E' durata oltre due ore nel Palazzo dei Normanni di Palermo, l'audizione del generale Giuseppe Governale, comandante della Legione dei carabinieri di Sicilia, nella Commissione Antimafia presieduta da Nello Musumeci. Alla seduta, convocata per il bicentenario della fondazione dell'Arma, hanno partecipato anche il presidente dell'Ars Giovanni Ardizzone ed i capigruppo parlamentari. Governale ha fatto un excursus storico della Benemerita nell'Isola, dall'Unità d'Italia ai giorni nostri, ricordando le tappe più significative nella lotta al brigantaggio, al banditismo ed a Cosa Nostra, sottolineando come Carlo Alberto Dalla Chiesa già nel 1973 avesse indicato nella confisca dei beni alla mafia uno degli strumenti di lotta più efficaci.
Particolare risalto è stato dato dal generale alle strategie che i carabinieri attuano nel contrasto alla criminalità organizzata, di fronte alle "endemiche opacità della nostra società" e di fronte ad una mafia che si trova "in fase di ristrutturazione organizzativa ed in assenza di una leadership unitaria. La mafia è come il camaleonte - ha aggiunto l'alto ufficiale - si adatta, si camuffa e noi la combattiamo senza se e senza ma." Da uno sguardo ai numeri, è emerso che in Sicilia sono in servizio 8.600 carabinieri, distribuiti in 416 stazioni. Ristrettezze di risorse, uomini e mezzi? "Si compensa con la motivazione - ha assicurato Governale - che per noi carabinieri è un moltiplicatore di potenza." Nel corso del dibattito, non sono mancati i riferimenti alla latitanza di Matteo Messina Denaro ("l'uomo più ricercato, c'è il massimo sforzo da parte delle Forze dell'ordine"), alla collaborazione con la Polizia di Stato, la Guardia di finanza e la magistratura) ed alla necessità di "fare squadra" nell'interesse dello Stato.