Coraggio, memoria, impegno. Ma anche liti, incomprensioni, gaffe. E’ anche questo il mondo dell’antimafia. Soprattutto in un territorio, la provincia di Trapani, che rimane lo zoccolo duro di cosa nostra. Quello dell’ultimo capo, Matteo Messina Denaro, latitante da 21, di Castelvetrano. Che ha conosciuto storie di mafia, poteri occulti, massoneria. Ma anche incredibili storie di resistenza, di antimafia. Una su tutte, quella di Mauro Rostagno. “Io sono più trapanese di voi perchè ho scelto di esserlo”, diceva quel giornalista barbuto venuto dal nord.
E proprio a Trapani, in consiglio comunale, è stato ricordato l’anniversario della sua morte, avvenuta per mano mafiosa. In aula si alza un consigliere comunale e propone di osservare un minuto di silenzio. Bene. Si alza un altro consigliere comunale e dice, “sì, ma è venuta a mancare anche la suocera del consigliere Ruggirello”, quello sospeso perchè condannato. Il presidente del consiglio comunale ha deciso, allora, di fare due minuti di silenzio. Uno per Rostagno e uno per la suocera di Ruggirello. E non scontentiamo nessuno. La prende sul ridere, ma con amarezza, Salvatore Inguì, coordinatore provinciale di Libera.
“A volte si confondono le cose. Differenziare per meglio capire sarebbe meglio per tutti. Queste accomunanze, questo mettere tutto nello stesso calderone, non lo farei”.
Il tutto avviene in un anno importante. C’è stata la sentenza del processo sull’omicidio di Rostagno, con i mafiosi Vincenzo Virga e Vito Mazzara condannati dal tribunale di Trapani. C’è finalmente un luogo di memoria per Rostagno a Erice. Ma accadono ancora, nelle istituzioni, situazioni del genere. Che fa riflettere anche sullo stato del movimento antimafia in provincia di Trapani.
Inguì, con un’esperienza quasi trentennale, può fare una valutazione ampia. “Ho cominciato nell’85 dopo la strage di Pizzolungo, e fui tra i promotori di uno dei primi coordinamenti antimafia che si chiamava, appunto, “2 aprile”. E ricorco che malgrado il clamore e l’emozione per quello che era successo, nel giro di pochi anni scemò anche la passione e la partecipazione della gente. Alle manifestazioni da qualche migliaio passammo a 30 persone”. Meno sensibilità? Abbiamo per forza bisogno di stragi ed episodi eclatanti per riscoprire un senso civico? No. “Se prima la memoria era più corta, però, oggi a Trapani c’è maggiore resistenza. Con la nascita di nuove associazioni e gruppi spontanei: dalle Agende Rosse, alla Scorta Civica al Gruppo Sodano. Sono piccole iniziative che mostrano un fronte che cerca di organizzarsi. C’è maggiore sensibilità rispetto al passato. Lo vedo nei ragazzi nelle scuole che frequento, vedo che discretamente ci segnalano delle cose che discretamente riportiamo ad altre autorità”.
Il termine discrezione il coordinatore provinciale di Libera lo usa anche per dire che ci sono attività che fa l’associazione antimafia che non si vogliono nè possono dire. A dispetto della comunicazione, a tutti i costi, di qualsiasi cosa di chiunque. A volte si pensa che la comunicazione sia tutto, da Renzi a scendere. Ormai è tutto spiattellato, dai gattini in bottiglia al ricordo delle vittime di mafia. Sui social e ovunque. Però c’è, esiste, qualcosa che non si può comunicare. “Ma non è una questione di gelosia. Oggettivamente ci sono cose che vengono comunicate a chi di competenza. La comunicazione è forse uno degli ambiti in cui siamo meno attrezzati. Tra le critiche che ci hanno fatto in passato c’è quella di essere autocentrati e presenzialisti. Cosa che io non ritengo vera. Ci fu un periodo in cui venivamo chiamati “quelli delle commemorazioni”. Una definizione molto triste. E’ sulla memoria che si basa il nostro impegno, ma non la memoria retorica”.
Libera, in questo senso, interpreta il concetto della memoria in maniera estesa. Non solo per fatti di mafia. Perchè ad esempio viene organizzato il ricordo delle vittime della strage di Ustica, che non è una strage di mafia ma fa parte di una verità che lo Stato tiene nascosta.
“Non è soltanto la memoria fine a se stessa. Ci sono i familiari delle vittime marsalesi della strage di Ustica che da 30 anni in perfetta solitudine se ne vanno a Capo Boeo a gettare dei fiori in mare. Già questo è sufficiente per dirci che dobbiamo stare vicini a queste persone. Al di là di ogni altra ragione politica. Poi è chiaro che c’è l’intenzione di sollecitare la gente a fare pressioni su fatti su cui ci sono ancora segreti di stato che sono di interesse collettivo”.
La gente. Come quella che forma Libera, nei vari presidi delle città trapanesi.
Come in ogni gruppo, composto da persone, anche qui si litiga. E bisogna fare attenzione, perchè il fronte dell’antimafia è sempre molto delicato. L’ultima baruffa è quella sulla cooperativa Rita Atria. Fa parte delle 10 cooperative che sono legate al consorzio Libera Terra Mediterranea, spiega Inguì. “La stampa scrive che la maggior parte dei beni confiscati alla mafia sono gestiti da Libera. Non è vero. Abbiamo in tutto 10 cooperative, che non sono neanche di Libera ma nascono con un percorso di legalità che noi sosteniamo. Poi le cooperative decidono se aderire o meno a Libera. Libera non è un’associazione che fa attività economica. Ma culturale, di volontariato e solidarietà”. Così, le coop che hanno voluto aderire a Libera hanno formato il consorzio Libera Terra Mediterranea. All’interno di questo consorzio c’è la cooperativa Rita Atria che ha iniziato un percorso con la selezione di un agronomo e quattro tecnici. E proprio qui si annida la polemica con il presidio di Libera a Calatafimi.
“Abbiamo divulgato la notizia della selezione in modo da evitare che la sapessero pochi intimi, e sono arrivate circa 250 richieste - spiega Inguì. Durante l’apertura del bando c’è stato un prete che mi ha segnalato, tramite mail, senza pudore, due persone bisognose che necessitavano di essere aiutate. Ho girato la mail alla presidenza nazionale che si è riunita e ha risposto al parroco dicendo che i suoi parrocchiani sarebbero stati valutati come tutti gli altri, senza favoritismi”. Questa risposta, dal referente di Calatafimi, è stata giudicata blanda. “Lui ha una particolare vocazione anticlericale e avrebbe voluto toni più forti. Ma questa vicenda risale a un anno e mezzo fa. Quello che non si capisce è perchè viene fuori adesso che la cooperativa si mette all’opera”. E i due raccomandati? Non sono stati selezionati. “Non per ripicca, ma perchè per la commissione esaminatrice non avevano i requisiti giusti” spiega Inguì. Libera in queste vicende sembra un po’ come i partiti, come il Pci, con le correnti che litigano. E queste storie che escono a orologeria. “Sono dinamiche non ci appartengono. Mi ha molto meravigliato che il referente abbia deciso di non interpellarmi su questa storia. Ha deciso dopo un anno e mezzo di tirarla fuori in coincidenza con quel momento di frizione con il coordinamento di Castelvetrano”. Perchè anche con il presidio di Castelvetrano ci sono stati degli attriti. Quante gelosie ci sono nel mondo dell’antimafia. Ma i fatti di Castelvetrano non c’entrano nulla con quelli di Calatafimi. “Un presidio non può avere un referente per 8 anni. Ogni tanto si deve cambiare”. Vale anche per i presidi provinciali. Dopo tre anni si cambia. “Infatti ho chiesto quest’anno le dimissioni e non me le hanno concesse - dice Inguì. Ho concluso il mio primo triennio, si può essere rieletti per un altro triennio ma spero di poter lasciare e far crescere qualcun altro”.
Magari ci sono le sirene per una possibile candidatura a sindaco di Marsala. “Assolutamente no”. Taglia corto Inguì, anche se nel 2012 in molti glielo chiedevano. Lui ha sempre rifiutato.
“C’era stato qualche venticello ma l’ho bloccato sul nascere. Anche adesso, dopo le dimissioni del sindaco. Non è nelle mie corde, non mi sento capace, non sono portato”. Anche perchè amministrare Marsala è cosa impossibile. “Ma sono sempre ottimista e speranzoso. Si può, ma si deve essere puliti, trasparenti, senza brame di potere. Certo ci sono le difficoltà, non ritengo sia possibile risolvere in pochi anni. Ma ci sono le premesse per creare le basi di un futuro migliore in questa città”. Non si candida, Inguì, non ne ha intenzione, ma forse ha qualche dritta. “Ci vuole una politica lungimirante, un’amministrazione che non pensi prima a se stessa e poi agli altri. Quando mi vengono a trovare i miei amici da tutta italia a Marsala rimangono tutti ammaliati. Mi dicono che abbiamo delle bellezze che portate in un circuito economico ragionato porterebbe una serie di benefici senza mortificare i nostri beni”.
A Marsala c'è stato un momento in cui sembrava che Libera facesse un po’ la stampella delle iniziative dell’amministrazione Adamo. Poi c’è stato l’affaire Pippo Sparla, il consulente esterno del sindaco Adamo. E lì Libera ha alzato la voce. Aveva detto al sindaco Adamo che Sparla non poteva fare il consulente del comune perchè legato a un periodo storico particolare a Trapani, quello delle logge segrete.
“Il tema del nostro rapporto con la politica viene affrontato costantemente. Perchè la domanda è: noi ci rapportiamo con le persone o con ciò che rappresentano? Per anni la famiglia di Vito Pipitone, il sindacalista marsalese ucciso dalla mafia nel 1947, ha lamentato che non si ricordava il familiare, che alle commemorazioni non c’erano le istituzioni. Io invitavo il sindaco e il suo gonfalone che rappresenta la Città. Noi ci rapportiamo con le istituzioni”.
Ma con Adamo ci fu quella vicenda dei Giardini di Porta Nuova, c’era il logo di Libera in quella discutibile e discussa vicenda dei giardini. Una vicenda che non è mai stata del tutto chiarita, dal referente marsalese di Libera, Davide Piccione. Ci pensa Inguì a farlo adesso.
“Per un periodo diverse associazioni marsalesi sono state chiamate per esprimere pareri e dare contributi a quello che si voleva fare in città. Una cosa anche interessante, democratica. Solo questo è avvenuto. Ognuno è andato e ha dato la sua idea. A distanza i qualche tempo chi ha fatto la summa di tutte queste idee nel ringraziare i partecipanti ha messo tutti i loghi. Ma noi non abbiamo autorizzato o sponsorizzato volutamente nessun giardino di porta nuova”.
In sostanza si è partecipato a questo “think thank”, è stata data un'idea. E il Comune nel realizzare i giardini di Porta Nuova hanno pensato di condensare tutto.
“Quando Davide Piccione aveva proposto di valorizzare le saline, non pensava di certo di fare un’installazione a Porta Nuova. Quello che è venuto fuori non è un progetto di Libera”.
Quanto è dura la vita nell'antimafia. Tra liti interne, gelosie, incomprensioni e battibecchi con le istituzioni. Con la politica. Con il potere. Con il rischio di cadere nella sterile retorica sempre dietr l'angolo.
“Non siamo mica tutta questa macchina che ci dipingono. Abbiamo un impegno elevatissimo. Non c’è giorno in cui non facciamo qualcosa in giro per la provincia. Ci siamo presentati parte civile nel processo D’Alì, nel processo Rostagno, nel processo ai favoreggiatori di Matteo Messina Denaro, occhi negli occhi con la sorella del boss”. Eppure c'è sempre qualcuno che vorrebbe di più da Libera. “Dire a Pippo Sparla “non puoi fare il consulente al Comune di Marsala” è un po’ alzare il tiro. Lo abbiamo fatto. Ma ci sembra, invece, che appena si alza il tiro la gente si allontana. E poi però ci criticavano quando facevamo una settimana a presentare libri, ci dicevano “è questo fare antimafia”? Però la folla c’era. Ma se si alza il tiro diminuisce. Mi sa che farò l’esperimento. Ci rimettiamo a presentare libri”.