I loro nomi compaiono in diverse indagini antimafia svolte in provincia di Trapani negli ultimi anni. Sono considerati, con le loro imprese edili, braccio imprenditoriale di spicco per Cosa nostra trapanese. Sono Domenico e Pietro Funaro, padre e figlio, trapanesi originari di Santa Ninfa, che ieri sono stati raggiunti da un provvedimento di sequestro preventivo di beni per 25 milioni di euro emesso dal Tribunale di Trapani. Ma nell’indagine, la figura cardine sembra essere Pietro Funaro, ex vicepresidente regionale dell’Ance Sicilia, e rappresentante del sindacato degli imprenditori edili di Confindustria in provincia di Trapani.
Il provvedimento di ieri mattina toglie il coperchio nell’ennesimo intreccio tra mafia, imprenditoria e politica. Con un’operazione che segue il lungo filo rosso, fatto di turbative d’asta e appalti truccati, che arriva dall’epoca di don Ciccio Pace a Trapani. Dichiarazioni, testimonianze, intercettazioni hanno permesso agli inquirenti di mettere mano al patrimonio accumulato negli anni dai Funaro. Per gli inquirenti - l’indagine è stata coordinata dalla questura di Trapani che ha proposto al tribunale la misura di prevenzione- quello scoperto è “un reticolo imprenditoriale per il condizionamento illecito degli appalti”. Tutto nasce dalle dichiarazioni rese da Vincenzo Sinacori, boss di Mazara del Vallo diventato collaboratore di giustizia.
GLI APPALTI.
Tra gli appalti ottenuti dai Funaro ce n’è anche uno da 13 milioni di euro all’interno dell’aeroporto militare di Birgi. Quel “reticolo” descritto dagli inquirenti avrebbe permesso ai Funaro di associarsi con imprenditori come Vincenzo Mannina e Vito Tarantolo, anche loro coinvolti in inchieste antimafia, per aggiudicarsi nel 2002 il grande appalto nello scalo trapanese. Sinacori ha raccontato dei rapporti che Domenico Funaro avrebbe avuto con lì’imprenditore mazarese Michele Accomando, condannato per mafia. Ma ci sono anche i rapporti dei due imprenditori Funaro con Tommaso Coppola e Nino Birrittella, imprenditori indicati come soci di Ciccio Pace, boss di Trapani. Lo stesso Birrittella ha confidato che i due Funaro avevano il ruolo del condizionamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti nel Trapanese. Non c’è soltanto l’appalto all’aeroporto. Le collusioni dei Funaro emergerebbero anche dalle indagini sulla costruzione della Galleria Scindo Passo di Favignana. In mezzo c’è anche la vicenda della Calcestruzzi Ericina, l’azienda confiscata a Vincenzo Virga che tentò di riappropriarsene. Secondo i giudici del tribunale di Trapani i Funaro avrebbero fatto “ostruzionismo” nei confronti di quell’azienda tornata nelle mani dello Stato, tale da far diminuire le commesse per la Calcestruzzi. Anche l’imprenditore Vito Tarantolo, già oggetto di sequestri e inchiesta, sarebbe stato in affari con i Funaro. L’ultimo appalto che aveva ottenuto una delle imprese di Pietro Funaro è quello della realizzazione di condutture idriche a in zona Montescuro ovest. Ma l’assegnazione dell’appalto è stata bloccata dalla prefettura nel rispetto della normativa antimafia. Da qui è arrivata la sospensione dalle cariche di vice presidente regionale e presidente provinciale dell’Ance di Pietro Funaro, come ha voluto il presidente di Confindustria Trapani Gregory Bongiorno.
I BENI SEQUESTRATI.
Immobili, beni, società. Gli agenti della Divisione anticrimine della questura e finanzieri del nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza di Trapani hanno messo i sigilli a Trapani, Campobello, Santa Ninfa, Alcamo, Castellammare del Golfo, a Santa Venerina (provincia di Catania). Il sequestro riguarda 3 beni immobili, 38 beni mobili (autovetture, furgoni, mezzi meccanici) 11 società/imprese (capitali sociali e pertinenti complessi aziendali), 22 partecipazioni in altre società (tra le quali anche quelle dell’emittente Telesud possedute da Pietro Funaro) , 82 tra conti correnti e rapporti bancari di altra natura.