamo sin da quando eravamo piccole, eravamo vicini di casa, non mi sono mai sentita intimidita’’. Il fratello Vincenzo Campagna, compagno di scuola e di giochi fino a 13 anni di Matteo Messina Denaro (abitavano nello stesso stabile, con cortile in comune), ha poi affermato che Francesco Guttadauro andò a trovarlo due volte nel suo frantoio. ‘’Prima – ha detto l’uomo – mi chiese di intervenire su mia sorella e poi, nel marzo 2012, mi disse che gli era stato detto di riferirmi che quello che doveva dare mia sorella lo dovevo dare io. Mi preoccupai. Un avvocato mi consigliò di rivolgermi all’autorità giudiziaria e io mi recai alla Procura di Palermo. Mia sorella Rosetta mi disse che non c’erano altri testamenti e che erano solo illazioni di altri eredi che non erano rimasti contenti’’. Imputati nel processo, oltre ad Anna Patrizia Messina Denaro e al nipote Francesco Guttadauro, sono anche Antonino Lo Sciuto, anch’egli accusato di associazione mafiosa, Vincenzo Torino, che deve rispondere per intestazione fittizia di beni, e Girolama La Cascia, per false dichiarazioni al pubblico ministero. A sostenere l’accusa sono i pm della Dda Paolo Guido e Carlo Marzella. Parti civili sono le associazioni antiracket di Marsala e Trapani, Confindustria Trapani, Libera, il centro studi ‘’Pio La Torre’’ e il Comune di Castelvetrano. Prossima udienza il 10 luglio.