La contaminazione nei campi "conviene". E non solo alla mafia che, mettendosi in affari con agricoltori sani in cerca di liquidità, ricicla il denaro sporco. Un mondo, quello dei crimini agroalimentari, cresciuto infatti fino a superare 15 miliardi di euro nel 2014 (+10%), aiutato da un meccanismo emergente, che sovverte il comune modo di operare delle mafie: pezzi di economia agricola pulita che scelgono d’investire nelle attività illegali (money dirtying).
Così, ogni anno, un miliardo e mezzo di capitali di onesti imprenditori - fanno quasi 4 milioni di euro al giorno - entrano nel capillare e più remunerativo sistema dell’agromafia che ormai ha allungato i tentacoli sull’intera filiera: dalla produzione al trasporto, fino alla vendita d’alimenti. E naturalmente alla ristorazione, uno dei campi più appetibili per la malavita che in Italia può contare su almeno 5mila attività commerciali.
È il quadro di un’economia criminale fertile e che si muove nel "porto franco" del web quella tratteggiata dal terzo rapporto Agromafie, redatto da Coldiretti, Eurispes e dall’Osservatorio sulla criminalità in agricoltura presentato ieri a Roma. Un’analisi che mette l’accento soprattutto sul rischio contraffazioni alimentari, ancor più in un anno di carestia per molti prodotti della terra. Anche l’Expo - è il monito della Coldiretti - dovrà diventare una vetrina delle eccellenze italiane e una dogana di garanzia per evitare che 60 miliardi di cibo falso venga spacciato per dop o igp nostrano.
I controlli contro le agromafie ci sono, «il nostro è uno dei sistemi più efficaci» assicura il ministro per le Politiche agricole, Maurizio Martina, anche se si deve tenere alta la guardia, magari prevedendo «nuovi strumenti di coordinamento» sia nella magistratura che all’interno delle forze dell’ordine. Per ora si torna a intervenire sulle etichette, con «una norma per indicare lo stabilimento di produzione» precisa il responsabile dell’Agricoltura, un obbligo scomparso nel nuovo regolamento europeo.
Ma presto nascerà anche un gruppo di lavoro al ministero della Giustizia, annuncia il Guardasigilli Andrea Orlando, per la «revisione della normativa sugli illeciti agroalimentari», che già nei mesi scorsi aveva avuto un «salto di qualità» con l’introduzione del reato di autoriciclaggio. Il punto centrale per il Guardasigilli non è «creare nuovi reati che poi si sommano a quelli esistenti», ma rendere organica la normativa e tempestive le sanzioni.
Un occhio andrà probabilmente volto verso l’e-commerce, il canale in cui si muove la contraffazione alimentare soprattutto di prodotti locali (32%), dop (16%) e semilavorati (12%). Come pure verso norme che aiutino a smascherare le ormai raffinate dinamiche che la mafia utilizza per acquisire quote di marchi prestigiosi e comparti strategici dell’agroalimentare, del packaging e del trasporto merci.
Al sistema di controlli va affiancato un «sistema di tutela» e il «rafforzamento del contrasto alle agromafie» con pene certe e «decisioni in tempi rapidi» sulle attività imprenditoriali coinvolte, dice perciò il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo, plaudendo comunque alla riforma dei reati agroalimentari annunciata da Orlando e al forum degli enti di controllo europei per coordinare la lotta all’italian sounding organizzato a marzo da Martina.
Di maggior coordinamento per contrastare le mafie, poi, parla sia la presidente della Commissione parlamentare antimafia Rosy Bindi - «è il nostro biglietto da visita all’estero» - sia il procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, che sottolinea inoltre «l’urgenza di approvare la riforma dei reati ambientali».