«Poco prima dell’estate del 1993, Leoluca Bagarella decise insieme a Tullio Cannella, di fondare un partito. Si sarebbe dovuto chiamare Sicilia Libera». Lo ha ripetuto deponendo nel processo Borsellino quater a Caltanissetta il pentito Antonio Calvaruso, che a Bagarella, cognato di Totò Riina, fu vicino quando era esponente di Cosa nostra. «All’iniziativa - ha continuato il collaboratore di giustizia - decisero di aderire personaggi di spicco di Cosa nostra, fra loro anche Giovanni Brusca e Matteo Messina Denaro. I fratelli Graviano avevano il compito di cercare appoggi politici e voti soprattutto a Brancaccio».
DOVEVAMO ELIMINARE MANGANO - Ma, sempre secondo Calvaruso, «la cosa non andò in porto perché Bagarella sperperava troppi soldi. Poi all’unanimità ci fu un cambio di strategia. Si decise di votare Forza Italia». Il pentito ha poi sostenuto che spesso incontrava lo “stalliere” di Arcore, Vittorio Mangano. Ma, ha riferito, «Bagarella tuttavia non vedeva di buon occhio Mangano, da qui la decisione di eliminarlo. Incarico che venne affidato a me. Il giorno in cui doveva scattare l’agguato, Bagarella mi fermò dicendomi che poteva servire per fissare appuntamenti con esponenti politici».
BAGARELLA - È intervenuto più volte sui legami con politici e partiti (anche sul fronte della trattativa Stato-mafia). E sempre ha negato che ci fossero. «Mai avvenuto alcun contatto con nessun politico».