Ecco dunque che, ancora una volta, il Titano viene identificato come un rifugio sicuro sul quale far gravitare operazioni direttamente o indirettamente riconducibili alle mafie o a personaggi con loro in affari. Non è una novità per chi segue i flussi della criminalità economica mentre lo è stata per molto tempo per la classe dirigente sammarinese che ha chiuso (e ancora spesso chiude) gli occhi di fronte a questi fenomeni.
Prima di addentrarci nel dettaglio, ricordiamo che la proposta di applicazione della misura di prevenzione patrimoniale della Dia è stata accolta dal Tribunale di Trapani. Il presidente della sezione Misure di prevenzione, Piero Grillo, ha così emesso il provvedimento di sequestro, condividendo le investigazioni condotte dalla Dia di Trapani, d’intesa con il procuratore aggiunto Bernardo Petralia, coordinatore del gruppo misure di prevenzione della Dda.
Il patrimonio sequestrato a Di Giovanni è stato quantificato in 450 milioni e comprende 20 società operanti nel settore immobiliare e i relativi compendi aziendali; 547 unità immobiliari; 12 veicoli; 8 rapporti e depositi bancari.
IL PROFILO.
Calcedonio Di Giovanni per investigatori e inquirenti non è un affiliato di Cosa nostra ma è certamente, secondo il profilo che ne tracciano, un imprenditore che non disdegna di entrare in rapporti di affari con le imprese mafiose, di assicurare alle cosche l’ottenimento di lauti guadagni e di fungere da anello di collegamento con il mondo economico per l’investimento dei profitti e per l’intestazione dei beni.
Nel comunicato stampa congiunto a opera della Dda e della Dia di Palermo, viene definito «un imprenditore spregiudicato la cui parabola imprenditoriale, esplosa negli anni settanta del secolo scorso, si è indissolubilmente intrecciata con i destini delle “famiglie” mafiose del “mandamento” di Mazara del Vallo (Trapani), uno dei più attivi dell’intera organizzazione criminale, bisognosa di reinvestire in attività lecite i proventi derivanti dalle sue lucrose attività illecite».
Una attenta ricostruzione della storia meno recente della mafia mazarese, dei suoi legami con i vertici di Cosa nostra e della camorra, dopo avere messo in luce l’enorme redditività dei traffici internazionali di stupefacenti e di tabacchi, ha messo in collegamento la figura di Calcedonio Di Giovanni con uno dei principali artefici del riciclaggio internazionale, ossia Vito Roberto Palazzolo, arrestato a Bangkok il 20 marzo 2012 ed estradato in Italia il 19 dicembre 2013.
ANNI SETTANTA.
Nei primissimi anni settanta, Calcedonio Di Giovanni, giovane e insospettabile parente di uno spietato killer a servizio del capo mafia mazarese Mariano Agate, rilevò daPalazzolo, con un notevole esborso finanziario, un enorme complesso edilizio, a destinazione turistica, in fase di realizzazione sul litorale di Campobello di Mazara (Trapani), nel quale erano stati investiti notevoli capitali provento del traffico di droga e contrabbando di tabacchi gestiti da Cosa nostra trapanese e palermitana.
IL LEGAME CON SAN MARINO.
Nel decreto del Tribunale di Trapani si legge che la Società compagnia immobiliare del Titano srl ha tre conti correnti. Due con il Credito di Romagna accesi il 3 luglio 2009 e attivi. Uno ha un saldo positivo di 1.058,02 euro al 31 marzo 2014. L’altro è una posizione contabile necessaria per l’operatività estera. Un terzo è una Carta Si agganciata all’Istituto bancario sammarinese, attivo, in scadenza a novembre 2014, sembra nella disponibilità della figlia dell’imprenditore palermitano.
A pagina 66 del provvedimento, il Tribunale racconta poi il più recente tentativo di sottrarre le risorse a provvedimenti di confisca: la cessione alla “Titano real estate limited”.
La prima operazione posta in essere da Di Giovanni per mettere al riparo dalla confisca e dai creditori il suo cospicuo patrimonio (intestazione alla Compagnia Immobiliare del Titano srl) è stata svelata dalla sentenza del Tribunale di Marsala del 16 luglio 2009. La società sammarinese Compagnia Immobiliare del Titano srl è dovuta intervenire con il suo patrimonio per risarcire il danno.
Preso atto di questa esperienza e tenuto conto del sempre più frequente ricorso agli strumenti della confisca per il contrasto della pericolosità economica, si legge nel provvedimento, Di Giovanni ha posto in essere un ulteriore passaggio: la costituzione della “Titano Real Estate Limited”, costituita il 4 giugno 2014 secondo la legge inglese, con un capitale di appena 100 euro. La società inglese ha aperto una posizione fiscale anche in Italia dichiarando l’esercizio di attività di gestione di villaggi turistici e indicando quale domicilio fiscale italiano il villaggio Kartibubbo di Torretta Granitola di Campobello di Mazara (Trapani).
Il 4 settembre di quest’anno, l’amministratore unico della società britannica e l’amministratore della “Compagnia del Titano srl” a socio unico, con sede legale a San Marino, hanno depositato una delibera di aumento di capitale della società Titano Real Estate Limited: dai 100 euro si è passati a 11,5 milioni attraverso conferimento da parte del socio Compagnia immobiliare del Titano srl con sede a San Marino, di un ramo d’azienda costituito da poco meno di 100 unità immobiliari , tutte ricadenti nel comprensorio del villaggio Kartibubbo, al quale fu attribuito un valore nominale di 11,4 milioni.
Con questo atto, scrivono sempre i giudici, Di Giovanni, reale dominus della Compagnia del Titano srl, nel trasferire la titolarità del patrimonio alla Titano Real Estate limited, ne assumeva il controllo. «E’ evidente che Di Giovanni – si legge a pagina 67 del provvedimento – sia il dominus di quest’ultima società. In primo luogo depone la partecipazione quasi totalitaria della società sammarinese Compagnia Immobiliare del Titano srl che era controllata indirettamente da Di Giovanni».
Depongono in tale senso: 1) le cariche sociali ricoperte in passato dai familiari di Di Giovanni nella società con sede a San Marino; 2) l’intervento spiegato dalla società in questione per risarcire il danno cagionato da Di Giovanni nel processo per truffa; 3) l’assenza di trasferimenti di denaro in occasione della cessione dei beni immobili dal patrimonio delle società direttamente controllate da Di Giovanni in favore della Compagnia Immobiliare del Titano srl.
Torniamo ora al legame con Palazzolo, alias Robert Von Palace Kolbatschenko.
VITO PALAZZOLO.
Palazzolo, hanno ricostruito nel 2006 i magistrati, è giunto in Sudafrica il 26 dicembre 1986 sbarcando da un volo Francoforte-Johannesburg ed esibendo agli organi di frontiera un passaporto svizzero a nome di Stelio Domenico Frappoli. Si trattava di un passaporto falso ottenuto, secondo la ricistruziione degli inquirenti, dallo stesso Frappoli, amico e compagno di detenzione di Palazzolo, sul quale era stata apposta la sua fotografia.
Evase il 24 giugno approfittando di un permesso gentilmente concesso per 36 ore. Ben utilizzate. Il procuratore federale Carla Del Ponte, collega e amica di Giovanni Falcone, che considerava Palazzolo il cassiere dei Corleonesi, rimase inebetita.
Palazzolo-Von Palace venne condannato il 5 luglio 2006 dal Tribunale di Palermo a 9 anni per associazione mafiosa aggravata e la Cassazione il 17 marzo 2009 confermò la condanna.