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28/07/2014 06:45:00

Caravà e la mafia. Presentato ricorso contro l'assoluzione dell'ex sindaco di Campobello

Dovrà ancora difendersi dall’accusa di aver stretto rapporti con la mafia l’ex sindaco di Campobello Ciro Caravà, assolto in primo grado dal Tribunale di Marsala lo scorso febbraio. Il pubblico ministero della Dda di Palermo, Pierangelo Padova, ha presentato il ricorso in appello contro la sentenza pronunciata a Marsala. Oltre a Caravà accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, in quel procedimento sono stati assolti anche il boss Leonardo Bonafede, accusato di intestazione fittizia di beni, Gaspare Lipari, che secondo l’accusa sarebbe stato l’anello di congiunzione tra il sindaco e il capomafia, Antonino Moceri e Antonio Tancredi, imprenditori del settore olivicolo accusati di concorso esterno per aver consentito all’organizzazione criminale di infiltrarsi nell’attività economica da loro gestita. Il tribunale ha invece condannato due dei sei imputati. Sono Simone Mangiaracina e Cataldo La Rosa, condannati a 13 e 12 anni di carcere. Il processo nasce dall’operazione Campus Belli, messa in atto nel dicembre 2011 tra Campobello e Castelvetrano per fare terra bruciata nel feudo di Matteo Messina Denaro. Caravà era stato arrestato quella notte.
Adesso scatta il processo d’appello, come ha chiesto la Dda. Per il Pm c’è stata una “esasperata parcellizzazione del compendio probatorio”, la “sottovalutazione dei dati probatori”, la “sistematica sopravalutazione delle dichiarazioni rese dagli imputati”, “l’omissione valutativa di tutti i numerosi elementi di prova”, “l’incoerenza della motivazione rispetto ai principi di diritto”. Secondo il pm il Tribunale di Marsala ha “costantemente effettuato, nei capi della sentenza che hanno condotto ad una pronuncia assolutoria, una valutazione frazionata del pur copioso materiale probatorio sottoposto al suo esame, trascurandone il doveroso esame complessivo”. Il Pm Padova si è soprattutto concentrato sulla figura di Caravà nella sua relazione per procedere con il secondo grado di giudizio: “il contesto familiare pesantemente segnato dall’operato di Cosa Nostra, con il padre e uno zio di Caravà uccisi dalla mafia, a seguito ed a causa del loro coinvolgimento nel sequestro di Luigi Corleo”, suocero dell’esattore di Salemi Nino Salvo. Caravà si è sempre dichiarato estraneo ai fatti, anzi ha sempre detto di essere lui la vittima della mafia.