Giorgio Napolitano deporrà al processo sulla trattativa Stato-mafia. La Corte d'Assise di Palermo ha ribadito, con rdinanza letta in aula dal presidente Alfredo Montalto, la necessità di sentire come testimone il capo dello Stato. Lui replica in una nota: «Non ho alcuna difficoltà a rendere al più presto testimonianza, secondo modalità da definire, sulle circostanze oggetto del capitolo di prova ammesso».
Sarà sentito solo su un articolato, cioè sulla lettera che gli fu inviata dal defunto consigliere giuridico Loris D'Ambrosio nel giugno 2012 sulle polemiche per le telefonate al Quirinale di Nicola Mancino, intercettato dai pm palermitani nell'ambito proprio dell'inchiesta sulla trattativa Stato-mafia. D'Ambrosio ribadiva la propria correttezza, ma esprimeva anche il timore «di essere stato considerato solo un ingenuo e utile scriba di cose utili a fungere da scudo per indicibili accordi, e ciò nel periodo fra il 1989 e il 1993».
Di qui la citazione come teste, il 17 ottobre scorso, da parte della pubblica accusa, del presidente della Repubblica. Napolitano, il 31 ottobre successivo, mandò una lettera alla Corte d'Assise in cui ribadiva la propria disponibilità a testimoniare, ma sottolineava di non avere avuto «ragguagli» o «specificazioni» da D'Ambrosio riguardo ai quei timori e pertanto di non avere «da riferire alcuna conoscenza utile al processo». L'Avvocatura dello Stato e i legali dell'ex senatore Marcello Dell'Utri e del colonnello Giuseppe De Donno - due dei dieci imputati, tra cui Nicola Mancino - chiesero allora di revocare la testimonianza, peraltro già ammessa dalla Corte. Un mese e mezzo fa, il pm Vittorio Teresi ha ribadito la citazione, perché, ha spiegato, «la lettera del Presidente non può essere intesa come sostitutiva della testimonianza del teste. La lettera infatti non esaurisce l'argomento da chiarire così come da capitolato di prova».
«La superfluità o irrilevanza di una prova testimoniale - si legge nell'ordinanza - deve essere valutata dal giudice esclusivamente in relazione ai fatti oggetto dell'articolato e alla sua riferibilità al teste indicato e non già in relazione a o in previsione di ciò che il teste medesimo può sapere o non sapere. Infatti non si può di certo escludere il diritto di ciascuna parte di chiamare e interrogare un testimone su fatti rilevanti per il processo sol perché quel testimone abbia, in ipotesi anche e persino, in una precedente deposizione testimoniale, escluso di essere informato dei fatti medesimi. E ciò quantomeno al fine di consentire alla parte richiedente di acquisire nel contraddittorio e nelle forme previste, prescritte per il processo, quel contenuto dichiarativo che, seppure negativo, riguardo alla conoscenza di determinati fatti, potrebbe tuttavia assumere una valenza non necessariamente neutra nel contesto delle altre acquisizioni probatorie e della loro valutazione interpretativa. La Corte ha già ritenuto che la testimonianza del Capo dello Stato, oltre che ammissibile appare né superflua né irrilevante. Successivamente a tale pronuncia non sono state acquisite elementi di sorta che possano consentire di superare quella valutazione. Tra i nuovi elementi che possono condurre a riconsiderare il provvedimento non può ricomprendersi la lettera inviata dal teste il 31 ottobre 2013. Sia perché il suo contenuto rappresentativo non è utilizzabile nel processo in assenza di accordo acquisitivo della stessa. Sia, soprattutto ed in ogni caso, perché, ove anche si volesse prendere atto del diniego di conoscenze già espresso dal teste, ciò nonostante, non potrebbe di per sé solo ritenersi che sia venuto meno l'interesse della parte richiedente ad assumere la testimonianza». L'udienza in cui deporrà Napolitano si terrà al Quirinale e saranno ammessi solo i pm e i difensori. Porte chiuse agli imputati, al pubblico e alla stampa. La Corte d'Assise lo ascolterà in base all'articolo 502 del Codice di Procedura penale che disciplina i casi di testi impossibilitati ad andare in udienza e quindi sono ascoltati a domicilio.